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In febbraio sono state pubblicate le motivazioni della sentenza sul crack BioOn, l’unicorno regina delle bioplastiche distrutta dal panic-selleing generato da un video pubblicato online che accusava la start-up tecnologica “verde” di inconsistenza sul fronte brevettuale, di insussistenza della tecnologia produttiva, etc, tesi accolta acriticamente dal PM Martorelli nelle sue requisitorie (“BioOn vendeva barattoli con dentro l’aria di Napoli”) ma in realtà non confortate dalla sentenza di I Grado del Tribunale di Bologna, che ha invece condannato i vertici dell’azienda non già per questioni afferenti l’aspetto tecnologico bensì per false comunicazioni sociali.

Per chi si fosse perso le puntate precedenti, qui il nostro godibilissimo documentario dal titolo BioOn: Unfair Game, e qui la puntata che la trasmissione d’inchiesta Report (RAI 3) ha dedicato al caso (gustosissimi gli ultimi minuti, non perdeteveli!).

Di seguito, uno schema riepilogativo delle accuse e della successiva sentenza:

CAPO 1: MANIPOLAZIONE DEL MERCATO

  • prescrizione per i fatti fino al 24/07/2019
  • condannati per il fatto commesso il 30/09/2019 (emissione di un comunicato stampa al mercato, approvato da Borsa Italiana, ma considerato fuorviante)

CAPO 2: BANCAROTTA IMPROPRIA, reato riqualificato in FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI per i soli anni 2015 e 2016

  • condannati

CAPO 3: TENTATO RICORSO ABUSIVO AL CREDITO

  • assolti perché il fatto non costituisce reato

CAPO 4: BANCAROTTA FRAUDOLENTA PER DISTRAZIONE

  • assolti perché il fatto non sussiste


I vertici societari sono quindi stati condannati a 5 anni e 2 mesi di reclusione, più all’inabilitazione per 5 anni all’esercizio dell’impresa. La pena accessoria dell’inabilitazione è sospesa per tutti i gradi di giudizio, fino a condanna definitiva, quindi l’ex Presidente Marco Astorri è per ora un cittadino fisicamente libero, e libero anche – se riterrà – di fare impresa.

In ogni caso, ciò che – in estrema sintesi – il Tribunale, quanto meno in primo grado, ha contestato ai vertici di BioOn nelle oltre 500 pagine di motivazioni alla sentenza, sono le false comunicazioni sociali: l’azienda avrebbe comunicato al mercato con eccessiva enfasi i risultati raggiunti (o gli obiettivi ancora da raggiungere) “dopando” così la percezione degli investitori e facendo salire oltre misura il titolo azionario.

L’Avv. Tommaso Guerini, che coordina il team di difesa di Marco Astorri, ha commentato gli esiti del primo grado come segue: “Come ci aspettavamo, è una sentenza ampia e complessa, che andrà attentamente studiata nei prossimi giorni e che non si presta a letture semplicistiche. Ad ogni modo emerge chiaramente che non è la qualità tecnologica di Bio-On la ragione di condanna: è evidente che il tribunale ha considerato esistente la tecnologia e che oggetto di contestazione è esclusivamente il criterio di contabilizzazione in bilancio dei ricavi dal trasferimento a terzi mediante licenza della tecnologia stessa. È questione estremamente tecnica e le valutazioni del Tribunale, invero diverse dal parere di tutti i consulenti tecnici sentiti nel processo, saranno nuovamente discusse in appello. La storia non è finita qui”, ha concluso Guerini.

Il team legale ha quindi annunciato di essere impegnato a predisporre gli atti per il ricorso in appello: lo scontro sui resti di BioOn, la regina del green che avrebbe voluto salvare il mondo dall’inquinamento da microplastiche, pare quindi destinato a proseguire.

Dopo la pubblicazione delle motivazioni, è intervenuto anche Marco Astorri, che per l’intera durata del processo di primo grado ha mantenuto un basso profilo, a suo dire per rispetto al lavoro dei magistrati: “Ho totale fiducia nel mio team legale e nella Magistratura, e sono certo che in appello potremo dimostrare l’assoluta correttezza del nostro operato. La verità è che l’Italia non è un paese ospitale per le start-up, ma sono certo che, anche grazie al nostro caso, la legislazione e la giurisprudenza italiane si allineeranno agli standard internazionali, contribuendo a rendere il nostro Paese competitivo e attrattivo per gli investimenti innovativi esteri”, ha concluso Astorri.

Il punto di vista di Astorri – che pare intenzionato a proseguire nella sua battaglia e anzi a intensificare le attività di comunicazione e sensibilizzazione sul caso BioOn come emblematico dell’inefficienza del nostro sistema Paese nel ospitare investimenti in tecnologia innovativa e in sostenibilità – è chiaro: qualunque start-up potrebbe essere messa sul banco degli imputati e fatta fallire a causa delle iniziative di un Tribunale in quanto “sopravvalutata” rispetto agli asset materiali, ovvero valutata solo per essi e non per il potenziale di sviluppo futuro (a titolo di esempio, Satispay macina 50 milioni di perdite all’anno eppure vale più di un miliardo, perché allora i suoi vertici non vengono inquisiti, potrebbe chiedersi qualcuno, aderendo alla narrativa del Tribunale di Bologna? E questo vale beninteso per qualunque start-up FinTech, lo stesso colosso Meta fattura “solo” 50 miliardi di dollari all’anno, ma vale oltre 1.500 miliardi in borsa).

In ogni caso, sono diverse le domande scottanti sul dossier BioOn che purtroppo – ad oggi, quanto meno – restano senza risposta. Non in ordine di importanza:

  1. perché i vertici di BioOn sono stati accusati di aver emesso comunicati stampa troppo enfatici e – se così fosse, vedremo gli esiti degli ulteriori gradi di giudizio – Borsa Italiana e Nomad non sono stati indagati con BioOn, dal momento che quei comunicati li hanno approvati loro, tutti, nessuno escluso, fornendo anche di volta in volta indicazioni correttive?
  2. Perché lo sciatto video di denuncia che causò il panico in Borsa facendo crollare il titolo BioOn non è stato attenzionato dalla Magistratura, e perchè le denunce per diffamazione e turbativa del mercato sporte a riguardo dagli azionisti di BioOn sono state (qualche osservatore ha scritto “troppo frettolosamente”) archiviate?
  3. Perché Consob, contrariamente alla consuetudine, non ha sollecitamente sospeso il titolo BioOn quando esso era sotto attacco, permettendo che quasi 800 milioni di euro di capitalizzazione di cittadini investitori venisse bruciata in un solo giorno?
  4. Com’è possibile che la Procura di Bologna e il PM Martorelli abbiano deciso – di fatto – di dare credito alla tesi di Gabriel Grego, speculatore basato alle Isole Cayman e autore del video diffamatorio su BioOn, e persona senza alcuna preparazione nel settore bio e green, che si è pronunciato convintamente sulla (a suo dire inesistente) qualità dei brevetti BioOn facendosi forte del parere di un proprio perito, che è solo insegnante delle scuole medie superiori senza alcuna preparazione scientifica, e ignorando per contro il parere di luminari e scienziati di fama internazionale come il Prof. Paolo Galli, che definì la tecnologia di BioOn “rivoluzionaria”?
  5. Com’è possibile che sia stato dato credito, nelle accuse mosse nel video contro BioOn, al parere del Dott. Maurizio Salom, commercialista strettamente connesso a Novamont, principale concorrente di BioOn?
  6. Perché – nonostante Marco Astorri e Guy Cicognani avessero prontamente versato nelle casse dell’azienda oltre 8 milioni di euro – quando BioOn andò in crisi a seguito del crollo in borsa non venne mai convocata un’Assemblea degli Azionisti, come previsto peraltro dalle normative vigenti, per verificare la disponibilità degli azionisti stessi a sostenere l’azienda o a ricomprare le azioni in circolazione, assicurando la business continuity del progetto delle plastiche biodegradabili made in Italy?
  7. Perché la Consob – stante il diffuso interesse pubblico sul dossier BioOn – non ha permesso di accedere alla lista dei soggetti che hanno speculato sul crollo dell’azienda, mantenendola secretata per tutta la durata del processo, e ancor oggi?
  8. Perchè la Procura – e poi il Giudice nella sua sentenza – ha di fatto ignorato i pareri e le perizie di professionisti e accademici di chiara fama, come il Dott. Andrea Perini, commercialista e Professore di diritto penale all’Università di Torino, o l’Avv. Paolo Gualtieri, Ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano, prendendo invece per buono il parere del dott. Michele Casò, che è stato nominato dal Tribunale consulente del curatore fallimentare di BioOn ma che – sorprendentemente – era anche Presidente del Collegio sindacale di Novamont, principale concorrente di BioOn?
  9. Perché la Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo aver dichiarato BioOn “azienda di interesse nazionale” non è intervenuta con gli strumenti istituzionalmente a propria disposizione per salvaguardarla e proteggerla da un attacco etero-indotto dall’estero?

Il processo ora continuerà in II grado, e probabilmente in Cassazione, ma ciò che è certo è che il capitolo finale di questo giallo finanziario – che ha privato l’Italia di un patrimonio di tecnologia innovativa in grado di contribuire alla concorrenzialità del nostro sistema Paese sui mercati internazionali – è lungi dall’essere già stato scritto.

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