Crescono i follower ma le interazioni sono in netta diminuzione. E allora lo staff del vicepremier leghista corre ai ripari aumentando la frequenza dei post: ecco come la “Bestia” si sta indebolendo
La Bestia di Salvini si atteggia da bullo ma si sta indebolendo come un cucciolo. Se da una parte il leader leghista e il suo team social nei salotti televisivi e sulla stampa sono portati ad esempio come vero e proprio modello di promozione politica vincente, dall’altra, negli ambienti del settore digitale, aleggia da mesi qualche dubbio: siamo davvero di fronte ad una squadra di invincibili guru della comunicazione web?
I primi segnali che qualcosa di strano stesse accadendo nelle retrovie social della Lega erano evidenti già da qualche tempo: adozioni di strategie funzionali effettuate con un leggero ritardo rispetto ai competitor, cambi di stile sperimentali, post ai limiti del grottesco o eccessivamente provocatori costruiti con l’unico intento di far polemica (come le sempre più presenti citazioni evocanti il Ventennio) erano solo alcune delle prime avvisaglie di una strategia in crisi d’identità.
I numeri, a ben vederli, sono tuttavia ben più spietati delle ipotesi: scordatevi quanto letto e scritto fino ad adesso sulla presunta invincibilità della squadra social del vicepresidente del Consiglio leghista perché i segnali di cedimento lassù, sulla pagina Facebook del Capitano, sono evidenti e incontrovertibili.
Secondo i risultati forniti da Crowd Tangle, azienda di analisi dati social comprata da Facebook nel 2016, Matteo Salvini perde infatti vertiginosamente quota nonostante solo pochi mesi fa abbia raggiunto l’impressionante risultato dei tre milioni di follower.
La pagina cresce ma non vuol dire che vada tutto bene
Se da un lato crescono i follower, dall’altro diminuiscono le interazioni sulla pagina, elemento che gli esperti usano per interpretare il riscontro nella produzione di contenuti. Se a giugno il Capitano registrava ben 17 milioni e 298mila azioni sui propri post, a novembre, dopo una costante discesa negli ultimi cinque mesi, il leader della Lega si è fermato ad un “ben più modesto” 8 milioni e 876mila. Una riduzione di interazioni pari ad un pesantissimo 51 per cento.
E non è finita qui. A giugno interagivano con il post del Capitano l’1,96 per cento dei suoi follower, oggi solo lo 0,67 per cento. Meno della metà e lo stesso fenomeno, con grandezze simili, si registra sull’account Twitter, dove il Ministro ha registrato un calo di interesse a post che va dal 0,47 per cento di giugno allo 0,24 per cento di novembre.
Il team social di Salvini lo sa e forse non sa più che pesci pigliare
In questi due mesi la strategia social è cambiata: dietro alle fotografie di piatti di pasta, pescherie, bagni di folla, gattini e citazioni provocatorie potrebbe esserci infatti un tentativo disperato di rianimare il giochino, con scarsissimi risultati. Lo si potrebbe dedurre anche dall’incremento di oltre il 30 per cento di post giornalieri della pagina Facebook del Capitano: sempre secondo i dati estrapolati da Crowd Tange, prima di ottobre i contenuti mensili erano mediamente circa trecento, da due mesi a questa parte – in concomitanza con la nuova fase di storytelling personale del Ministro – sono aumentati sforando i quattrocento.
Più contenuti sì, ma che non arrestano l’emorragia di interazioni. Un’erosione giornaliera che pare non fermarsi nemmeno a dicembre mese in cui, visto l’andazzo, non ci si stupirebbe se dal canale di comunicazione di quello che è un ministro della Repubblica venisse pubblicato un sondaggio che divida gli italiani fra panettonisti e pandoristi.
La Bestia si è nutrita per anni del malessere degli italiani e fino al 4 marzo il meccanismo pare abbia funzionato abbastanza bene. Dalla firma del contratto di Governo tuttavia la bacheca del leader leghista ha dovuto diversificare i propri contenuti, non potendosi più permettere di limitare la strategia ad una somministrazione quotidiana di qualche dose d’odio.
Essere in grado di cambiare rotta in corsa non è facile e Luca Morisi e compagni stanno sicuramente soffrendo per la loro stessa incapacità di rinnovare il prodotto che per anni li ha elevati a maestri della comunicazione. Forse non erano “i guru dei social” che ci hanno raccontato, forse hanno solo avuto la fortuna di potersi impadronire di contenuti colmi di rabbia, di averlo potuto fare al momento giusto e con il politico giusto. Ma purtroppo per loro su Facebook così come in politica la rabbia non si può di certo annoverare fra gli elementi a lunga conservazione. Ce lo dicono i numeri.