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Quanti articoli avete letto sui giornali in cui si denunciano le discriminazioni subite dalle donne sul posto di lavoro quando hanno un figlio? Quanti pagine abbiamo scritto sull’inverno demografico e sui possibili rimedi? Purtroppo il mondo dell’informazione non è esente da comportamenti penalizzanti e vessatori nei confronti delle neo-madri a riprova che la discriminazione delle donne è ancora un ingrediente strutturale della nostra cultura.  Lunedì scorso il tribunale del Lavoro di Milano ha condannato il Sole 24 ore per aver demansionato e discriminato la collega Lara Ricci, vice-caposervizio da anni al supplemento culturale Domenica, al rientro dalla maternità. La giornalista, prima della gravidanza, gestiva le pagine di letteratura,  compresi i 60 collaboratori esterni. ed aveva una rubrica settimanale. Ma, tornata in redazione, il 10 maggio 2021, in nome di una nuova organizzazione del lavoro che ha riguardato, guarda caso, solo lei, è stata relegata a “passare gli articoli” (in gergo giornalistico lettura ed eventuale correzione dei pezzi) ed esclusa persino dalle email interne.

“La ricorrente – si legge nella sentenza – ha provato documentalmente le responsabilità ed il ruolo assunti dalla redazione della rivista. E’ sufficiente scorrere i documenti (centinaia di email) di parte ricorrente per valutarlo”.

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Il giudice del lavoro Riccardo Atanasio, ha condannato il Sole 24 ore  a riassegnare alla ricorrente le mansioni pregresse e a risarcire Ricci per il danno alla professionalità con di 130mila euro, più altri 20mila per danno non patrimoniale all’immagine e le immancabili spese di lite.

In risposta a un duro comunicato del cdr, pubblicato oggi sul giornale, l’amministratrice del Sole, Mirja Cartia d’Asero, ha definito “lunare” sia la sentenza che il testo del sindacato e ha promesso azioni giudiziali per sovvertirla. Ma, a leggere il decreto firmato dal giudice, è proprio il caporedattore del domenicale Marco Carminati a comunicare alla collega, in una email, che dal giorno del suo rientro in redazione sarà lui “a prendere contatti con i collaboratori e a concordare i pezzi con loro  e a definire cosa mettere nelle pagine”.

La sentenza colpisce un giornale che a gennaio aveva ottenuto la certificazione di parità del genere  e dove molte giornaliste si spendono per la causa delle donne, e contro la discriminazione sessuale in Italia. Eppure al Sole la discriminazione c’è stata: il demansionamento è durato 26 mesi e permane tuttora.

“Non parliamo, purtroppo, dell’Italia degli anni ’50 – scrive il cdr del quotidiano – ma citiamo solo alcuni significativi passaggi di una sentenza del tribunale di Milano, con la quale Il Sole 24 Ore il 24 luglio scorso è stato condannato all’immediata cessazione di un comportamento discriminatorio nei confronti di una nostra collega, oltre a un importante risarcimento dei danni professionali e d’immagine. Il 30 gennaio scorso, esattamente sei mesi fa, il Gruppo 24 Ore è stato il primo gruppo editoriale italiano ad ottenere la Certificazione sulla parità di genere. Questa sentenza dimostra che in questi mesi, oltre a lavorare sulla comunicazione esterna, sarebbe servita, e servirebbe, maggiore attenzione dell’azienda e della direzione a quello che accadeva all’interno della redazione”.

Lara Ricci  ha raccontato di essersi ridotta “ad avere meno responsabilità di quelle che avevo 25 anni fa quando ero una stagista”.

“A niente è servito l’intervento del cdr, le due diffide inviate, le due mail spedite alla nuova amministratrice delegata, non hanno ricevuto riscontro” ha aggiunto.

Sulla vicenda si è espressa la Commissione pari opportunità della Federazione della Stampa Italiana (Fnsi)

“La Commissione pari opportunità – si legge in una nota – commenta con soddisfazione la sentenza del Tribunale ordinario di Milano, sezione del Lavoro, del 24 luglio 2023 che accoglie il ricorso della collega giornalista del Sole 24 Ore. Il giudice nella sentenza ordina che cessi il comportamento discriminatorio nei confronti della professionista e stabilisce che venga riassegnata alle mansioni pregresse, condannando la società editrice anche a un risarcimento economico. E’ una sentenza importante, che dà fiducia anche a tutte le lavoratrici”.

Solidarietà alla collega viene espressa anche dal presidente dell’Associazione Lombarda dei giornalisti Paolo Perucchini: “Le aziende editoriali e le aziende in generale fanno proclami contro la discriminazione nei confronti delle donne, parlano di voler ridurre il gender gap, sia a livello salariale che di carriera e poi ci troviamo di fronte a casi come questi. Il sindacato è a fianco di tutte le giornaliste e sostiene le loro battaglie per una reale parità e contro ogni discriminazione”

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