Arrivano le città circolari
Le città consumano il 75% delle risorse naturali e producono più del 50% dei rifiuti. Adottare politiche di economia circolare, dal riciclo allo sharing, è fondamentale per ridurre l’impronta ambientale dell’uomo.
Le città consumano il 75% delle risorse naturali e producono più del 50% dei rifiuti. Adottare politiche di economia circolare, dal riciclo allo sharing, è fondamentale per ridurre l’impronta ambientale dell’uomo.
New York, ore 6. Lungo l’Holland Tunnel, principale arteria autostradale della Grande Mela, che collega il New Jersey con Manhattan, migliaia di camion e furgoni entrano nella città carichi di cibo, combustibili e merci per soddisfare 14 milioni di cittadini. Sul lato opposto decine di camion della spazzatura trasportano rifiuti di ogni tipo verso il centro di smistamento nei pressi dell’aeroporto di Newark.
A Newtown Creek, Brooklyn, l’impianto di depurazione, noto per l’iconica forma dei quattro coni d’acciaio alti 42 metri processa milioni di litri di reflui delle case dei newyorkesi. Migliaia di persone intanto stanno procedendo con la raccolta dei rifiuti domestici: fino a sera il traffico di nuove merci e nuovi rifiuti procederà attraverso i punti d’uscita e d’entrata della città. Uno scenario comune a tutte le grandi città del mondo, che ogni giorno metabolizzano materie prime, energia, acqua, prodotti, cibo ed espellono rifiuti in ogni forma (emissioni, reflui, rifiuti).
Le città oggi consumano circa il 75% delle risorse naturali, producono oltre il 50% dei rifiuti a livello globale, mentre emettono tra il 60 e l’80% delle emissioni di gas serra. In meno di tre decenni, due terzi della popolazione mondiale vivrà in aree metropolitane. Guardando al futuro, questo modello lineare miope non può sostenere un futuro sostenibile.
Serve dunque modificare e curare il metabolismo delle città, riducendo in parte la quantità di materia che entra e limitando la produzione di rifiuti, che devono diventare da scarto una risorsa.
Secondo gli esperti, il passaggio alla modalità circolare, basata su riduzione dei consumi, allungamento della vita dei prodotti, condivisione e riuso/riciclo, offrirà alle città l’opportunità di riconsiderare il modo in cui produciamo e consumiamo aprendo nuove opportunità di impresa, liberando spazi sociali inclusivi e rendendo gli spazi che abitiamo più salubri e sicuri.
Le città hanno un vantaggio nella transizione circolare, sostiene C40 Cities, un network globale che unisce le più grandi metropoli del pianeta: avere persone, produttori, rivenditori e servizi così vicini tra loro può facilitare la creazione di reti e flussi di economia circolare. Secondo il position paper sulle circular cities di Gruppo Enel, da anni oramai attore di riferimento sulla circular economy a livello internazionale, sono i cinque pilastri dell’economia circolare a determinare la struttura di questa auspicabile rivoluzione urbana: input sostenibili (fonti rinnovabili, riuso, riciclo), estensione della vita utile di asset e prodotti, sharing, prodotto come servizio, valorizzazione del fine vita dei beni (riciclo, riuso, upcycling). Dentro queste macro-categorie ricadono praticamente tutte le innovazioni e transizioni necessarie per la città del domani: dalla mobilità alle reti energetiche, dal design di prodotti e servizi al sistema cibo, dalla riprogettazione dei quartieri e degli edifici al sistema del retail.
C’è poi un altro elemento fondamentale: la centrale acquisti della pubblica amministrazione. In inglese si chiama Green Public Procurement, di fatto è la lista della spesa delle amministrazioni, dalla cancelleria agli edifici che possono orientarsi sempre di più su soluzioni sostenibili e circolari. Servono nuovi mobili per la scuola? Si favoriscono materiali riciclati. Bisogna cambiare la flotta del municipio? Si usino sistemi di sharing e veicoli elettrici. E via dicendo. Devono essere proprio le città a dare l’esempio. Vediamo allora chi guida questa trasformazione.
Il simbolo indiscusso delle circular cities è la città di Amsterdam che ha puntato la sua strategia di sviluppo circolare sulla riduzione degli sprechi e l’innovazione. Tutto è iniziato con la mappatura e identificazione delle aree in cui sarebbe possibile applicare modelli di business circolari, evidenziando le strategie per l’attuazione pratica di queste soluzioni sostenibili. Il piano si è chiamato City Circle Scan, implementato da un ufficio dedicato della municipalità e dal think tank Circle Economy. Dagli scarti del pane per produrre birra al riuso del materiale da demolizione degli edifici passando per un mega hub di imprese presso il Porto che usano scarti alimentari per produrre biomateriali. E ancora educazione al riciclo, ristoranti che servono gli scarti dei supermercati (con piatti realizzati da chef da stella Michelin), edifici modulari che possono facilmente cambiare destinazione d’uso, riuso dei materiali reflui dai depuratori, e tanto altro.
Secondo il comune l’implementazione di strategie di riutilizzo dei materiali vale 85 milioni di euro all’anno nel settore delle costruzioni e 150 milioni di euro all’anno nella chimica sfruttando la frazione organica dei rifiuti in maniera innovativa. Quando il piano sarà a pieno regime nel 2025 si risparmieranno annualmente fino a 900 mila tonnellate di materie prime, una quantità significativa rispetto all’attuale importazione annuale di 3,9 milioni di tonnellate di materie prime. In termini di posti di lavoro? L’aumento dei livelli di produttività ha la capacità di aggiungere fino a 700 posti di lavoro aggiuntivi nel settore edile e 1200 posti di lavoro aggiuntivi nell’agricoltura e nell’industria di trasformazione alimentare. Non male per una città di 800mila abitanti.
La spinta è arrivata dall’iniziativa Circular Glasgow. Un piano per aiutare le attività commerciali di diversi settori a comprendere e adottare strategie economiche circolari, attraverso l’innovazione, la progettazione e nuovi modelli di business. La cittadina scozzese, divenuta nota per la conferenza sul clima del 2021, ha come obiettivo quello di diventare una delle prime città circolari e a “prova di futuro” del mondo. Hanno deciso di partire subito con le imprese della città, aiutandole a trovare nuove fonti di reddito tramite processi di riciclo, riuso, riparazione e ad essere allineate alla legge sul clima, che punta a rendere Glasgow a emissioni nette zero entro il 2045.
Uno dei fiori all’occhiello è il Construction Waste Portal, una piattaforma che aiuta a trovare una destinazione ai rifiuti edili ancora prima che inizi la costruzione o rigenerazione di un cittadino. Tanta attenzione anche al settore alimentare, con rigide politiche sul food waste e l’uso degli scarti per l’agricoltura urbana, dai quali si produce persino la birra. Per i cittadini la raccolta differenziata è motivo di orgoglio. Per questo la quantità e la qualità del riciclato sono tra le più alte in Europa. Un po’ di campanilismo serve, se lo scopo è rendere più efficienti ed ecosostenibili le nostre città.
«Il Comune di Milano si è posto una serie di target chiari, per facilitare e velocizzare la transizione verso l’economia circolare», spiega Piero Pelizzaro, già Chief Resilience Officer del Comune di Milano. «Questi includono una riduzione delle emissioni del 45% al 2030 attraverso l’uso di fonti rinnovabili per la produzione energetica, la riduzione dei consumi energetica e la transizione elettrica del trasporto pubblico locale, un tasso di riciclo del 70% entro la fine del decennio, riduzione del 15% della quantità di rifiuti prodotti da ogni cittadino, aumentare la presenza, l’utilizzo e le tipologie di Car Sharing (PUMS e PGT), Piantumazione di 3 milioni di alberi equivalenti entro il 2030».
Secondo una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca, il capoluogo lombardo si conferma nel 2020, al primo posto delle circular cities italiane, grazie a sistemi di trasporto pubblico ramificati e apprezzati, servizi avanzati di car sharing, rete idrica innovativa (vari sistemi di recupero dei reflui per fare biogas e ammendanti), elevato livello di raccolta differenziata (oltre il 60%) e alto fatturato delle attività di vendita dell’usato. Sono innumerevoli i progetti, come ad esempio OpenAgri, focalizzato sull’agricoltura periurbana nel comune di Milano che oggi funge da laboratorio vivente per l’innovazione circolare lungo la filiera alimentare. Oppure il progetto Centrinno (“New CENTRalities in INdustrial areas as engines for inNOvation and urban transformation”) che ha come obiettivo principale la rigenerazione delle aree urbane storiche e dei siti culturali in hub di imprenditorialità e di integrazione sociale e culturale. O ancora lo splendido Circular Economy Lab, dentro Cariplo Factory, che promuove la nascita di progetti di economia circolare industriali e di start-up. «Abbiamo un ecosistema vivace, con strategie efficaci – basti pensare che più del 50% dell’umido viene avviato a compostaggio o alla produzione di biometano – e una buona partecipazione dei cittadini. Spingere su politiche di economia circolare in città ci può aiutare ad affrontare shock ambientali ed economici», conclude Pelizzaro.
Non c’è luogo più iconico di Milano del nuovo spettacolare progetto CityLife, che ha riqualificato il quartiere Fiera di Milano, un tempo periferia di nessun interesse e oggi landmark metropolitano visitato da tutto il mondo per il suo pregio architettonico e i suoi store.
Quello che forse turisti e influencer non sanno, mentre si scattano selfie e postano video su Tiktok, è che si trovano in uno dei progetti urbanistici più sostenibili e circolari della città. Innanzitutto è una delle più grandi aree pedonali urbane in Europa, con splendidi spazi verdi dove rilassarsi o giocare con amiche e amici. Nel verde è incastonato un gioiello di efficienza energetica: tutti gli edifici hanno elevate prestazioni energetiche e integrano tecnologie di riscaldamento e raffrescamento a emissioni zero al punto da ricevere la prestigiosa certificazione LEED Gold.
Ma è sull’economia circolare che CityLife dà del suo meglio. A partire dai materiali, dato che oltre il 20% proviene da input riciclati, oltre il 95% dei rifiuti di cantiere sono stati inviati a riciclo e una parte rilevante degli edifici residenziali usa finiture in legno proveniente da foreste gestite in maniera responsabile.
CityLife si è affidata a Enel X come partner strategico per il disegno e l’implementazione di un nuovo piano di sostenibilità ed economia circolare. Lo scorso anno si è iniziato con l’analisi di circolarità dei nuovi edifici residenziali e del parcheggio sotterraneo. Il risultato? Un piano urbano integrato che usa le soluzioni di Enel X sull’uso intelligente dell’energia, sulla mobilità circolare ed elettrica e di illuminazione intelligente (notate i lampioni che si accendono quando si avvicina qualcuno!).
Grazie a queste analisi ed interventi si potrà fornire un contributo al percorso di decarbonizzazione e sostenibilità avviato nell’area, contribuendo al contempo a strutturare un’informazione trasparente e chiara per far capire come anche il mondo delle costruzioni e dell’immobiliare può fare la sua parte nella fatidica lotta contro il clim