Dopo l’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega e la rete di finanziamenti delle organizzazioni ultracristiane, Report ha posto la propria lente di ingrandimento sul mondo social della destra italiana.
Dall’inchiesta è emerso un quadro fortemente articolato e complesso, che vede attivi diversi attori, ed è caratterizzato da più fattori che si intrecciano in modo quasi impercettibile a un occhio non esperto.
La diffusione delle fake news attraverso pagine modificate
Ma a chiunque frequenti i social network da diversi anni (in particolare Facebook) sarà capitato almeno una volta nella propria “vita digitale” di vedere pagine a cui aveva espresso la propria preferenza cambiare radicalmente nome, passando da temi leggeri come il calcio, la moda, il gossip, a seguire delle pagine o a far parte di gruppi dai connotati chiaramente politici, ma non ufficiali, e che dispensano spesso fake news.
Ed è nel tentativo di risalire agli account che diffondono tali contenuti falsi in modo sistemico e coordinato che Report ha intercettato alcuni gruppi e pagine che, dopo aver fatto incetta di membri e/o follower, hanno cambiato la propria denominazione, diventando pagine di amplificazione di contenuti filo leghisti o filo M5s.
Tuttavia, a ridosso del voto delle Europee 2019, molte pagine che diffondevano contenuti falsi sono state rimosse dalla piattaforma di Zuckerberg. Nessuna delle pagine chiuse presentava collegamenti ufficiali o diretti con la Lega che, così come altri partiti, ufficialmente usa il sistema delle sponsorizzazioni.
Il costo delle sponsorizzazioni politiche su Facebook
Tutti i politici, infatti, per raggiungere un maggior numero di persone, pagano Facebook per creare dei contenuti sponsorizzati. Renzi, per esempio, nell’ultimo anno ha speso 56.632 euro e sponsorizza quasi ogni giorno tutti i post che pubblica sulla piattaforma social, scegliendo la fascia d’età degli utenti target del messaggio e la loro regione di residenza.
E se Di Maio quest’anno ha speso 0 euro in inserzioni, il Movimento Cinque Stelle ha investito quasi 50mila euro, anche se la maggior parte delle sponsorizzazioni si sono concentrate nel periodo antecedente alle elezioni Europee.
Ma il più attivo è Matteo Salvini che, dall’inizio del 2019, ha speso 140.000 euro in inserzioni. Tuttavia il leader della Lega, a differenza di tutti gli altri politici, è l’unico a scegliere di amplificare e utilizzare come target anche gli utenti con meno di 18 anni.
Inoltre Salvini investe spesso in inserzioni per accrescere la diffusione di notizie di cronaca relative a migranti, indirizzando – anche in questi casi – il target verso i giovani tra i 13 e i 17 anni.
I “sock puppets” e l’amplificazione dei contenuti
Tra gli strumenti utili a oliare al meglio la diffusione dei contenuti sui social (indipendentemente dalla loro veridicità e fondatezza o meno), vi sono poi i cosiddetti sock puppets, ossia degli account che sembrano reali ma non lo sono, e vengono gestiti contemporaneamente attraverso software specifici che con un semplice click permettono di diffondere contenuti affinché questi – ingannando gli algoritmi delle piattaforme – risultino avere maggiore rilevanza e, di conseguenza, visibilità.
In questo modo si alimenta quindi l’attenzione del pubblico, che incrocia inconsapevolmente un determinato tipo di contenuto ritenendolo pubblicato da un utente reale, ma così non è.
Tra i casi riportati vi è quello di Francesca Totolo, collaboratrice de Il Primato Nazionale, e che spesso si è resa protagonista di diffusione di notizie false e contro i migranti, che risulta possedere un “account trigger” (grilletto, ndr).
Ogni volta che pubblica un contenuto su Twitter, infatti, le ricondivisioni sono immediate e i messaggi che veicola si diffondono a grande velocità, come se si attivasse un meccanismo di ricondivisione del contenuto in modo forzato attraverso bot o account fake.
I bot e l’automatizzazione dei contenuti
Un ulteriore strumento utile all’amplificazione di taluni contenuti sarebbero poi i bot, dei profili falsi programmati per scrivere contenuti con un determinato taglio e/o per diffondere questi contenuti.
Spesso, come conferma Andrea Bruno, programmatore informatico e creatore di bot, la creazione di contenuti falsi che polarizzino il pubblico è molto più semplice del previsto.
In alcuni casi è sufficiente un fotomontaggio con un’affermazione falsa e fuorviante per riuscire a inserire nel circuito vere e proprie fake news, che polarizzano ulteriormente gli utenti della rete.
Chi paga tutti questi strumenti social?
Nell’inchiesta Report si è principalmente focalizzata sulla cosiddetta “Bestia” di Luca Morisi, il creatore della “perfetta” macchina social di Matteo Salvini.
Morisi infatti gestisce uno staff di 35 esperti di digitale che monitorano Salvini 24 ore su 24 7 giorni su 7. Attraverso il monitoraggio delle conversazioni, tuttavia, lo staff di Morisi è in grado di intercettare le conversazioni che hanno maggiore rilevanza, a prescindere dal fatto che riguardino prettamente Salvini o la Lega.
Inoltre, grazie al monitoraggio in tempo reale sul sentiment della rete, lo staff di Morisi può adeguare o rettificare il messaggio condiviso a seconda delle opinioni prevalenti nelle conversazioni online.
Un caso eclatante è stato quello relativo al commento della vittoria di Mahmood al festival di Sanremo, inizialmente osteggiata da Salvini e poi, dopo l’analisi delle conversazioni sul tema, trasformatasi in favorevole all’artista milanese.
Ma da chi provengono i soldi che la Lega investe nei contenuti sponsorizzati? Già nel 2017 Report si era occupata del caso, e aveva scoperto che dal 2009 aveva incassato all’incirca un milione di euro da parte delle Asl in amministrazione leghista della Lombardia.
Sempre Report, nel giugno scorso, aveva ricostruito alcuni movimenti sospetti di denaro nelle casse della Lega. Dall’inchiesta era emerso che il Carroccio aveva versato 480mila euro di fondi pubblici alla cognata di Alberto Di Rubba, direttore amministrativo della Lega alla Camera, destinate ufficialmente alle attività del gruppo sui social network.
Tuttavia, la donna ufficialmente è una barista con un’attività nella provincia di Bergamo, e pochi giorni prima del versamento aveva aperto una società di comodo in cui far confluire la cifra.
Il contratto con la società di comodo è stato sospeso dopo alcuni mesi, ma una parte del versamento – secondo una fonte anonima intervistata da Report – è rientrato nelle casse della Lega, per essere destinato ad alcuni membri dello staff di Salvini, tra cui proprio lo stesso Morisi.
Lo strano caso degli stessi account di Giorgia Meloni, Trash Italiano e Francesca Michelin
Spostandosi invece all’analisi dei follower di Giorgia Meloni, nell’inchiesta di Report sono emersi alcuni dati curiosi, che farebbero intendere che molti dei “seguaci” della leader di Fratelli d’Italia siano profili falsi e, ipoteticamente, acquistati per alimentare il seguito digitale. Questi profili anomali risultano essere stati tutti creati nello stesso periodo e hanno la caratteristica comune di avere meno di 10 follower.
Ma la vera curiosità è che più di 237mila di account che seguivano Meloni, secondo il data analyst Alex Orlowsk, a maggio, erano gli stessi che seguivano l’account di Trash Italiano, un blog che crea e condivide gif e meme di spettacolo.
Migliaia di questi follower, inoltre, combaciavano con gli utenti che seguono il profilo della cantante Francesca Michielin che, lo scorso maggio, risultava avere il 34% dei follower in comune con la leader di Fratelli d’Italia.
E la domanda, in questo caso, sorge spontanea: com’è possibile che un numero così consistente di utenti, tutti creati nello steso periodo di tempo e tutti con meno di 10 follower, possano seguire account così distanti?
Giorgia Meloni ha negato di aver acquistato follower, Trash Italiano – in una mail inviata alla redazione di Report – ha negato di averne acquistati per alimentare il proprio seguito social, così come la cantante Francesca Michielin. Ma i dubbi persistono e, al momento, la risposta sembra essere ancora lontana.
La risposta di Giorgia Meloni al servizio di Report
La leader di Fratelli d’Italia, dopo la messa in onda del servizio di Report, ha rigettato tutte le presunte che emergerebbero dall’inchiesta. «#Report mi dedica un bambinesco servizio degno di un circolo terrapiattista: GOMBLOTTO sovranista, hacker cosacchi, bot e robot. Zero fatti, solo fango. Raccolgo i dati e faccio una conferenza per deridere questi “giornalisti di inchiesta, ci sarà da ridere», scrive Meloni su Twitter.