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C’è un manager spezzino che si è messo in testa di dimostrare che un club di calcio può essere il motore di un cambiamento culturale nella direzione del rispetto dell’ambiente. Un paradigma declinato direttamente all’interno del funzionamento proprio di un’azienda sportiva e indirettamente utilizzando la prerogativa di visibilità che il gioco del pallone concede. Lui si chiama Vittorio Barani, 52 anni originario di Vernazza, fede blucerchiata, e la società a partire dalla quale vuole costruire questo progetto è il Savona Calcio.

Dirigente di un’importante azienda dell’energia, ha studiato un progetto che parte dagli spostamenti della prima squadra e arriva alla ristrutturazione del vecchio stadio “Bacigalupo”. Poi ha radunato una serie di imprenditori del centro Italia pronti a dare una mano al Savona, finito addirittura in Prima Categoria, e ora spera di poter mettere alla prova dei fatti le proprie intuizioni nei prossimi anni.

Città della Spezia ci ha fatto una chiacchierata.

La domanda nasce spontanea: come fa un’azienda calcistica a diventare ad impatto zero e farsi motore di una diversa coscienza su alcuni temi presso gli stakeholder, che siano tifosi, istituzioni o partner commerciali?

“Noi siamo partiti dal concetto che tutto il mondo affronta una crisi che rappresenta una sfida. Un fenomeno globale, come globale è il calcio. Abbiamo ragionato su tre temi: energia, acqua e ambiente. Per ognuno si possono trovare soluzioni via via più efficaci. Per quanto riguarda la parte energetica, pensiamo per iniziare ad uno stadio coperto da pannelli fotovoltaici e ad un’illuminazione a led. Per la parte idrica, vorremmo installare serbatoi autoportanti per raccogliere l’acqua piovana durante la stagione piovosa da utilizzare per il manto erboso. Ai nostri ospiti vorremmo presentare uno stadio plastic free che sia certificato dagli enti preposti. Di buona pratica in buona pratica, si può pensare di fare con il tempo di un impianto di calcio una specie di comunità energetica all’interno del tessuto urbano. Perché non pensare di mettere a disposizione le eventuali eccedenza di acqua o di corrente elettrica per progetti sociali? Uno stadio vive una volta alla settimana, i residenti ogni giorno”.

Come si rinuncia, per esempio, ad un pullman diesel per le trasferte senza incidere sui bilanci?

“Attualmente l’idrogeno non è un’alternativa perseguibile per mancanza di infrastrutture, ma la teniamo d’occhio. Però sarei molto contento di vedere la squadra muoversi intanto con mezzi ibridi. Mi piacerebbe vedere i nostri calciatori spostarsi solo con auto elettriche, che siano loro i primi a fare proprio questo tipo di approccio. Creare regole precise in questo senso in modo che calciatori e dirigenti siano i primi ambasciatori di questa filosofia. Avere un partner industriale di peso renderebbe la cosa semplice da realizzare chiaramente.”.

Vittorio Barani

Perché proprio Savona?

“La proprietà ed il presidente, l’avvocato Cittadino, si sono dimostrati molto sensibili a questi temi e hanno sposato subito il progetto di squadra green. Altro aspetto importante è il fatto che il Savona si trova attualmente in Prima Categoria e questo ci dà lo spazio per crescere con il tempo, modellando il progetto secondo i nostri princìpi. Partire dal professionismo sarebbe stato più difficile”.

La piazza savonese come vi ha accolti: tifoseria e istituzioni?

“Il Savona Calcio esce da un periodo travagliato, la piazza dei tifosi è naturalmente alla finestra per capire le nostre mosse. Siamo partiti pensando dalla squadra, seguendo gli iter per rinnovare il settore tecnico, dall’allenatore alla dirigenza e fino ai calciatori. Dalle istituzioni, un progetto che include uno stadio green che ottenga le necessarie certificazioni, è stato accolto con apprezzamento. Nei primi giorni di settembre ci sarà la presentazione ufficiale e poi cercheremo le aziende che ci diano una mano a realizzarlo”.

la monetina è in terra. Palla o campo?

Come si tiene assieme il risultato sportivo con una progettazione di lungo periodo?

“Ho incontrato subito i tifosi del Savona. Avevano il desiderio di rivedere il club usare il simbolo storico, perso negli ultimi anni. La squadra va nella stessa direzione, le nuove divise saranno presentate presto e anche quello sarà un momento importante di identità. Stiamo aspettando di completare la rosa. Siamo coscienti di non essere in una piazza che può rimanere in Prima Categoria, che ambisce al professionismo per propria collocazione naturale. Siamo pronti a lavorare per raggiungere standard che al momento non ci sono”.

Una squadra green è un approccio che rappresenta sicuramente una novità in Italia. All’estero?

“Il progetto è originale e nasce dall’unione di due circostanze. Il fatto che io lavori in un’azienda del settore ambiente, e quindi viva giornalmente le tematiche della sostenibilità, e la mia passione per il calcio. In Italia non vi sono precedenti, nella terza serie inglese c’è un club che punta molto sulle politiche ambientali. Ma per noi è un discorso nuovo, ci sentiamo dei precursori”.

Diego Farias e Morten Thorsby

Cosa la ha ispirata a lanciarsi in questa avventura?

“Mia figlia Gaia di 21 anni. Mentre elaboravo il progetto a casa, ho notato il suo interesse. I giovani hanno una sensibilità particolare sui temi dell’ambiente. Nel progetto di un Savona green c’è l’utilizzo dei giocatori all’interno delle scuole come testimonial delle buone pratiche ambientali, oltre che dell’aspetto sportivo. Mi piacerebbe far vedere il calcio in maniera diversa. Oggi questo è uno sport che non sempre lancia messaggi costruttivi tra plusvalenza, tatuaggi, veline, simulazioni, auto di grossa cilindrata… noi vorremmo perseguire un’immagine che sia meno superficiale, se mi è concesso. Non è impossibile. Sono amico di Morten Thorsby, che con i suoi atteggiamenti e scelte personali è per me un modello ed un esempio di quanto potrebbe fare il calcio per il pianeta”.

Partendo dalla Liguria, che certo è una regione in cui l’antropizzazione e l’industrializzazione è stata particolarmente aggressiva nel corso degli scorsi decenni.

“Se la televisione negli anni Sessanta ha contribuito ad alfabetizzare l’Italia, oggi il calcio potrebbe avere la stessa funzione per quanto riguarda l’utilizzo cosciente delle limitate risorse del pianeta o dei nostri consumi. Con il Savona, nel nostro piccolo, vorremmo avere un ruolo di questo tipo. Se il messaggio sarà recepito dalle grandi aziende, faremo presto a diventare un simbolo di questo approccio innovativo secondo me”.

Zona portuale Savona

Alla Spezia si va verso il rinnovamento del Picco con una nuova tribuna. Secondo lei cosa si potrebbe fare da subito per renderlo a basso impatto?

“In verità a marzo abbiamo anche fatto qualche incontro con lo Spezia Calcio, ci sarebbe piaciuto poter sviluppare il progetto di una prima squadra green in serie A. C’erano imprenditori importanti pronti ad investire sul Picco, ma non è andata in porto. Io credo che, in generale, tutte le società calcistiche dovranno convergere verso queste idee sul breve periodo. Per quanto riguarda il Picco, intanto penserei ad un modo, in accordo con l’amministrazione comunale, per permettere ai tifosi di raggiungere lo stadio con una mobilità dedicata: mezzi elettrici, una pista ciclabile pensata per loro e magari un parcheggio per le biciclette sarebbe un buon inizio”.

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