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Investimento da 740 milioni di euro della danese Copenhagen Offshore Partners al largo di Marsala: tecnologia in espansione

Il primo parco eolico galleggiante del Mediterraneo potrebbe nascere presto nel Canale di Sicilia, al largo di Marsala. L’impianto, chiamato 7Seas Med, sarà composto da 25 pale galleggianti da 10 megawatt ciascuna e sarà invisibile dalla costa siciliana, a una distanza di oltre 35 chilometri da Marsala e altrettanti dalle Egadi, in direzione della Tunisia.

In quello specchio di mare il fondale ha circa 300 metri di profondità e quindi si presta a meraviglia per delle turbine galleggianti, mentre sarebbe impossibile installarvi delle normali turbine offshore fisse, che non possono superare una profondità di 50-60 metri.

Il progetto, che comporta un investimento di 741 milioni di euro, è stato sviluppato dalla società danese Copenhagen Offshore Partners con il sostegno del fondo Copenhagen Infrastructure Partners, specializzato in grandi progetti di energia rinnovabile in tutto il mondo, ed è stato presentato prima dello scoppio della pandemia al ministero dell’Ambiente e al ministero delle Infrastrutture.

«Ora navighiamo nel mare procelloso della burocrazia italiana, ma se tutto andrà bene il programma prevede di avviare il cantiere nel 2023», commenta il progettista Luigi Severini, che ha firmato anche il progetto del parco eolico offshore di Taranto.

Offshore in grande crescita

La tecnologia che verrà utilizzata si chiama TetraSpar ed è stata sviluppata da Henrik Stiesdal, il padre dell’energia eolica danese. Stiesdal, 63 anni, ha costruito la prima turbina eolica commerciale nel ’78, vendendone la licenza a Vestas e proiettando così la società verso la leadership mondiale del settore. Poi è passato a Siemens, dov’è stato fino al 2014 il Chief Technology Officer di Siemens Wind Power, oggi Siemens Gamesa. Sotto i suoi occhi il settore è cresciuto da zero ai 600 gigawatt installati oggi nel mondo.

Ora si sta dedicando al segmento più in crescita di questa tecnologia, l’offshore, che nell’ultimo decennio è cresciuto del 30 per cento all’anno, grazie allo sviluppo di turbine sempre più grandi e più potenti, con una drastica riduzione dei costi. L’ultima nata, di Siemens Gamesa, è una macchina alta 260 metri, quasi quanto il Chrysler Building di New York, e sarà testata nei prossimi mesi in Danimarca.

Pur rappresentando ancora meno dell’1 percento della produzione mondiale di elettricità, l’eolico offshore è diventato un elemento centrale nella generazione elettrica del Nord Europa. Da qui al 2040, l’International Energy Agency prevede che l’eolico offshore attrarrà investimenti per 840 miliardi di dollari, equivalenti a quelli nel gas naturale.

C’è un problema, però. Le soluzioni tecnologiche che hanno avuto tanto successo nel Mare del Nord e nel Baltico non sono adatte per le coste più scoscese del resto del mondo. Nell’Europa del Nord, in Cina e sulla costa orientale degli Stati Uniti, l’installazione di turbine offshore fisse è stata facilitata da una stranezza geografica: la presenza di acque poco profonde vicino a grandi centri abitati.

Nel resto del mondo questa stranezza non esiste. La California, ad esempio, potrebbe essere alimentata anche al cento per cento dall’eolico offshore, ma dev’essere galleggiante. Se la prossima generazione di eolico offshore sarà galleggiante e se i costi resteranno bassi, si potrebbe aprire un’era di energia quasi illimitata e senza emissioni.

L’International Energy Agency stima che le turbine eoliche galleggianti potrebbero fornire elettricità sufficiente a soddisfare 11 volte la domanda mondiale di elettricità, in base alle proiezioni del fabbisogno previsto nel 2040.

Economie di scala d’altura

Per questo motivo gli inventori del settore si stanno impegnando nello sviluppo di turbine galleggianti. Tra loro c’è anche Stiesdal, con la società fondata dopo essere uscito da Siemens, partecipata da Shell e dalla tedesca Innogy. Il suo prototipo, da 6 megawatt, è in costruzione in Danimarca con la partecipazione di Siemens e sarà varato a breve in acque norvegesi.

«La particolarità della tecnologia di Stiesdal, che la distingue da quelle dei concorrenti, è che si basa sull’utilizzo di elementi di galleggiamento composti dagli stessi cilindri di metallo con cui si costruiscono le torri eoliche, quindi non prevede una produzione ad hoc per questi elementi, che vanno a formare un grande triangolo da 80 metri di lato alla base della torre. Questo comporta un enorme vantaggio sul piano delle economie di scala e dell’industrializzazione, infatti le turbine di Stiesdal sono molto meno costose delle altre turbine galleggianti utilizzate nei progetti entrati in funzione finora», spiega Severini.

Il suo triangolo è in grado di reggere macchine gigantesche, come le altre turbine offshore, con 220-240 metri di diametro. «Quelle previste nel parco 7Sea Med sono da 10 megawatt di potenza, ma in altri progetti che abbiamo nel Mediterraneo si parla già di usare turbine da 12 e perfino da 14 megawatt, con le economie di scala che si possono immaginare e un impatto ambientale sempre più ridotto, visto che servono meno turbine per arrivare alla potenza totale desiderata», precisa Severini.

Opportunità per l’Italia

Data la dimensione di questi impianti, l’Italia potrebbe diventare un leader di questo settore in grandissima crescita, perché ha le strutture per affrontare le turbine giganti, strutture che nel resto del Mediterraneo non ci sono.

«Per l’industria italiana potrebbe essere un’occasione straordinaria, che andrebbe esaminata con attenzione in sede di programmazione economica – fa notare Severini -. Taranto, in particolare, ha ancora sia la cantieristica adatta a strutture di grandi dimensioni, necessaria per sviluppare una produzione di questo tipo, sia la materia prima, che potrebbe venire dall’Ilva».

Tra i concorrenti di Stiesdal c’è la norvegese Equinor, pioniera nello sviluppo dell’eolico galleggiante, con il suo progetto pilota al largo della costa scozzese nel Mare del Nord. Ora la società prevede di espandersi con un impianto più grande da 500 milioni di euro in Norvegia.

Un altro importante concorrente è Principle Power, che è supportato dalla compagnia petrolifera spagnola Repsol e da Energias de Portugal. Principle ha già testato il suo design nell’Atlantico con alcune delle più grandi turbine sul mercato.

Grazie a una serie di progetti che si affollano nella pipeline, gli analisti di Bloomberg New Energy Finance prevedono una crescita esponenziale per l’eolico galleggiante, che dovrebbe arrivare a 3,5 gigawatt installati entro il 2030.

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