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L’Unione europea mina alla base il modello di business che ha reso Meta una delle aziende più ricche al mondo. Il primo novembre l‘European Data Protection Board – ente indipendente che si occupa di monitorare l’applicazione corretta del Grpr, la legge sulla privacy entrata in vigore nel 2018 – ha vietato al colosso fondato da Mark Zuckerberg l’utilizzo dei dati personali degli utenti raccolti su Facebook e Instagram per veicolare sulle piattaforme stesse pubblicità mirata. Cosa significa? Gli algoritmi dei due social – così come di tutti gli altri in realtà – sono programmati per memorizzare ogni azione che compiamo in bacheca. Ogni post, like, condivisione, ma anche ogni visualizzazione, click, il tempo speso a guardare ciascun contenuto, il modo in cui il nostro dito si muove sullo schermo: tutto ciò che facciamo mentre stiamo sui social viene analizzato e sfruttato non solo per capire i nostri comportamenti e i nostri interessi così da poter creare enormi indagini di mercato da vendere alle aziende, ma anche per costruire una quasi perfetta bacheca pubblicitaria targhettizzata sul singolo utente. Questa parte è quella che stona alle autorità dell’Unione europea ma è anche quella che rappresenta una buona parte degli introiti della società. 

La decisione dell’European Data Protection Board viene da una precedente questione nata in Norvegia, dove il 14 agosto le autorità per la privacy hanno già sanzionato Meta per un milione di Corone (circa 850mila euro) per non chiedere agli utenti un adeguato consenso a sfruttare i loro dati personali per la pubblicità mirata. Non basta: secondo l’Edpb ciò che anno osservato nel Paese Scandinavo deve essere ampliato all’intera Unione europea. E la decisione presa viene descritta come «urgente» e «vincolante». Entro due settimane verranno adottate misure definitive nei confronti di Meta per imporre il divieto in tutto lo spazio economico europeo: a notificare la società ci penserà la Commissione per la Protezione dei Dati irlandese (Meta, in Europea, ha sede in Irlanda) e il divieto diventerà effettivo una settimana dopo. 

Dall’altra parte Meta non è rimasta in silenzio. Ha fatto notare alle autorità europee quanto si sia impegnata a cooperare e ribatte che la decisione «ignora in modo ingiustificato l’attento e robusto processo di regolamentazione». Si riferiscono in particolare all’annuncio del lancio di un abbonamento a pagamento per Instagram e Facebook. Per 9,99 euro al mese (su Pc) o 12,99 euro al mese (su smartphone) gli utenti potranno avere accesso alle piattaforme senza annunci pubblicitari personalizzati. Nell’annuncio era specificato che la decisione è stata presa proprio «per conformarsi alle normative europee in evoluzione». Dalla Norvegia, nella persona di Tobias Judin, a capo dell’autorità per la protezione dei dati, ribattono però che la proposta non incontra gli standard europei. Il consenso per l’utilizzo dei dati deve essere dato liberamente, e non è giusto mettere gli utenti davanti alla scelta di cedere i propri dati o pagare una «sanzione» per non averli dati nella forma di un abbonamento.

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