Approfittando di una piacevole colazione di lavoro a Roma, ho “interrogato” l’ottimo Fabrizio Sadun (Relazioni Istituzionali del Gruppo UniCredit) sul tema della CSR, anche alla luce della sua quasi ventennale esperienza di comunicazione in aziende del calibro di American Express, Bulgari, Vivacity, etc. Ecco la trascrizione della registrazione di una breve chiaccherata sulla CSR, non tanto con riferimento al colosso bancario UniCredit, quanto invece al ruolo della responsabilità sociale d’impresa come “modello” di gestione del business.
Poma: “Bilancio sociale… dimmi qualcosa su questa parola spesso abusata”
Sadun: “A mio avviso il bilancio sociale e la responsabilità sociale d’impresa in qualche modo devono permeare l’azienda, una strategia che deve arrivare dal vertice, dev’essere un vero e proprio ‘strumento di gestione del business’. Attraversa l’azienda verticalmente e caratterizza tutto il suo modo di approcciarsi al mercato. Diversamente, rischia di rimanere una struttura e una funzione collaterale che incide molto poco. E’ l’unità che si occupa di CSR che si deve ricavare uno spazio all’interno, tra funzioni che invece hanno una responsabilità di gestione del business, e che quindi per definizione sono “più centrali” nella vita dell’azienda , altrimenti rimane – come spesso è – una funzione che è spesso percepita come del tutto collaterale.….. Un poco di comunicazione, un poco di vetrina, ma non molto di più! Questo credo sia l’aspetto centrale… Un po’ come il concetto della customer satisfaction: quanto ‘attraversa’ l’azienda, o quanto è una funzione che esiste giusto per monitorare dei numeri o del fare un po’ di cosmetica? La differenza si percepisce…
Poma: “Quindi l’iniziativa deve inevitabilmente essere del vertice, Amministratore delegato o Presidente…”
Sadun: “Guarda, io credo semplicemente che debba essere l’amministratore delegato, il top management a prendere l’iniziativa: si decide di organizzare l’azienda in questo modo, facendo si che di fatto la CSR diventi il vero e proprio orientamento di fondo con cui l’azienda si approccia al mercato e fa business. Se intorno a questo si costruisce davvero il modello di gestione del business dell’azienda è un conto. Se è semplicemente un modo per organizzare qualche evento, fare qualche cosa, giusto per far vedere che “si fa”, per poterlo dire, ebbene, anche se dietro ci sono tutte le migliori intenzioni, alla fine rimarrà sempre qualcosa di totalmente marginale”
Poma: “Tu che hai una visione anche su più mercati, per il lavoro che fai, come mai l’Italia è ancora così indietro su questo fonte? In Italia vige ancora il modello che tu hai appena descritto?”
Sadun: “Un po’ perchè comunque per certi aspetti in Italia storicamente scontiamo alcuni ritardi nell’attenzione del mercato, al cliente, al consumatore e – perchè no – alla competizione. Dall’altra, devo dire, è comunque un campo in cui spezzerei una lancia a favore del nostro mercato domestico: non mi sembra che , nella sostanza, altri mercati – come quello anglosassone – vedano poi così presente e diffusa questa sensibilità. C’è un’attenzione… C’è soprattutto un’attività di comunicazione sicuramente più efficace, e probabilmente c’è una maggiore consapevolezza, e i casi di eccellenza non mancano. Ci sono mercati in cui questa cultura è più radicata, ma non sottovaluterei affatto quello che si sta facendo in Italia”
Poma: “Adesso arriverà anche la Certificazione ISO 26000, non obbligatoria, come tante altre, ma come sempre ‘caldamente consigliata’. Secondo te con la certificazione potrà cambiare qualcosa?”
Sadun: “Forse qualche cosa, nel senso che indurrà ad un fenomeno di maggiore attenzione culturale verso questi temi, poi però la qualità o è una strategia di fondo per l’azienda oppure non lo è, non è certo solo la Certificazione che risolve il “gap”. Però è anche vero che la certificazione è un processo che – laddove previsto – ha fatto si che molte aziende prestassero maggiore attenzione e iniziassero a concepire come ‘strategico’ l’investimento in qualità, e quindi piano piano ha portato ad una modifica nella cultura di fondo. Quello che cambierà poi alla fin fine è se la CSR diventerà un fenomeno assorbito e recepito a livello culturale o meno, quindi in questo senso l’istituzione di una certificazione ISO può aiutare. Non cambierà lo scenario generale da un giorno all’altro, le cose non cambieranno certamente per la sola introduzione della ISO, però sarà certamente un passo avanti”.