Se c’è una cosa che i politici non sanno fare, è comunicare. Anche Berlusconi, negli ultimi tempi, aveva perso smalto. Ma il problema è soprattutto nel Pd, che promuove campagne disastrose e vacue. È l’impietosa analisi del libro Spot Politik, scritto da Giovanna Cosenza, docente di Teoria dei Linguaggi all’Università di Bologna che, intervistata da Linkiesta, spiega perché la Casta non sa usare i media. E suggerisce come cambiare (in meglio) la situazione.Quando si introducono nel complesso mondo della comunicazione, i politici fanno disastri. Errori, mancanze, superficialità, sia a destra che a sinistra (più a sinistra, a dire il vero, ma negli ultimi anni anche Berlusconi, il “grande comunicatore”, ha perso smalto). Un ritardo culturale che condiziona tutto il quadro delle campagne elettorali. «Qui c’è tutto “il peggio di” della comunicazione politica italiana degli ultimi quattro anni», spiega a Linkiesta Giovanna Cosenza, docente di Filosofia e Teoria dei Linguaggi all’Università di Bologna e autrice di SpotPolitik, Perché la casta non sa comunicare, Laterza, 2012. A leggerlo, il libro dà un quadro sconfortante, Ma le bizzarrie che la “casta” ha saputo produrre in ambito di comunicazione in questi anni sono esilaranti.
A sinistra bocciato Pier Luigi Bersani: un linguaggio burocratico, goffo e inespressivo. Per svecchiarsi, un giorno decide che sia bene dire qualche parolaccia, ma sbaglia (e così peggiora anche). Da rifare, poi, tutte le campagne del Pd: da Veltroni in avanti non centrano mai il segno. Anzi, fanno errori da principianti. Nel 2008 l’idea disastrosa di evitare di dire il nome di Berlusconi, chiamandolo “principale esponente dello schieramento avversario” (e così facendolo sempre venire in mente agli spettatori). Nel 2012, la trovata di chiamare una campagna “Destinazione Italia’. Come a indicare che il Pd, in Italia, non c’è ancora arrivato.
Ma anche Berlusconi, negli ultimi anni, ha perso il tocco magico. Non nelle trovate né nel linguaggio, ma nella capacità di costruire storie. Come, ad esempio, la trovata della “fidanzata” da opporre agli scandali sessuali che lo stavano travolgendo. Un’idea buona, spiega Giovanna Cosenza, ma poi lasciata a metà, mancando in ogni modo di convincere l’elettore.
Il problema però, è culturale: da un lato c’è un ritardo nell’accettare l’idea che per fare politica si debba sapere anche comunicare (fenomeno visibile soprattutto nel Pd, e non in Vendola o Di Pietro, ad esempio). Dall’altro, la superficialità con cui viene affrontata la questione vanifica anche le idee, buone, delle agenzie pubblicitarie. In fondo a tutto c’è anche la debolezza delle proposte politiche da comunicare. Un problema serio. «Adesso c’è un periodo di pausa – che pausa non è – della politica. Occorre approfittarne per non ricaderci più. Ma la riflessione andrebbe fatta da tutti», spiega Cosenza a Linkiesta.
Adesso al governo c’è Mario Monti. Non è un politico di professione, ma anche lui deve comunicare. Come lo fa? «Monti si muove con grande abilità. E, soprattutto, nel modo giusto per il momento attuale», spiega. «La sua comunicazione può riassumersi nella parola-chiave “sobrietà”, come tutti hanno detto. Funziona bene adesso, perché questo è un momento di emergenza». Poi, essendo un tecnico, «ha un linguaggio alto e ricco di tecnicismi. Uno stile didattico». Buono per rivolgersi all’Europa, rassicurare i mercati e ricostruire la credibilità. «Sul fronte interno, adotta uno stile misurato, anche perché non deve preoccuparsi di vincere le elezioni», anche se anche qui non sono mancati gli errori. «Michel Martone, che forse voleva crearsi uno spazio autonomo rispetto al ministro Fornero che ha dato degli “sfigati” a quelli che non si erano laureati entro i 28 anni. O la frase sulla “monotonia del posto fisso”. Tutti errori che possono capitare. I politici sono sotto osservazione tutto il tempo, qualche scivolone lo possono prendere».
Nel complesso, però, il governo tiene bene. Anche sul fronte femminile: un capitolo di SpotPolitik analizza la situazione femminile in Italia, partendo dalle pubblicità. La società ne è specchio e conseguenza riflettendo l’immagine di una donna con un ruolo subalterno e limitato. «Le donne del governo Monti sono solo tre: la Fornero, la Cancellieri e la Severino. Però hanno ruoli di primo piano. Si può essere in disaccordo con le loro scelte politiche, ma è indubbio che siano state promosse per le loro competenze. In questo senso, Monti ha fatto molto, anche se in Italia resta tanto ancora da fare».
I partiti, durante la “pausa” devono ritrovare la strada. La direzione sembra una sola: la rete. «Anche qui il ritardo è tutto italiano. I partiti non utilizzano il web per comunicare, e cominciano solo adesso». Angelino Alfano, segretario del PdL, ha dettato il passo: «Si è fatto vedere con l’iPad, ha promosso la sua pagina Facebook». Deve fare in fretta, perché il suo partito sconta un ritardo forte. «Colpa della cultura televisiva, che lo ha dominato». Il Pd, invece, «è su internet da più tempo. C’era YouDem, il sito, gli account. Resta un po’ ingessato: si vede che è in rete perché sente che ci deve essere, e non perché creda davvero che serva». Gli unici che la sanno usare sono ancora loro: Beppe Grillo, Vendola e Di Pietro. «Una questione di mentalità: la rete implica un’apertura più immediata, veloce e sincera».
Insomma, per i politici non è tanto un problema di dimestichezza con la tecnologia, quanto con la comunicazione in generale. SpotPolitik, con la sua analisi ironica e sferzante, mostra dove i politici sbagliano. E cosa potrebbero migliorare. Un vademecum di consigli preziosi per un politico che decide di comunicare davvero. Molto facile, allora, che non saranno ascoltati.
Giovanna Cosenza, professore associato di Filosofia e teoria dei linguaggi all’Università di Bologna, è autrice di Spot Politik. Perché la Casta non sa comunicare, Editori Laterza, 12 euro