Per “crisi” gli addetti ai lavori del settore comunicazione intendono un evento – esogeno o endogeno – di tale virulenza da creare un significativo pregiudizio alla business-continuity di un’organizzazione. Forse proprio dinnanzi a una delle più gravi crisi della Sua carriera da imprenditore si è ritrovato Silvio Berlusconi dopo le – in parte inaspettate, o comunque impreviste – gravi evoluzioni negative delle sue vicende giudiziarie: una crisi a tutti gli effetti sottostimata, principalmente a causa dell’inettitudine dei Suoi collaboratori e avvocati, incapaci di prevedere la portata del rischio in caso di sentenze sfavorevoli; una crisi di tale portata da porlo fuori gioco dalle prossime elezioni, per almeno 2 anni, e da mettere a rischio il suo stesso ruolo di leader politico del centrodestra. Tuttavia, con un’abilità e reattività tipica del personaggio, e che lo consegnerà una volta di più alla storia del nostro Paese – piaccia o non piaccia – come uno dei meno docili e più abili protagonisti dello scenario imprenditoriale e politico italiano, il Cavaliere ha rapidamente elaborato – come consiglia ogni buon manuale di Crisis management – delle contromisure che è impossibile non valutare perlomeno efficaci.
Come ha titolato Marcello Sorgi in un bell’articolo sulle colonne del quotidiano La Stampa, “Un terzo al governo, due terzi all’opposizione”: il Cavaliere ha messo a segno un importante risultato strategico, con una manovra assai intelligente – l’apparente separazione da Angelino Alfano – più simile a una separazione consensuale che non a un divorzio.
La nuova strategia di comunicazione di Berlusconi sta pagando, in termini di ritrovata capacità di influenza del suo gruppo di pressione? Analizziamo brevemente questo nuovo frizzante scenario:
- le riunioni pre-scissione tra il Cavaliere e la Sua “creatura”, Angelino Alfano, sono state frequenti e intense, fin troppe per far anche solo supporre una spaccatura “a freddo”;
- dall’analisi di oltre trecento tra post Facebook, tweet e lanci di agenzia di entrambi i personaggi politici, non emergono mai attacchi che vadano al di la della polemica, sempre strumentalmente gestita e invero molto ben “dosata”;
- non è mai stata nettamente esclusa la possibilità di una “federazione” tra i due gruppi in vista delle prossime elezioni, che anzi appare assai probabile;
- è ora concreta la possibilità per il Cavaliere di mantenere – seppure “per procura” – una presenza determinante all’interno del Governo Letta, soddisfacendo nel contempo le aspettative di chi nel centro-destra – stanco per la costante sovrapposizione tra le vicende giudiziarie personali dell’ex Premier e le vicende politiche nazionali – manifestava crescenti segnali di insofferenza;
- si disegna all’orizzonte la possibilità per Berlusconi – da leader dell’opposizione – di gestire con efficacia una lunga campagna elettorale, con le Europee nel 2014 e le politiche al più tardi nel 2015, basata su un programma marcatamente Euro-scettico, tale da riportare a casa anche parte dei consensi persi con il successo del Movimento 5 Stelle di Grillo;
- è innegabile, come ha denunciato da Renzi nella convention del PD di pochi giorni fa, l’avvenuta “diversificazione dell’offerta elettorale” del centro destra, che ora può articolarsi meglio tra falchi e colombe, ortodossi e moderati, contando anche sui non pochi piccoli partiti in grado di completare il “packaging” dell’ala conservatrice del Parlamento, dalla Lega a Fratelli d’Italia, con accordi in vista delle urne capaci di disegnare maggioranze variabili tali da mettere a rischio la tenuta elettorale del PD;
- pare potenzialmente assai più efficace la rinnovata validazione di Berlusconi come “perseguitato politico” e bersaglio della Magistratura, ben più credibile – e facilmente gestibile sui mass-media – nel suo ruolo di capo dell’opposizione, che non in quello di alleato di Governo.
Vista a posteriori, dopo alcune settimane dai primi annunci di frizioni tra il padre putativo Berlusconi e il figliol prodigo Alfano, la strategia di posizionamento elettorale e di comunicazione del Cavaliere pare insomma ancor più chiara, e accuratamente pianificata: dividersi in due per contare ancora di più, in termini di influenza all’interno dei palazzi del potere e degli apparati dello Stato, come anche di appeal elettorale, dimostrando una volta di più la straordinaria lucidità di un personaggio – il Cavaliere – ben più abile dei suoi avversari nel gestire efficacemente scenari complessi.