Le istituzioni italiane ed europee possono e devono fare molto di più in tema di salvaguardia dell’ambiente. Soprattutto, devono creare le condizioni economiche che spingano le aziende ad abbracciare l’economia circolare, che vuole dire progettare e produrre beni che possono essere riparati o riutilizzati. “Sono convinto che facendo così si potrà avviare un volano di crescita enorme per l’economia”.
E’ questo il concetto che Giulio Bonazzi ripete come un mantra in ogni consesso in cui viene invitato a parlare. Da un paio di anni quando si parla di economia del riciclo questo imprenditore di 55 anni è l’ospite d’onore di ogni consesso. Come è giusto che sia, visto che è l’uomo che 12 anni fa ha avuto il coraggio di mettere a rischio una prospera azienda di famiglia per farne un campione mondiale del riciclo.
Bonazzi è presidente e amministratore delegato di Aquafil, società trentina (la sede è ad Arco) che da 50 anni è al primo posto in Europa e fra i primi al mondo nella produzione di fibre sintetiche e in particolare di poliammide 6 (Nylon). Oggi più di un terzo della produzione viene dal riciclo di reti da pesca e di moquette per pavimenti.
La sede di Aquafil, ad Arco (Tn).
Aquafil è una di quelle medie aziende dotate di tecnologia all’avanguardia e fortissimo orientamento all’esportazione che costituiscono la spina dorsale dell’industria italiana. Il gruppo conta 2.800 dipendenti, divisi fra 16 stabilimenti in tre continenti: Europa, America e Asia. Nel 2017 ha realizzato un fatturato di 528 milioni di euro, in crescita del 12% sull’anno precedente. Il 2017 è stato l’anno della quotazione in Borsa e della forte accelerazione verso la produzione di Econyl, il nylon realizzato non da petrolio, ma dal riciclo di materiali giunti a fine vita. Ed è stato anche l’anno del boom della redditività con l’utile netto salito del 25% a 25,2 milioni di euro.
“Certo, ci vuole un po’ di pazzia, uno ci deve credere. Quando nel 2007 ho iniziato a fare i primi passi per orientare l’azienda di famiglia verso il riciclo, consulenti e banchieri mi hanno detto che ero matto. In effetti abbiamo passato momenti terribili, ho avuto collaboratori che mi hanno abbandonato perché non credevano nel progetto, ma oggi che la conversione è ben avviata, con importanti ritorni economici, posso dire che rischia di più l’imprenditore che non cambia, che non capisce che il mondo si sta muovendo inevitabilmente verso l’economia circolare”.
L’esempio è quello della direttiva europea sulle plastiche che impone che piatti, posate e cannucce di plastica siano riciclabili al 50%.
“Chi non si è mosso per tempo oggi è in difficoltà”. Proprio sul riciclo della plastica si può fare molto di più. L’Italia, dice Bonazzi, è un Paese virtuoso per la raccolta differenziata, ma pochi sanno che solo una piccola parte della plastica raccolta separatamente viene poi riutilizzata, il resto finisce nei termovalorizzatori o in discarica.
“Si può fare molto meglio, e non c’è bisogno di inventarsi chissà cosa, basta guardare cosa fanno gli altri”.
In Norvegia, per esempio, le bottiglie di Pet finiscono riciclate al 97%, grazie al deposito remunerato e a una tassa che penalizza le bottiglie colorate, quelle più difficili da riciclare. Il meccanismo del deposito è semplice: quando il consumatore va a fare la spesa restituisce al supermercato le bottiglie vuote e riceve per ognuna un credito da utilizzare per i prossimi acquisti. Funziona così anche in Germania e in Indonesia.
“Perché il nostro ministro Costa, che pure è un esperto di ambiente, non va a vedere che cosa fa la Norvegia?”, si chiede Bonazzi.
Aquafil produce un filo di poliammide utilizzato in prevalenza (oltre 70%) per fare moquette e rivestimenti per pavimenti, compresi quelli delle automobili. La parte restante della produzione è nylon con cui l’industria tessile realizza abbigliamento tecnico e sportivo. L’Econyl rappresenta il 38% della produzione e sono già stati lanciati gli investimenti per salire al 60% entro il 2021.
“L’obiettivo è arrivare al 100% entro quattro o cinque anni”, dice Bonazzi. Per farlo, Aquafil dovrà investire fra i 100 e i 150 milioni di euro. Fra i grandi nomi mondiali dell’abbigliamento che utilizzano Econyl ci sono Adidas, Speedo e Stella McCartney.
Con la produzione di Econyl invece che nylon tradizionale Aquafil guadagna di più:
“Abbiamo un margine superiore del 20% e costi in continua diminuzione”.
La tecnologia è quella del riciclo chimico, basato sulla depolimerizzazione, che permette di fare un nuova fibra del tutto identica a quella originale. Ma la strada per fare solo riciclo è ancora in salita. La difficoltà principale, spiega l’imprenditore, è organizzare la cosiddetta “logistica inversa”, cioè l’approvvigionamento di materiale di scarto a costi sostenibili.
Per fare crescere questa attività a livello globale e ottenere significativi miglioramenti per l’ambiente occorrono interventi mirati e concordati dei governi. Non tutte le plastiche sono riciclabili. La fibra di poliammide (il nylon) lo è al 100%, ma quando i prodotti sono realizzati da un mix di più fibre, riciclare diventa difficile o impossibile.
Bonazzi fa l’esempio delle reti da pesca che rappresentano una grossa parte del materiale di partenza per fare Econyl.
Reti da pesca, materiale di nylon che Aquafil ricicla chimicamente creando EcoNyl
Aquafil le raccoglie in tutto il mondo (soprattutto dagli allevamenti ittici), dopodiché deve affrontare spese molto forti per fare la selezione, perché quelle di nylon si possono lavorare, ma non quelle miste di nylon e poliestere, o di nylon e polipropilene. La stessa cosa vale per le moquette, che vengono raccolte soprattutto negli Stati Uniti e poi trasportate nell’impianto chimico di Aquafil in Slovenia.
Dice Bonazzi:
“L’intervento del legislatore è fondamentale per orientare il business a fare progredire le tecnologie: basta vedere che cosa è successo nell’energia solare. Grazie a diffuse politiche di incentivi oggi abbiamo raggiunto la parità di efficienza economica fra la produzione di energia da combustibile fossile e il fotovoltaico”.
Quindi?
“Quindi se ci sono plastiche che si riciclano meglio di altre, occorre che, a parità di prestazioni, il loro utilizzo venga incentivato. Pensiamo alla contabilità per il Pianeta: se tutte le reti da pesca oggi abbandonate nei mari venissero riciclate, quanto sarebbero grandi e diffusi i vantaggi?”.