Che cos’è la certificazione di parità di genere?
Un’opportunità per le aziende che decidono di puntare su uguaglianza e inclusione. Ma quali sono i parametri di riferimento?
Un’opportunità per le aziende che decidono di puntare su uguaglianza e inclusione. Ma quali sono i parametri di riferimento?
La certificazione di parità di genere è un processo di certificazione per le aziende virtuose che decidono di investire sulla propria cultura organizzativa uniformandola ai valori della parità, diversità e inclusione, attraverso un piano strategico studiato per eliminare i bias di genere. Intraprendere questo percorso vuol dire sottoscrivere un impegno concreto, comunicandolo sia all’interno che all’esterno, e usufruire di incentivi fiscali, premialità nella partecipazione ai bandi pubblici e sgravi contributivi.
Recentissima novità, i datori di lavoro del settore privato che conseguano la certificazione della parità di genere, potranno usufruire dello sgravio contributivo dell’1%, per un massimo di 50.000 euro annui. La domanda di riconoscimento dello sgravio si presenta all’Inps e se i fondi non sono sufficienti, lo sgravio è proporzionalmente ridotto a tutti i beneficiari. A dirlo è un comunicato del 28 novembre del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che ha reso noto il decreto 20 ottobre 2022 di attuazione della legge 5 novembre 2021, n. 162 (art.5).
Il provvedimento prevede inoltre che, in attuazione dell’articolo 1, comma 138, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, ulteriori interventi finalizzati alla promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro siano realizzati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP) e in accordo con il Dipartimento per le Pari Opportunità che ne assicurerà la coerenza rispetto al Piano strategico nazionale per la parità di genere.Un ulteriore input dall’alto per spingere le imprese a investire nella certificazione di parità per ridurre il gender gap, a incentivare attraverso azioni concrete la presenza femminile nel mercato del lavoro, a garantire parità nel trattamento salariale a parità di mansioni, tutelare la genitorialità, offrire opportunità di crescita alle donne e una maggiore presenza negli incarichi esecutivi, con potere di rappresentanza e di spesa.
Istituita con il nuovo art. 46-bis, a partire dal 1° gennaio 2022, la certificazione di parità di genere è 1 delle 3 importanti novità previste dalla Legge 5 novembre 2021, n. 162, entrata in vigore il 3 dicembre 2021 modificando il Codice Pari Opportunità (Dlgs 198/2006), insieme al concetto più esteso di discriminazione e un rapporto più dettagliato sulla situazione del personale (obbligatorio per tutte le aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti, che dovrà riportare anche le retribuzioni e i premi riconosciuti ai lavoratori dei due sessi).
In coerenza con la Missione 5 Inclusione e Coesione del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), con l’introduzione del Sistema di Certificazione di Parità si è puntato il focus sulla necessità di modificare la cultura organizzativa delle imprese, su base volontaria, superando il concetto di obbligatorietà e incentivando le aziende, di qualsiasi dimensione (quotate, medie, piccole), a intraprendere questo nuovo percorso virtuoso, attraverso vari meccanismi premiali. Con il PNRR sono stati stanziati 10 milioni per la certificazione di parità di genere di cui 5,5 destinati a coprire i costi di certificazione delle imprese (12.500 al massimo per ciascuna) e 2.500 per i servizi di assistenza tecnica.
Il 16 marzo 2022 è stata pubblicata la Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, contenente le “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni” e che individua 6 Aree da monitorare: Cultura e Strategia, Governance, processi HR, Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, Equità remunerativa per genere, Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
Per ognuna è assegnato uno specifico peso percentuale, per un totale di 100. Con riferimento a ciascuna area vengono identificati degli specifici KPI qualitativi e quantitativi, per un totale di 33, applicabili secondo criteri proporzionali in base alle dimensioni dell’azienda. Per poter ottenere la certificazione bisogna raggiungere un punteggio minimo del 60%. La certificazione può essere rilasciata solo dagli organismi accreditati ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008. Questi organismi sono accreditati in Italia da Accredia. Il certificato ha una validità di 3 anni ma sono previsti degli step intermedi annuali di verifica.
Il processo di certificazione di parità di genere è diventato pienamente operativo con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 152/2022 che definisce i parametri per il conseguimento della certificazione della parità di genere confermando in sostanza quanto indicato dalla UNI/PdR 125:2022, gettando le fondamenta per la costruzione di una reale dimensione sistemica in cui centrale è il ruolo delle donne nella ripresa economica post-Covid (She-covery).
In tale contesto vincono e sono maggiormente competitive le organizzazioni in grado di comunicare il proprio impegno in parità, il Sistema di certificazione di parità riconosce grande importanza alla corretta e inclusiva comunicazione di Parità, sia interna (verso i dipendenti) che esterna (verso gli stakeholder e l’opinione pubblica).
Se è vero che 162 e 125, verranno ricordati come i numeri della svolta (entro giugno 2026 si stimano 800 piccole e medie imprese certificate e 1.000 aziende che riceveranno le agevolazioni) è anche vero che abbiamo ancora tanto lavoro da fare per accelerare il cambiamento.
132 anni è il tempo stimato su scala globale per colmare il gap di genere, in base al Global Gender Report 2022 del World Economic Forum. Dei 146 Paesi messi a confronto nessuno ha ancora raggiunto la piena parità. L’Italia risulta 63°, mantenendo la stessa posizione della classifica 2021, dopo Uganda (61°) e Zambia (62°), con un tempo stimato per il superamento effettivo dei gap di 150 anni.
Ruth Bader Ginsburg, per 13 anni giudice della Corte d’Appello e per 27 anni giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, diceva che il cambiamento duraturo è quello che si ottiene a piccoli passi, step by step, ma è anche vero che è oggi il momento di accelerare quel cambiamento che le donne hanno atteso per molto tempo e per cui hanno a lungo lavorato. Non possiamo tirarci indietro.