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Ve ne siete accorti anche voi e in tantissimi ci avete raccontato le vostre esperienze: i vestiti sono sempre più strimiziti. Nelle scorse settimane, noi di FqMagazine abbiamo analizzato il fenomeno, provando a spiegare perché questo accade e come sia possibile che le taglie riportate sui cartellini degli abiti si riferiscano a misure ormai sempre più arbitrarie. I brand, infatti, stabiliscono quanti centimetri assegnare ad ogni capo in base a precise strategie di marketing, un gioco pericoloso che ha pesanti effetti sulla psiche, in particolare degli adolescenti, nei quali può anche indurre patologie come disturbi alimentali, autolesionismo e depressione. Un ruolo cruciale, in questo sistema, è giocato dai social network, Instagram e TikTok in primis, dove i giovani non solo assorbono modelli e canoni estetici, ma vengono anche potentemente influenzati dai contenuti che l’algoritmo propone loro incessantemente. L’uso problematico di queste piattaforme può essere considerato, infatti, un fattore di rischio e precipitante del disturbo alimentare, in una fase delicata come la transizione adolescenziale. Per questo abbiamo deciso di dedicare un focus proprio alla relazione che intercorre tra social e disturbi alimentari, facendo, con l’aiuto della dottoressa Francesca Farina, psicologa e psicoterapeuta esperta in Disturbi del comportamento alimentare, il punto della situazione; e poi raccogliendo la testimonianza della dottoressa Margherita Magni, psicoterapeuta e responsabile clinico di Erika Associazione per la lotta ai disturbi del comportamento alimentare ODV, fondata nel 2000 da un gruppo di genitori di pazienti che hanno sofferto di un disturbo alimentare. L’Associazione opera in sinergia con la Struttura Complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica del Grande Ospedale Metropolitano di Niguarda ed affianca genitori e pazienti nel percorso terapeutico.

I RISCHI DEI SOCIAL

“La nostra esperienza clinica suggerisce che l’uso problematico avviene in primis attraverso l’accesso a siti che promuovono comportamenti alimentari scorretti e dannosi, diffondendo false informazioni e consigli che concorrono a sostenere di fatto il disturbo alimentare”, ci spiega la dottoressa Magni. Ma non solo: le ragazze ed i genitori che contattano l’Associazione provengono da tutta Italia, prevalentemente Milano ed Hinterland. “Molto spesso le ragazze ci parlano di accessi reiterati ai profili social di personaggi famosi o di pari al fine di confrontare taglie, forme e dimensioni corporee – ci dice la referente dell’Associazione -. A tal proposito recenti ricerche suggeriscono che i social che propongono prevalentemente immagini (a discapito dei contenuti verbali) siano particolarmente implicati come fattori di rischio nello sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare. Sono numerose le testimonianze di ragazze che fanno uso dei social media come mezzo per confrontarsi con i coetanei con un’incidenza negativa sull’autostima in evoluzione”.

D’altra parte, basta dare un’occhiata ai numeri di TikTok per accorgersi di come la metà dei suoi 800 milioni di utenti siano giovani tra i 16 e i 24 anni: “Sappiamo che i social media tendono ad influire sempre di più sulle scelte dei ragazzi”, ci conferma la dottoressa Farina. “Il consumo digitale nasce oggi all’interno della famiglia, il ragazzino non sta mai da solo e il digitale lo connette con il mondo da subito a prescindere dal corpo reale. Fin da quando si è bambini non c’è confine tra ciò che è privato e ciò che è pubblico, qualsiasi esperienza trova un suo senso peculiare quando comunicata. E’ importante quindi che gli attori dei social acquisiscono sempre più consapevolezza della loro responsabilità dal momento che influenzano chi li segue come se fossero nel qui ed ora”, sottolinea la psicologa e psicoterapeuta. “Credo però che sarebbe riduttivo considerare i social in sé oppure chi li abita come il problema. Un aspetto fondamentale oggi è che anche gli adulti di riferimento si sentano sempre più competenti e si legittimino quindi a chiedere, interessarsi alla vita virtuale che oggi è tanto se non più vera della reale”. Per questo, chiosa la dottoressa, “fondamentale non è tanto semplicemente limitare l’esperienza virtuale quanto creare alternative, sviluppare senso critico e aiutare a trasformare le crisi in opportunità”.

GLI EFFETTI DEI MODELLI IMPOSTI DA VIP E INFLUENCER

“Un tema che accomuna il disturbo alimentare è quello legato al fatto che la mente deve avere un controllo sul corpo, se poi a questo si aggiungono i vissuti prestazionali fino al mito della perfezione, possiamo osservare come il cibo possa diventare uno strumento per raggiungere i propri obiettivi”, analizza la dottoressa Farina inquadrando il fenomeno. “Spesso incontriamo ex bambini perfetti, su di loro la trasformazione puberale può diventare realmente un problema ed il peso è l’unico elemento che possono controllare. Diventa quindi certamente importante osservare quali siano gli ideali di perfezione che vengono proposti a livello culturale e mediati poi dai social nella quotidianità dei ragazzi. Il rischio forte è che il confronto con i modelli proposti amplifichi la sensazione di non essere all’altezza. Questo può portare all’idea di nascondere o di sovraesporre il proprio corpo. Hanno un bisogno estremo dell’altro e spesso dipendono dallo sguardo dell’altro”, rileva Farina.

Tutto questo viene riscontrato quotidianamente nell’esperienza “sul campo” dell’Associazione Erika: “Tra i fattori di rischio e precipitanti un disturbo del comportamento alimentare ci sono, in una condizione di bassa autostima, il ricorso a diete, pressioni sociali ed emulazione di modelli esterni di magrezza e perfezionismo. Spesso le ragazze che soffrono di un disturbo alimentare quando si guardano allo specchio tendono a focalizzarsi su un dettaglio del proprio corpo, perdendo di vista lo sguardo complessivo sulla propria immagine e sulla propria persona nel complesso. Questa modalità rende il loro rapporto con lo specchio molto difficile”, riferisce la dottoressa Magni. “Le ragazze che incontriamo ci parlano di frequenti e spesso lunghi accessi ai social in cui l’attenzione è portata a comparare le loro forme corporee con quelle dei loro pari o di personaggi famosi, attraverso foto e video. Sappiamo che rendere il corpo oggetto tramite immagini è correlato in letteratura ad una peggiore percezione della propria immagine corporea ed è un fattore favorente la distorsione dell’immagine corporea tanto più che i confronti sono spesso focalizzati su parti ristrette del proprio corpo”. Per questo Associazione Erika da due anni, in collaborazione con Ri-scatti Onlus, ha intrapreso un progetto di fotografia, un laboratorio rivolto alle pazienti in cura presso il Centro per la cura dei disturbi alimentari del Niguarda: “Così le ragazze vengono informate e sollecitate a pensare attivamente al funzionamento di internet e dei social network. Viene mostrato loro come molte fotografie possano essere modificate/ritoccate alterandone il senso e l’autenticità e vengono guidate nel ritrovare il senso di una fotografia non più solo auto-osservativa ma relazionale e rappresentativa di pensieri, concetti ed emozioni”, ci racconta l’operatrice Simona Galli.

COSA SONO I DCA E COME SI RICONOSCONO

“Quella che fino a qualche decennio fa era una sindrome rara ora è molto cambiata sia nella forma che nelle dimensioni. Molti fattori hanno contribuito a modificare le caratteristiche del disturbo alimentare, molti sono gli stessi che stanno modificando la concezione stessa dell’adolescenza”, analizza la dottoressa Farina. “Un’alimentazione disfunzionale può essere un problema temporaneo il cui significato varia a seconda delle sue caratteristiche e del momento in cui si presenta. Quando però assume un tratto stabile nel tempo e si associa ad una modificazione del funzionamento generale (sociale, scolastico, familiare) è possibile che si definisca un vero e proprio disturbo alimentare”. I più diffusi Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge-eating disorder, BED): l’incidenza dell’anoressia nervosa è stimata essere di almeno 8 nuovi casi per 100.000 donne in un anno, mentre quella della bulimia nervosa è di almeno 12 nuovi casi per 100.000 donne in un anno. “In Italia, sia per l’anoressia, sia per la bulimia nervosa la fascia di età per l’esordio è 15 – 19 anni, con una tendenza negli ultimi anni ad un esordio sempre più precoce che può associarsi ad un rischio elevato di danni permanenti – sottolinea la dottoressa -, soprattutto perché i tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale”. Circa nell’80% dei casi la guarigione è stabile con o senza sintomi residui sottosoglia. Nella percentuale restante dei casi può instaurarsi una progressione del disturbo che porta ad un quadro di ridotto funzionamento relazionale, scolastico e lavorativo oltre a frequente persistenza di disturbi psichici (ad esempio di tipo ansioso e depressivo).

Una problematica che è stata ulteriormente amplificata dalla pandemia di Covid e dalle inedite misure di contenimento del virus: “Ragazzi sempre più giovani hanno iniziato ad attuare condotte alimentari disfunzionali spesso senza che i genitori siano riusciti ad intercettare il disagio prima che diventasse sintomo di una problematica più seria“. Le richieste di primi contatti presso i servizi specialistici per disturbi alimentari sono incrementati, come documentato dall’Istituto Superiore di Sanità, con un allungamento delle liste d’attesa: per questo Associazione Erika ha attivato dal 2021 il progetto Terra di Mezzo per supportare le famiglie dei pazienti in lista d’attesa per ricovero presso il reparto di Dietetica e Nutrizione clinica dell’Ospedale Niguarda. “Sappiamo infatti quanto la condizione di essere in lista d’attesa sia difficile per i genitori e per la famiglia nel complesso, con vissuti di impotenza ed angoscia”, sottolinea la dottoressa Magni.

IL RUOLO DELLE SCUOLE E DEI GENITORI

Famiglia e scuola, se informati, possono avere un ruolo attivo e chiave nell’individuazione precoce dei segnali di un disturbo del comportamento alimentare e per una precoce presa in carico: lo Sa bene l’Associazione Erika, che nel biennio 2000-2022 ha coinvolto nei suoi gruppi psicoeducativi più di 200 genitori. “Il coinvolgimento della famiglia nelle cure del disturbo alimentare dell’adolescente o giovane adulto è fondamentale – ci dice la responsabile clinica dell’Associazione -. La famiglia è importante nel favorire l’accesso e la continuità delle cure dell’adolescente con un problema alimentare ed ha anche un ruolo nel mantenimento/remissione dei sintomi alimentari”. E la dottoressa Farina aggiunge: “L’occuparsi dei disturbi alimentari nei giovanissimi oggi non può prescindere dall’occuparsi della trasformazione che vivono i ragazzini quando smettono di essere bambini. Diventa importante che i genitori prestino attenzione agli strumenti che i ragazzi hanno per far fronte ai cambiamenti, agli imprevisti, alle mode ma anche ai fallimenti o comunque all’imperfezione”.

Cruciale anche l’ambito scolastico: “Pensiamo che l’approccio ai disturbi alimentari debba essere necessariamente multidisciplinare, coinvolgendo i centri specialistici ma anche coinvolgendo diversi attori in ambito sia di sanità pubblica sia nel settore sportivo e soprattutto scolastico“, ci dice ancora la dottoressa Magni. “La scuola infatti oltre a consentire l’integrazione e la socialità tra i giovani pensiamo possa avere un ruolo centrale anche nel riconoscimento dei primi segnali di comparsa di un disturbo alimentare. È importante che genitori e insegnanti siano messi nelle condizioni di riconoscere i primi segnali di un disturbo alimentare e possano fare riferimento all’interno della scuola ad uno psicologo scolastico che possa orientare i genitori e l’adolescente ad un centro specialistico sul territorio. Sappiamo infatti che quanto prima si accede alle cure tanto migliore sarà la prognosi, in termini di minor probabilità che si instaurino quei fattori biologici, cognitivi e relazionali che tendono a rendere il disturbo difficile da modificare”.

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