Parla l’uomo che ha trasformato la rete nel fattore vincente delle ultime elezioni presidenziali americane
Il giorno in cui Harper Reed ha messo piede nel quartier generale di Obama for America, il grande capo della campagna elettorale Jim Messina lo ha accolto dicendo: “Ben venuto nel Team, non mandare tutto al diavolo!”. Così, con un mesaggio di benvenuto perfetto per un giocoliere con la passione per il death metal, cominciata l’avventura del 34enne chief technology officer per la rielezione del presidente degli Stati Uniti d’America. Nato in Colorado, cresciuto senza tv tra libri di sci-fi e birilli, Reed i definisce con orgoglio un nerd. Prima di dirigere la più grande operazione di data mining della storia al servizio del presidente Obama, questo ragazzone con i piercing e gli occhiali da hipster, che sul suo sito (harperreed.org) si definisce come “l’uomo più cool del mondo”, ha collezionato decine di progetti innovativi: da Treadless comunity dove utenti e designer producono insieme T-shirt a edizione limitata, a Proximity Checking, un’App di geo localizzazione pensata per “migliorare” Foursquare, passando per Ct Alerts, un database personalizzato di tutti gli orari dei trasporti pubblici di Chicago (nato per facilitare la mobilità urbana della sua fidanzata Hiromi). Quando si è trattato di scegliere il nome giusto di Obama, Micheal Slaby, chief innovation officer della campagna elettorale, non ha avuto dubbi: il nome era quello di Herper Reed. Lo abbiamo raggiunto al telefono alla fine di una vacanza con la famiglia: un settimana detocs tecnologico per riprendersi dai 583 giorni di iper connessione della campagna elettorale.
Com’è andata?
”stare offline è più difficile da immaginare che da fare… sono stato benissimo senza ricevere continue sollecitazioni dall’estero. Ho letto, passeggiando, pensato, ascoltato: attività che avevo un po’ messo da parte negli ultimi tempi”.
La mail con cui ti proponevano di unirti al team di Obama diceva: “Non verrai pagato tanto e l’orario di lavoro è massacrante”. È stato davvero così?
“il lavoro è stato duro: 7 giorni su 7, disponibilità 24 su 24. Ma non mi sono mai sentito un prigioniero avevo scelto di mettere in stand by la mia vita per la campagna elettorale. Certo, il livello di stresso era alto ma non ho mai avuto un giorno in cui mi sono pentito di aver accettato. Credo che dipendesse dal fatto di lavorare con un team di professionisti straordinari per un obbiettivo nobile: la rielezione di Obama. Mi sono completamente identificato con il mio gruppo: non esistevano gerarchie, differenze, tensioni. E non perché molti di noi avessero già collaborato, è stato questo specifico lavoro a renderci una squadra perfetta”.
Una start up elettorale?
“in parte si: eravamo tutti professionisti della tecnologia e l’ambiente era estremamente stimolante. Ma gli errori e gli stop- and- go tipici di una start up erano vietati: non potevi sbagliare”
Puoi spiegare in cosa consiste il progetto Narwhal? E il tuo ruolo?
“Narwhal è il sistema che h connesso le app designate per la campagna, le informazioni provenienti da BarakObama.com e da Dashboard- la piattaforma per il 700mila volontari- con i conseguenti flussi di dati. Di questo enorme database il 99% era ospitato sugli Amazon Web Service. Per darvi un idea solo le app erano 200 e il call tool, lo strumento per fare le telefonate gratuite via web, negli ultimi 4 giorni di campagna elettorale è stato usato da 7mila volontari per 2milioni di chiamate. Affidate al cloud un tesoro del genere 4 anni fa era impensabile. Solo uno staff “smart” come quello di Obama poteva assumersi il rischio ed evitare cosi di fare ricorso a service e licenze di software. Io ero responsabile dell’efficienza del progetto, dovevo fare in modo che tutto funzionasse: dalla nuvola alle singole app. non ho inventato io il call tool ma lo ho adattato perché si adeguasse alle esigenze dei singoli volontari”.
La scelta di utilizzare strumenti open source come il sistema operativo Linux ha permesso a Obama di spendere in tecnologia meno della metà di Mitt Romney: 11,3 milioni di dollari. Non avevi paura che il sistema potesse crashare da un momento all’altro?
“Tra giugno e novembre 2012 in effetti, è andato giù diverse volte. Il 22 ottobre ho davvero tremato … il giorno prima c’era stata una “prova apocalittica” elaborata dal team DevOps per stressare il più possibile Narwhal: il sistema è collassato per mezza giornata ma siamo sopravvissuti. Pensa che la settimana dopo è arrivato l’uragano Sandy. Senza quei test probabilmente ci avrebbe travolto”
Test è stato la parola d’ordine del vostro progetto. Solo la pagina per le donazioni è stata testa 240 volte. L’elettorato veniva contattato una volta ogni 3 settimane, negli ultimi due mesi addirittura 2 volta a settimana: perché?
“Abbiamo scelto un modello veramente dinamico di micro-targeting (tecnica che permette di personalizzare messaggi su un gruppo molto profilato, ndr) è utilizzato variabili multiple per valutare le oscillazioni elettorali dei gruppi; tra queste, il tempo e l’idea che alcuni elettori possono cambiare idea anche in bravi intervalli di tempo”
Hai dichiarato che “non esistono gli elettori, gli utenti e i cittadini” ma che ogni elettore è diverso dall’altro e che solo con questa consapevolezza si e riesce a intercettarlo. Come si traduce concretamente questa affermazione?
“Ti faccio due esempi. Sapevamo che il 25% de traffico on line degli elettori di Obama 2008 veniva da connessione mobile per formare questa percentuale di elettori in possibili donatori abbiamo creato un’applicazione che ha avuto 1,5 milioni di download e raccolto 115 milioni di dollari. In oltre, metà degli elettori che volevano conquistare- quelli tra i 18 e i 29 anni- non erano reperibili al telefono ma l’85% di loro era amico di Obama su Facebook. Dunque abbiamo trasformato Facebook da piatta forma di promozione a piattaforma di targeting: lì 600 mila persone hanno racimolato 5 milioni di voti. In generale i social media hanno avuto un grande ruolo: il presidente ha 34 milioni di fan sulla sua pagina personale Facebook e 24 milioni di Follower su Twitter. Un bacino incredibile di informazioni i Facebook e i Twitter blaster ci hanno permesso d mandare milioni di messaggi personalizzati agli utenti, puntando sugli influencer. Nella fase finale della campagna è partito un programma che individuava i simpatizzanti indecisi e chiedeva con un messaggio privato agli “amici” di convincerli”.
Come si conciliano la raccolta e l’analisi di miliardi di dati con la tutela della privacy?
“è vero. Abbiamo fatto un uso massiccio di dati tutta via le informazioni sono state fornite dagli stessi cittadini che si registravano alle nostre piattaforme o scaricavano le nostre app. Esiste un problema di trasparenza legato al data mining ma più che preoccuparmi dell’utilizzo che viene fatto in campagna elettorale, mi concentrerei su colossi come Facebook che mettono le informazioni dagli utenti al servizio del marketing delle aziende. Due genitori di Minneapolis hanno scoperto che la figlia adolescente era in cinta perché hanno ricevuto a casa dei buoni per l’acquisto di abbigliamento Prè-maman… a spedire i buoni di acquisto erano stati i grandi magazzini Target: il loro statistico Handrew Pole era riuscito a creare un modello per prevedere le gravidanze. Sono questi gli aneddoti che mi preoccupano”.
Che progetti hai ora?
“Con Dylan Richard, director of engineering di Obama for America, stiamo lavorando a un progetto che aiuterà le aziende a rendere i loro business più veloci ed efficienti”.
Riprenderai anche la tua passione per la giocoleria?
“Per sei anni ho atto parte del collettivo Jugglers against Homophobia (“giocolieri contro l’omofobia). Ora mi cimento raramente cin i birilli, e solo per gli amici, comunque tanti ingegneri amano la giocoleria. Non so perché ma è decisamente una cosa nerd…”
Nel 2013 ti definisci ancora un nerd?
“Certo…! Sono cresciuto parlando di matematica, informatica, scrivendo codici e giocando ai videogiochi. Parte della mia identità è costituita dalla cultura nerd, mi piacciono le cose nerd, tipo i memi, i videogiochi… ed è così bello sapere che ci sono persone che apprezzano esattamente le stesse cose che ami tu. Siamo una comunità, una parte di scuola superiore che ti porti sempre dietro”.