image_pdfVersione PDFimage_printStampa

Ci dispiace moltissimo per quanto accaduto sia in termini di danni alla struttura che iper i disagi arrecati ai viaggiatori. Lo scalo catanese rappresenta uno degli aeroporti con maggiore traffico di passeggeri, soprattutto nel periodo estivo e purtroppo il resto delle infrastrutture dedicate alla mobilità a disposizione di noi isolani è a dir poco insufficiente e strutturalmente non adatta ad un paese civile. Noi relatori pubblici ci occupiamo, tramite strategie e piani di crisis management, di organizzare, gestire e pianificare il flusso di comunicazione in caso, per l’appunto, di crisi, verso – ha concluso la Toscano – tutti i pubblici di riferimento e stakeholders dell’organizzazione (enti, imprese, p.a.).

Spesso si crede che un manuale di safety management possa assolvere anche ai fabbisogni informativi e comunicativi che si attivano durante la crisi, ma non è così. In questo caso, i pubblici coinvolti nella gestione dei flussi di comunicazione sono davvero molti, con caratteristiche, aspettative e motivazioni del tutto diverse: ci sono i viaggiatori in arrivo e in partenza con differenti provenienze linguistiche; le compagnie aeree, il personale interno, i fornitori, i responsabili dell’emergenza, gli altri aeroporti siciliani che hanno dovuto assorbire un flusso di passeggeri non previsto, e così fino a considerare tutti i possibili interlocutori del caso. Il piano di crisis management consente di programmare, sulla base di una previsione varia e differenziata, le possibili cause di crisi e definire i protocolli di azione in termini di comunicazione interna ed esterna. Il personale e i fornitori sono formati ad intervenire secondo un preciso protocollo, prevedendo anche azioni di formazione e training (esercitazioni) che devono essere ripetute nel tempo al fine di validarne l’efficacia e verificarne la comprensione. In sintesi uno strumento utile e funzionale che consente di intervenire in modo efficace. 

“Il grande punto di debolezza di moltissimi enti pubblici e privati in Italia – ha precisato Luca Poma, professore di Reputation & Crisis management all’università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino – è soprattutto quello della preparazione alle crisi. La fase del pre-crisi, che include formazione al personale, ipotesi di scenari negativi e relative simulazioni, stress-test, e check su tutti gli strumenti indispensabili per poi gestire concretamente la crisi, viene sempre colpevolmente trascurata, in quanto il nostro, tradizionalmente, è un Paese a bassa sensibilità sotto il profilo della previsione e gestione degli scenari di crisi. Da noi vale sempre il detto “semmai mi capiterà, me ne occuperò”, ma così facendo – ha concluso il professore – si distrugge valore sia per gli azionisti che per i cittadini” .

image_pdfVersione PDFimage_printStampa