Crisi Esg, negli Stati Uniti c’è chi vuol fare diventare reato l’investimento green
Nello Stato del New Hampshire i Repubblicani hanno presentato una proposta di legge con pene fino a 20 anni. Intanto le alleanze sul clima sono sempre più a pezzi
Nello Stato del New Hampshire i Repubblicani hanno presentato una proposta di legge con pene fino a 20 anni. Intanto le alleanze sul clima sono sempre più a pezzi
Investire con criteri Esg diventerà un reato penale? Se ne discute da inizio gennaio nello Stato Usa del New Hampshire. Ad avanzare la proposta di legge sono stati i Repubblicani locali guidati da Mike Belcher. La nuova normativa vieterà ai fondi pensione dello Stato di investire con i criteri della sostenibilità. Motivo? I fondi pensione non devono tradire il mandato fiduciario e dunque hanno l’obbligo di perseguire il più alto ritorno sugli investimenti per i proprio aderenti. E chi violerà questa legge rischierà una pena non inferiore a un anno e non superiore ai 20.
La proposta non è stata ancora messa ai voti dall’assemblea del piccolo Stato della costa nordorientale Usa; New Hampshire che sembra voler superare in durezza il Texas, altro Stato che per primo ha vietato ai suoi fondi pensione e al proprio ministero del Tesoro di investire in maniera Esg.
«Se Donald Trump vincerà la corsa alla presidenza degli Stati Uniti penso che potrebbe fare un passo deciso nel divieto a investire in modalità Esg – afferma Gianfranco Gianfrate, docente di finanza all’Edhec Business School in Francia –. Alcune grandi società di asset management hanno annusato l’aria e hanno deciso di riposizionarsi». Si spiega così la fuga dalle alleanze contro il climate change di alcuni grandi gruppi finanziari. Decisioni che hanno mandato in frantumi, in particolare, la Net Zero Insurance Alliance, passata da 30 a 11 componenti. La stessa ClimateAction100+ sta perdendo pezzi. Non sembra, per ora, mostrare segni di crisi la Nzba, l’alleanza per il Net-Zero creata dagli istituti bancari.
BancoPosta Fondi Sgr* |
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Enpap (Cassa di previdenza psicologi) |
Eurizon Capital Sgr Spa* |
Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking Am Sgr Spa* |
Fondo di Previdenza Cr Firenze |
Fondo Pensione a contribuzione definita gruppo Intesa Sanpaolo |
Fondo Pensione a prestazione definita Gruppo Intesa Sanpaolo |
Fondo pensione Cometa (metalmeccanici)* |
Generali Insurance Asset Management* |
Gruppo Generali* |
Inarcassa (Cassa di previdenza ingegneri) |
Pegaso Fondo Pensione |
Poste Vita Spa |
Quaestio Capital Sgr Spa* |
UnipolSai |
Il pressing dei Repubblicani pare dunque aver avuto effetto negli Usa. Sui criteri Esg sta facendo marcia indietro perfino Larry Fink, il numero uno di BlackRock, la più grande società di gestione del risparmio al mondo (10mila miliardi di dollari in gestione), tra i primi a spingere sulla sostenibilità. «L’Esg è una categoria misteriosa per molti clienti. Il transition investing è concreto»: a rilasciare questa dichiarazione al Wall Street Journal è stato Mark Wiedman, responsabile della divisione Global Client Business di BlackRock. Dichiarazione che ha sancito l’abbandono della categoria Esg da parte di BlackRock per la più concreta (?) “transition investing”. A conferma, forse, che i grandi asset manager degli Stati Uniti si stanno preparando a un possibile cambio della guardia alla Casa Bianca.
«A mio avviso c’è un peccato originale nei criteri Esg – aggiunge Gianfrate – . I tre elementi E, S e G sono stati messi insieme forzatamente a tavolino da Unpri (la rete internazionale di istituzioni finanziarie, supportata dall’Onu, per gli investimento responsabile, ndr). Risultato? Analisti impreparati e fondi di investimento che fanno box-ticking. Non si può essere esperti allo stesso tempo, per esempio, dei codici di corporate governance, di misurazioni dei diversi gas serra e delle problematiche del lavoro minorile nei Paesi emergenti. Un errore fatto sicuramente in buona fede ma che ha avuto effetti importanti nel settore finanziario».
È proprio così? Sulla crisi dei criteri Esg abbiamo chiesto un commento proprio alla struttura di Unpri. A risponderci è stato un portavoce di ClimateAction100+, il network creato da sei associazioni di investitori tra cui appunto Unpri: «Il rischio climatico è un rischio finanziario. Gli investitori prudenti lo capiscono e hanno investito molto nello sviluppo delle proprie capacità interne per garantire di avere accesso alle competenze necessarie per identificare al meglio dove si trovano questi rischi e come affrontarli». E ha aggiunto: «Questa competenza si trova spesso all’intersezione tra governance, questioni climatiche e altri campi tecnici. Ruoli di questo tipo si sono moltiplicati in tutto il settore e sono sempre più comuni».
Nessun commento invece da Unpri sulla crisi delle alleanze per il Net-Zero e per le posizioni estreme di Donald Trump sugli investimenti green. Intanto nel New Hampshire, l’assemblea dei rappresentanti voterà sulle sanzioni penali per chi investe rispettando i criteri Esg. Il verde nell’orizzonte americano sembra più stinto che mai.