Guerra delle acque verso l’epilogo
L’ormai lunga vertenza giudiziaria che vede contrapposti Acqua Sant’Anna e Acqua Eva
L’ormai lunga vertenza giudiziaria che vede contrapposti Acqua Sant’Anna e Acqua Eva
PAESANA La “guerra delle acque” si è arricchita di una nuova puntata. Il 10 dicembre scorso, nel tribunale di Cuneo si è tenuta una nuova udienza del processo che vede come imputati il numero uno di Acqua Sant’Anna, Alberto Bertone, e il suo direttore commerciale Luca Cheri, accusati di diffamazione e turbata libertà del commercio e dell’industria.
La vicenda, lo ricordiamo, nasce dalla denuncia di Marco e Gualtiero Rivoira, proprietari della Fonti Alta Valle Po, che commercializza Acqua Eva, per una fake news pubblicata su internet (era il 2018) da una persona all’epoca dipendente di Sant’Anna. In essa si raccontava che Acqua Eva avrebbe avuto tra i soci occulti la catena di distribuzione Lidl (attraverso un socio tedesco). Un fatto che, se vero, avrebbe messo in difficoltà le altre catene di supermercati perché si sarebbero trovate ad acquistare e a vendere un prodotto della concorrenza. La fake news orchestrata da Sant’Anna in effetti causò problemi ad Acqua Eva, generando disdette negli ordini in oltre 560 supermarket e un pregiudizio reputazionale sul mercato: di qui la richiesta danni in Tribunale, per circa 15 milioni di euro, documentati dalle consulenze tecniche del Prof. Vannoni e del Prof. Poma.
Dopo uno stop di parecchi mesi, anche a causa del trasferimento temporaneo di Sandro Cavallo, ovvero il giudice che se ne occupava, il processo è ripreso davanti al giudice Elisabetta Meinardi.
A testimoniare (per conto della difesa), sono stati, tra gli altri, l’ex direttore di Acqua Sant’Anna (che nel 2010, quando nacque la Fonti Alta Valle Po, passò a lavorare per quest’ultima, e poi per un altro operatore ancora), e la responsabile dell’amministrazione finanziaria di Sant’Anna.
La linea di difesa di Sant’Anna pare essere il sostenere che la creazione e diffusione della fake news su Acqua Eva fosse la risposta della Sant’Anna stessa a provocazioni o pettegolezzi che all’opposto Acqua Eva avrebbe a sua volta precedentemente messo in giro: tuttavia, nessuno dei testi fin qui chiamati a testimoniare da Sant’Anna ha riportato di aver sentito pettegolezzi ascerivibili ad Acqua Eva che avrebbero giustificato, quasi per “ripicca”, la reazione di Sant’Anna, e questo fatto, come emerso dai contro interrogatori tenuti dall’avvocato dei Rivoira, Nicola Menardo (Studio Grande Stevens), andrebbe a sbriciolare l’alibi di Sant’Anna.
L’Ad di Sant’Anna Bertone infatti in una precedente udienza aveva sostenuto vi fossero stati attriti tra le parti (come spesso accade tra concorrenti del territorio) e anche che Acqua Eva gli avrebbe “rubato” degli agenti commerciali: dalle udienze, però, emergerebbe che nessuno dei testimoni contro interrogati ha mai confermato l’esistenza di alcun pettegolezzo o azione diffamatoria precedente a carico dei Rivoira, patron di Acqua Eva; non un post sui Social, non una sola dichiarazione critica sulla stampa. Inoltre gli eventuali agenti passati da Sant’Anna ad Eva sarebbero stati dei liberi professionisti, non dei dipendenti, e quindi la loro mobilità sarebbe ascrivibile a normali dinamiche di opportunità. Insomma, le giustificazioni fin qui addotte da Sant’Anna potrebbero configurarsi, dunque, come circostanze inventata da Bertone: una sorta di nuova “fake news” per sostenere e dare corpo alla propria tesi difensiva e tentare di ridurre le proprie responsabilità.
Il processo proseguirà a giugno 2025 e nei prossimi giorni si conoscerà la decisione del giudice: sentire altri testimoni, oppure andare diretti alla discussione finale e, dunque, alla sentenza.