Sebbene Google poggi sostanzialmente gran parte dei propri introiti sull’advertising, non può esimersi dal mantenere sano e pulito il mercato nel quale va ad attingere. Ecco perché con un nuovo aggiornamento il gruppo ha tracciato un nuovo limite oltre il quale i clienti non potranno andare, soprattutto in ambito “sanità e farmaci“.
Google, limiti all’adv sul biomedicale
Quando un utente cerca su Google, si trova di fronte sulle SERP una commistione tra risultati e advertising: la logica con cui è costruita la pagina è tale per cui si considerano le pubblicità in qualche modo correlate alla parola cercata, poiché è proprio su tale logica che si basa l’offerta pubblicitaria del gruppo. Ogni singola pubblicità prevede pertanto una quota di responsabilità in capo a Google e ignorare questo aspetto equivale ormai a nascondere la testa sotto la sabbia. Così non vuole fare il motore di ricerca, che con una presa d’atto della situazione ha voluto invece bloccare ogni residua tolleranza e portare a compimento una nuova policy e nuovi limiti sul mondo biomedicale.
La regole (vedi la policy) proibiscono d’ora innanzi la vendita di pubblicità per servizi, prodotti e teoremi che non sono improntati su basi scientifiche. Qualsivoglia trattamento che non abbia supporti scientifici clinici sufficienti, insomma, non potranno raggiungere le masse: la validazione scientifica diventa un limite oggettivo oltre il quale ogni para-scienza non potrà arrivare.
L’importanza di una nuova policy
Si tratta di una modifica di grande importanza poiché il tema della salute implica il trattamento di un ambito di grande sensibilità. Le ricerche coinvolte dalle modifiche alla policy sono infatti legate spesso a problemi alla salute, coinvolgendo pertanto utenti in una particolare situazione psico-fisica. L’attitudine al click può portare facilmente tra le braccia di pseudoscienziati, pseudomedici, truffatori, alchimisti della cura miracolosa e venditori di placebo.
Non solo: quando un nuovo farmaco o una nuova cura sono ancora nell’alveo dello sperimentale, poco senso avrebbe una vendita tra le masse, senza l’intermediazione di medici e senza la necessaria consapevolezza su rischi e opportunità: la nuova policy regolamenta pertanto anche quell’area grigia della scienza sperimentale, laddove nuove cure sono in fase di test per una validazione che consenta l’uso di massa.
Un intervento meritevole da parte di Google, quindi, e l’auspicio è che possa giungere anche a realtà concorrenti come Facebook: troppo spesso l’advertising è farcito di pubblicità di questo tipo, ove diete miracolose e farmaci mirabolanti promettono insperate guarigioni. Lucrare sulla disperazione altrui è qualcosa di inqualificabile e le piattaforme non possono più esimersi dal porre un freno a derive di questo tipo. L’oggettiva co-responsabilità di chi veicola annunci di questo tipo, infatti, è ormai conclamata e troppo ingombrante per poter essere ignorata.
Omeopatia
Una curiosità rimane pendente: come sarà giudicata l’omeopatia? Gli studi che ne dimostrano la totale inefficacia saranno sufficienti per proibirne l’advertising su Google? Questo aspetto andrà verificato nel tempo. Ad oggi una verifica estemporanea non sembra ancora bloccare pubblicità su questo tema, ove con ogni probabilità sarà sancito un limite concreto e visibile tra cosa è scienza e cosa non lo è, tra cosa è tollerato e cosa non lo è, tra cosa è parte del compromesso e cosa ne è irrimediabilmente fuori.