Il 36% dei brand Top 500 di Fortune ne ha uno: raccontano prodotti veicolano valori e visione, posizionano verso campagne sociali e intercettano clienti
Uno degli uomini più ricchi al mondo ha deciso di dividere il palco con un campione di feci umane. Raccontando poi il perché in un post a sua firma sul suo blog costantemente aggiornato e navigabile su Billnotes.com. Così l’imprenditore statunitense e filantropo Bill Gates, messo in una storica copertina dall’Economist con il neologismo Billanthropy, è diventato anche blogger. Gates ha raccontato il suo impegno al Reinvented Toilet Expo di Pechino, fiera finanziata dalla fondazione Gates per presentare i venti migliori prototipi di gabinetti del futuro. «Non capita spesso di salire su un palco con un campione di feci umane, ma l’ho fatto per attirare l’attenzione su un problema serio che uccide più di ___mila persone ogni anno: la scarsa igiene», ha scritto Gates, diventando tendenza sui social.
L’avanzata del blog storytelling
Professione blogger d’azienda. Così il manager (e non solo il comunicatore) scommette sul blog, puntando su una scrittura long-form e quindi argomentata, approfondita e con un taglio personale, autentico, empatico.
D’altronde in questi anni liquidi nei quali ogni company diventa media- company – così ha dichiarato al Financial Times Richard Edelman, a capo dell’omonimo colosso di comunicazione – grazie al blog aziendale il brand presenta prodotti e servizi con un taglio laterale, offre il suo punto di vista sul mondo, conversa con la community, ospita interventi, promuove incontri dal vivo. E il fenomeno registra un aumento esponenziale.
Lo segnala anche la ricerca State of Blogging: oggi il 36% delle aziende inserite nella classifica Fortune 500 ha un blog, l’89% ritiene che questi spazi saranno importanti nei prossimi cinque anni e addirittura il 60% li considera vantaggiosi per il proprio business.
Nel mondo si distinguono i corporate blog Tech Page One di Dell, Real Business di Xerox, Free Press di Intel. E in Italia negli ultimi anni sono nati Eniday di Eni, Nati per Proteggere di AXA, Morning Future di Adecco, New Heroes di Red Bull, Mondo Leasing di Banca Ifis, Changes di Unipol, Non Solo Buono di Fini Modena, On/Off di Edison, Fatti di Bio di Alce Nero.
Una narrazione multimediale che dalle piattaforme abbraccia i social, mantenendo però una propria identità in uno spazio più protetto. «Il blog aziendale può essere al centro della comunicazione online. Una pagina di Facebook, un account Instagram o altri social non riescono a sopperire a questa funzione informativa, essendo dispersivi e basati sulla contingenza. Invece condividendo i contenuti del blog sui social si ottiene l’effetto di aumentare le visite e i contatti in un luogo che ci appartiene: il nostro sito web», afferma Riccardo Scandellari, autore di “Rock’n’Blog” per Mondadori. Focus su storie, interventi, testimonianze, anche in video. «Quando qualcuno cerca un’informazione solitamente usa un motore di ricerca. Se il sito aziendale contiene un blog, quindi informazioni utili, si aumenta enormemente la capacità di essere trovati e contattati. Qualche anno fa si pensava di sostituire il blog con Facebook. Chi l’ha fatto ha commesso un grosso errore strategico», precisa Scandellari.
Consigli di scrittura(poco) aziendale
Autenticità, utilità, continuità. E la necessità di catturare l’attenzione offrendo contenuti di valore. «Dieci anni fa si stimava che un americano fosse mediamente esposto a cinquemila pubblicità ogni giorno. Oggi quel numero è aumentato enormemente. Ecco perché le aziende più reattive hanno cominciato ad investire sui contenuti. Il blog diventa uno spazio proprio dove poter offrire informazioni utili, risolvere problemi e dialogare in maniera aperta con il mercato e i suoi potenziali clienti», afferma Dario Vignali, ventisettenne imprenditore digitale, inserito tra i migliori under __ da Forbes e pioniere nel blogging. Perché Vignali ha aperto il primo blog a tredici anni. «Se è vero che le piattaforme social continuano a dominare il mercato èaltrettanto vero che le aziende sistanno accorgendo della necessità di svincolarsi dalle regole spesso penalizzanti dei loro algoritmi». Ma per funzionare un blog deve essere autentico. E deve verticalizzare, intercettando community. «Il futuro è caratterizzato da una verticalizzazione sempre maggiore. Guide, articoli d’aiuto e contenuti d’intrattenimento si sono resi portavoce dell’autorevolezza e dell’affidabilità aziendale agli occhi del cliente», precisa Vignali.
Occorre surfare nella contemporaneità, evitando l’autoreferenzialità. e è convinto Scandellari: «L’errore classico consiste in una comunicazione fredda da ufficio stampa. I contenuti del blog devono essere utili e caldi, firmati con il nome e il volto dell’autore».