Le aziende, anche le più ben intenzionate, si chiedono sovente se essere sostenibili sia per loro, oltre che un impegno etico anche un vantaggio competitivo. Si pongono, infatti, il problema di quali costi debbano affrontare per la sostenibilità, a fronte di quali vantaggi, e se il bilancio complessivo possa essere considerato per l’azienda positivo, in pareggio o almeno con un costo sopportabile.
Sviluppando il tema dell’eventuale convenienza per le imprese della sostenibilità, terrò conto degli ampi studi e delle riflessioni strutturate dal prof. Leonardo Becchetti, presidente del Comitato Scientifico di NeXt.
Nel perseguire la sostenibilità, le aziende debbono tener conto di tre aspetti, di seguito sinteticamente accennati.
La sostenibilità economica, è indispensabile per salvaguardare investimenti, innovazione e occupazione, e chiede all’impresa di essere profittevole generando un valore aggiunto complessivo, evitando però di “fare risultato” esternalizzando i costi.
Perseguire la sostenibilità sociale richiede all’azienda un impegno molto ampio ed articolato, che affronti molti temi, tra cui l’equità ed il rispetto nei comportamenti aziendali; l’empowerment dei collaboratori e dei fornitori; l’accessibilità alle informazioni per i dipendenti, i collaboratori e i clienti; il rispetto delle diversità culturali; la partecipazione e il coinvolgimento di tutti i portatori d’interesse; l’equità nella catena di fornitura; la stabilità istituzionale che consenta un dialogo costruttivo con tutti gli interlocutori.
La sostenibilità ambientale, superando la classica definizione data dal rapporto Bruntland nel 1987[1], viene sintetizzata da Gianfranco Bologna come l’imparare a vivere, in una prosperità equa e condivisa con tutti gli altri esseri umani, entro i limiti fisici e biologici dell’unico pianeta che abitiamo, la Terra[2]. Per l’impresa comporta, dunque, un impegno concreto di riduzione delle emissioni per cercare di evitare i cambiamenti climatici; il risparmio ed il riutilizzo delle risorse chiudendo il ciclo senza rifiuti; l’attenzione al proprio impatto, consapevole di utilizzare sovente un capitale naturale lentamente rigenerabile, per favorire il ripristino dei sistemi ecologici e la tutela della biodiversità. L’urgenza e la gravità degli effetti del comportamento umano su questo nostro unico pianeta impongono alle aziende una forte responsabilità.
Per ogni impresa la sostenibilità comporta impegni diversi, perché si declina specificamente secondo l’attività svolta ed i processi produttivi e le risorse utilizzate.
La sostenibilità viene spesso confusa dalle aziende con la filantropia, una via più comoda perché non comporta cambiamenti del business, che intende proseguire as usual. Per dare una risposta seria alle tre sostenibilità, all’azienda si richiede di assumersi un impegno reale e sincero di solidarietà responsabile, inserendo la sostenibilità ambientale e sociale all’interno delle strategie d’impresa attraverso la definizione di precisi obiettivi generali da perseguire con eguale impegno.
L’azienda sostenibile è peraltro innovativa, e traccia una strada che le altre aziende del settore dovranno poi seguire per non perdere quote di mercato, se saranno spinte dalla pressione dei clienti, dei cittadini e dell’azione pubblica.
Per divenire veramente sostenibile l’azienda deve realizzare un profondo cambiamento di focus: dice Becchetti[3] che, nell’azienda sostenibile, l’obiettivo della massimizzazione della ricchezza dell’azionista viene sostituito con la soddisfazione degli interessi di una più vasta platea di stakeholders, tra cui ovviamente anche gli azionisti.
Il dilemma concreto dell’imprenditore che vorrebbe essere sostenibile, perché desideroso di creare ricchezza, occupazione e innovazione senza ledere l’ambiente e pesare sul tessuto sociale, risiede nel quesito: “La mia impresa se si comporta in modo sostenibile diviene più, o invece meno, competitiva?” “Quale prezzo la mia impresa dovrà pagare e quali vantaggi avrà?” Che, nello specifico, si traduce in: “come imprenditore positivamente orientato verso la sostenibilità, tutta la sostenibilità, posso permettermi un comportamento responsabile verso l’ambiente e la società, senza mettere a rischio la sopravvivenza della mia impresa?”
Certamente la scelta della sostenibilità comporta per l’impresa aumenti di costo: la sostenibilità non è un free lunch. Gran parte delle scelte orientate alla sostenibilità comportano trasferimenti di reddito dall’azienda a diversi stakeholders come i lavoratori, i subfornitori e la comunità locale.
L’unica eccezione è che un sicuro risparmio deriva all’impresa sostenibile dai limiti al salario dei manager.
Vi è però una buona notizia: perseguire un percorso di sostenibilità implica, secondo gli studi e le analisi di diversi economisti, cinque tipologie di benefici potenziali, che sta all’impresa comprendere adeguatamente, valutare e saper cogliere.
La prima tipologia di benefici ha a che fare con un significativo effetto dell’impegno aziendale per la sostenibilità sulla produttività. La letteratura dell’efficiency wage[4]; ha riscontrato una relazione positiva tra i benefici non solo monetari e la produttività dei lavoratori, capovolgendo a volte il nesso tra salario e produttività. Fin dagli studi di Elton Mayo, è emerso che l’attenzione alle condizioni di lavoro e il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle persone, hanno generato una sorprendente crescita di produttività.
Gli studi sulle motivazioni intrinseche di Deci e Ryan[5], mostrano come i fattori che incidono sulla job satisfaction e quindi sulla produttività, sono sostanzialmente tre: la soddisfazione per l’importanza degli obiettivi della propria attività, la consapevolezza dei risultati effettivamente conseguiti e la qualità delle relazioni in azienda, ossia del clima nell’ambiente di lavoro.
Emerge quindi l’importanza dei “meccanismi asimmetrici di scambio di doni”[6]; una politica aziendale che aumenti l’adesione dei lavoratori agli obiettivi aziendali, può motivare il loro impegno produttivo rendendolo più efficace, e nello stesso tempo dare alla persona soddisfazione sul lavoro, il che è molto importante, considerata l’entità del tempo di vita impegnato sul lavoro.
Ed infatti Edmans documenta che negli Stati Uniti le imprese eccellenti in termini di soddisfazione dei lavoratori mostrano costantemente, dal 1984 al 2005, rispetto ai concorrenti, un rendimento anormale al netto della correzione dei fattori di rischio standard, superiore al 4%[7].
Dunque i maggiori costi potrebbero avere a fronte significativi vantaggi competitivi per l’azienda.
La seconda tipologia di benefici di una politica responsabile dell’impresa verso l’ambiente e la socialità risiede nel sostegno dei consumatori responsabili.
In Italia il 40% della popolazione ha acquistato un prodotto equo solidale almeno una volta all’anno, e il 20% lo acquista frequentemente (Demos & Pi / Coop, 2004). Inoltre in Italia il 30% dei cittadini è disposto a pagare qualcosa di più per le caratteristiche sociali e ambientali di un prodotto (IREF). Ma quasi tutti, ossia il 90% dei cittadini, ritengono che le imprese debbano farsi carico della responsabilità sociale e ambientale delle proprie scelte. E questa opinione si tradurrà probabilmente, nel caso di latitanza del sistema produttivo, in ulteriori vincoli nel prossimo futuro.
In UK (Bird and Hughes, 1997) il 23% è di consumatori etici e il 56% di semi etici. Il 18% è disposto a pagare di più per le caratteristiche sostenibili di un prodotto.
La disponibilità complessiva a preferire prodotti di aziende sostenibili varia dal 40 % (se la differenza prezzo è del 10%) a 70% (senza differenziale prezzo).
Questo potenziale beneficio consente all’azienda di costruire segmenti dedicati per i prodotti sostenibili, con barriere verso i concorrenti e dunque di perseguire una strategia di differenziazione fondata sul riconoscimento del valore ambientale e sociale dell’acquisto. Solitamente questi nuovi segmenti sono costituiti da consumatori più sensibili, più affluenti, ma soprattutto in costante crescita anche in questi anni di crisi economica, che vengono sottratti al più grande mercato.
La terza tipologia di benefici per un’azienda sostenibile consiste nella riduzione dei conflitti.
Infatti, la percezione da parte degli interlocutori di trovarsi di fronte un’azienda disposa ad un dialogo serio, aiuta a minimizzare i conflitti (o a ottimizzare le sinergie) con gli stakeholders, siano essi consumatori, comunità locale o subfornitori[8].
Ogni anno le imprese americane quotate in borsa spendono complessivamente molti milioni di dollari per controversie legali con gli stakeholders. Per questo motivo, l’etica risk è uno dei filoni approfonditi nei corsi di risk management delle principali imprese multinazionali, e sempre più cresce la consapevolezza che un dialogo autentico, sostenuto da comportamenti coerenti, sia premiante per la stabilità e lo sviluppo a lungo termine dell’impresa.
La riduzione del rischio rende l’azienda complessivamente più solida sul lungo termine e meno soggetta ad eventi imprevisti, e costituisce dunque un’indubbia garanzia per gli azionisti “cassettisti” sulla tutela del loro investimento. La conseguenza è che tali aziende possono contare generalmente, a parità di condizioni, di un migliore accesso al capitale.
La quarta tipologia di benefici potenziali per l’impresa consiste nel miglioramento della reputazione dell’azienda.
La scelta di sostenibilità sociale e ambientale è, infatti, un segnale importante agli stakeholder sulla reputazione dell’impresa e sulla qualità sociale ed ambientale dei suoi prodotti, in un contesto di informazione asimmetrica in cui i cittadini consumatori e risparmiatori sanno poco sulle caratteristiche dei prodotti, sui processi produttivi dell’azienda, sulle materie prime utilizzate, sul clima aziendale e sull’impatto sociale e sul territorio.
Su un campione di 184 eventi, i product recall generano rendimenti anormali meno negativi (+3%) per imprese con social rating più elevato (Minor, 2009). Un esempio del valore della reputazione in un momento di grave difficoltà aziendale lo troviamo nella gestione del richiamo, da parte della Toyota, di milioni di vetture per un malfunzionamento del sistema frenante, senza danni permanenti di mercato ma, anzi, con il rafforzamento dell’immagine dell’azienda come attenta alla sicurezza dei suoi clienti. Ad un’azienda sostenibile e seriamente impegnata un errore si perdona.
Becchetti e Ciciretti hanno dimostrano, su un campione di 2.603 imprese quotate, che un punto in più del KLD (rating sulla sostenibilità sociale d’impresa) corrisponde a rendimenti anormali positivi e significativi[9].
Del resto “Senza fiducia l’individuo non potrebbe neanche alzarsi dal letto ogni mattina. Verrebbe assalito da una paura indeterminata e da un panico paralizzante” [10]; ed infatti “abitiamo in un clima di fiducia come abitiamo un’atmosfera e ci rendiamo conto della fiducia così come ci rendiamo conto dell’aria che respiriamo, soltanto quando è scarsa o inquinata”[11].
In conclusione, in un mondo di asimmetrie informative, contratti incompleti e comunque mai del tutto esaurienti, lentezza della giustizia civile, la fiducia è il vero conduttore delle relazioni economiche ed un importantissimo strumento di lavoro dell’imprenditore e del manager.
Del resto pensiamo a quanta fiducia riponiamo nella nostra banca che, in qualche modo, ci ha convinto e ci continua a convincere ad affidargli i nostri soldi. Il capitale sociale, fatto di credibilità e di fiducia, è il fondamento invisibile dell’economia.
La quinta tipologia di benefici per l’azienda consiste nello stimolo all’innovazione e alla proattività.
Ricercando la sostenibilità ambientale e sociale, le aziende testano e sperimentano nuovi percorsi che possono portare ad una leadership tecnologica e di innovazione nel settore (es. soluzioni per l’efficienza energetica, veicoli ibridi della Toyota, nuovi processori di STMicroelectronics, clima organizzativo della Olivetti di Adriano).
Inoltre la sostenibilità anticipa la prossima e sicura maggiore severità della regolamentazione ambientale e sociale; le imprese che volontariamente riducono il loro impatto ambientale e sono più attente alla dimensione sociale, si trovano molto avvantaggiate quando i nuovi vincoli di contesto impattano sul settore, perché loro operano già, per scelta, oltre tali nuovi vincoli .
Perseguire un percorso di sostenibilità anticipa e contribuisce anche la crescita di sensibilità dei consumatori (incrementando le barriere che difendono le strategie aziendali di differenziazione), e previene la pressione da parte di un mercato sempre più attento ed esigente; fidelizza inoltre i clienti mostrando loro come l’azienda sia da una parte innovativa e dall’altra attenta alle loro sensibilità.
Una riflessione attenta su questi cinque potenziali benefici, potrebbero convincere il nostro imprenditore che un percorso di sostenibilità va considerato e perseguito con impegno.
Ma come effettuare una valutazione complessiva tra costi indubbi e vantaggi, anche questi ormai evidenti, per un impresa che li sappia cogliere?
I risultati empirici più recenti mostrano come percorsi di sostenibilità generino nelle imprese un trasferimento di valore dagli azionisti agli stakeholders: la produttività delle imprese sostenibili (al netto di tutti i fattori concomitanti, del ciclo economico, delle caratteristiche delle imprese), secondo molte ricerche, è maggiore, ma il loro ROE (redditività del capitale) è più basso[12].
Dalle ricerche empiriche risulta, peraltro, che le imprese poco attente alla sostenibilità sociale e ambientale, rischiano di più e operano in un clima più conflittuale, con maggiori problemi con gli stakeholders.
Le imprese responsabili, spesso, mostrano risultati positivi su capacità competitiva, fatturato e valore aggiunto per addetto, ma non sulla ricchezza degli azionisti. Questi, peraltro, salvaguardano di più il proprio capitale, perché l’impresa, pur non più redditizia, è più competitiva e con minori rischi strategici e dunque più solida sul lungo termine. Barattano dunque futuro dell’azienda (e non dimentichiamo della nostra società) contro redditività a breve termine.
Il rapporto tra costi della sostenibilità e performance delle aziende responsabili non è necessariamente né positivo né negativo, e questa è già una buona notizia.
La conclusione – per un attore sociale come NeXt Nuova economia per tutti che vuole promuovere un’accelerazione della crescita di responsabilità sociale ed ambientale nel sistema produttivo – è che bisogna far crescere la sensibilità dei cittadini ed in loro la consapevolezza che con i loro acquisiti orientano e possono contribuire a modificare profondamente le strategie dell’impresa, informandoli e offrendo loro strumenti di scambio di opinioni e di pressione dal basso sulle aziende. Infatti, i cittadini possono contribuire ad accelerare la transizione, generando, con il loro comportamento quotidiano, la convenienze di un comportamento responsabile delle imprese, utilizzando l’arma potente di spostare quote di mercato verso le imprese sostenibili.
D’altra parte, occorre offrire spazi indipendenti e credibili per valorizzare le imprese che perseguono seriamente un percorso di sostenibilità. Inoltre, occorre accompagnare le imprese che lo vogliono nel ripensamento dei propri obiettivi con l’inserimento di obiettivi di sostenibilità sociale e ambientale all’interno della loro strategia.
La sostenibilità non è mai acquisita, non è un traguardo che si raggiunge una volta per sempre, ma è un percorso e una attenzione permanente ad un miglioramento continuo, che richiede impegno ed un atteggiamento onesto e coerente, aperto al confronto e al dialogo con gli stakeholders. E’ difficile una vera sostenibilità senza uno spirito ed un atteggiamento profondo, ossia senza valori che pongano l’uomo e l’ambiente al centro della vita e dell’attività produttiva.
Bibliografia
Akerlof G., Efficiency Wage Models of the Labor Market, Cambridge University Press,1986.
Baier A., Postures of the Mind: Essays on Mind and Morals, Minnesota archive editions, Minnesota 1986.
Becchetti L., Il mercato siamo noi, Mondadori Bruno, Roma 2012.
Becchetti L. Ciciretti, R., Corporate Social Responsibility And Stock Market Performance, CEIS-SSRN Working Paper. 79, 2006.
Becchetti L., Di Giacomo S., Short term value strategies: a comparative analysis in the US and EU markets, Research in Banking and Finance, 2005.
Bologna G., Sostenibilità in pillole. Per imparare a vivere su un solo pianeta, Edizioni Ambiente, Roma 2013.
Deci E. L., Ryan R. M., Intrinsic Motivation and Self – determination in Human Behavior, Plenum Press, New York 1985.
Edmans A., Does the Stock Market Fully Value Intangibles? Employee Satisfaction and
Equity Prices, Wharton School, University of Pennsylvania working paper, 2008.
Freeman E., Alexander M., Stakeholder management and CSR: questions and answers. In: UmweltWirtschaftsForum, Springer Verlag, Bd. 21, Nr. 1, 2013.
Luhmann N., La fiducia, Il Mulino, Bologna 2002.
Shapiro, C., Stiglitz, J., Equilibrium unemployment as a worker discipline device, American Economic Review, 1984.