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Poteva la Consob intervenire prima, sospendere il titolo, ed evitare che su una società controllata si innescassero il domino di notizie vere e panico da mercato che poi hanno portato al fallimento di Bio-On, la start up che aveva il sogno di realizzare plastica
biodegradabile? Ha fatto la stessa Consob le necessarie verifiche sulla veridicità e le motivazioni per le quali Quintessential, il fondo attivista di Gabriele Grego, ha pubblicato con tanto di video in rete (fine luglio del 2019) un report dove descriveva l’unicorno di Marco Astorri e Guido Cicognani come una scatola vuota? Quali responsabilità (ammesso che ce ne siano) sono

addossabili alla Consob e quali invece addebitabili alla Borsa Italiana?

A questa e ad altre domande sta cercando di rispondere un procedimento penale partito dalla Procura di Bologna, nel corso del quale è stato sentito Paolo Marchionni, che all’epoca dei fatti (nel 2019 ma anche adesso) era direttore responsabile dell’ufficio informazione mercati della Consob, quello che si occupa anche di abusi di mercato e ha seguito l’indagine.

Marchionni, per esempio, ammette di non aver trasmesso il report (che gli era stato anticipato il giorno prima della pubblicazione) a Borsa Italiana. Eppure il dossier poteva avere rilevanza nell’ambito dei poteri di vigilanza sul mercato Aim dove era quotata Bio-On. Così come il manager dell’authority alla domanda su eventuali indagini portate avanti per appurare la correttezza delle informazioni diffuse dal fondo Quintessential e su Gabriele Grego risponde: «Io personalmente non ho fatto indagini, non so però se l’ufficio abusi di mercato abbia effettuato ulteriori accertamenti sullo studio di Quintessential». Per la cronaca, a capo dell’ufficio c’era Maria Antonietta Scopelliti che nonostante la richiesta della Procura bolognese non è riuscita ad essere presente.

Mentre replica con un «non mi ricordo segnalazioni di questo tipo» alle richieste di chiarimenti sugli appelli degli amministratori di Bio-On, negli incontri di quelle drammatiche settimane (dal 24 luglio al 24 ottobre 2019) di sospendere il titolo. «In condizioni di parità informativa», evidenzia, «la Consob non valuta se sospendere il titolo perché c’è uno studio come ce ne sono tanti sulle società, ripeto ne diffondono a decine in ogni seduta e l’analista risponde di quello che scrive, quindi ripeto noi abbiamo fatto una valutazione proprio all’istante sullo studio, se fosse in qualche modo ben supportato, documentato, non ci siamo posti il problema di valutare la sospensione perché c’era uno studio». Eppure dalle testimonianze di un dipendente Bio-On, presente agli incontri con Consob, risulta che la richiesta di sospensione fosse stata esplicitamente avanzata all’authority.«Noi avevamo chiesto a Consob di sospendere il titolo finché non fosse stata fatta chiarezza e gli abbiamo anche chiesto di creare nel più breve tempo possibile una commissione», sottolinea, l’investor relator Lorenzo Foglia.

Tanti quindi i punti poco chiari della vicenda. E fare un passo indietro per ripercorrerla può aiutare. Bio-On nasce da un’intuizione dei due fondatori, Marco Astorri e Guido “Guy” Cicognani, che nel 2007 volano alle Hawaii per acquistare il brevetto del Pha, un gruppo di polimeri biodegradabili che ha le caratteristiche per diventare l’alternativa sostenibile alle plastiche tradizionali a base di petrolio. Cresce esponenzialmente nel giro di una dozzina d’anni, il modello di business si basava sulla creazione di proprietà e la commercializzazione di brevetti e marchi, nell’arco dei quali raggiunge una capitalizzazione di un miliardo e 300 milioni. E muore, come detto, nel giro di pochi mesi a partire dal luglio del 2019 dopo le accuse del finanziere Gabriele Grego che definisce Bio-On un «bluff», una «nuova Parmalat».

Oggi c’è un nuovo capitolo. La società è stata rilevata da dalla piemontese Maip. Gli impianti sono in fase di ripartenza. E qualche settimana fa un tribunale ha annullato la sanzione inflitta all’epoca dalla Consob, certificando che «non ci fu manipolazione del mercato».

Quindi torniamo al procedimento penale, al quale ha partecipato anche il co-fondatore Astorri. Che ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee. «…Confermo», ha voluto sottolineare in tribunale, «di essere stato seduto vicino alla Scopelliti (Maria Antonietta all’epoca responsabile della divisione mercati della Consob ndr) in tutti e due gli incontri che sono stati estremamente lunghi e ho chiesto ripetutamente di chiedere come potevamo sospendere il titolo per tutelare gli investitori perché ci sentivamo sotto attacco». Risposta? «Nulla. Mi ha guardato con il viso attonito e non mi ha mai detto né di sì e né di no […] Alzando le braccia e dicendo che ci avrebbe fatto sapere».

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