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«In Italia non se ne sta parlando affatto, ma la legge entrata in vigore quest’anno in Germania che impone l’obbligo di diligenza sulle catene di approvvigionamento, anche al di fuori dai confini tedeschi, avrà un impatto enorme sul nostro territorio, perché dovrà essere rispettato da tutti i fornitori di marchi tedeschi. Che si parli di meccanica, penso nell’automotive e ai gruppi Volkswagen, Bmw, Deimler o di agroalimentare, con big della grande distribuzione come Lidl e Aldi, ma anche di chimica o tessile sono migliaia le nostre imprese che dovranno adeguarsi alle nuove regole sul rispetto dei lavoratori e dell’ambiente».

È Michele Bulgarelli, segretario della Cgil di Bologna, a lanciare l’allarme per il preoccupante silenzio che regna sulla legge LkSG (Lieferkettensorgfaltspflichengesetz, meglio nota come “Supply chain due diligence act”), che dallo scorso gennaio si applica a tutte le imprese tedesche sopra i 3mila dipendenti, ma che dal 1° gennaio 2024 sarà estesa anche alle aziende dai mille addetti in su. Che impone loro di gestire le questioni sociali e ambientali delle filiere di fornitura e di risponderne, con multe fino al 2% del fatturato globale nel caso di violazioni. Significa che tutte le aziende che lavoreranno direttamente con partner tedeschi dovranno predisporre report per documentare ogni anno che non inquinano, non usano lavoro minorile, non discriminano, pagano salari equi.

L’Export dell’Emilia Romagna

A guardare i numeri dell’interscambio con la Germania e degli intrecci societari tra i due versanti alpini è chiaro che non sono sole le Pmi emiliano-romagnole a doversi preoccupare di essere tagliate fuori da clienti tedeschi per questioni reputazionali: la Germania è il primo partner della via Emilia con il 13% dell’export totale e sono oltre 4mila imprese regionali che vendono in terra alemanna. Ma quote ancora più alte si registrano in Lombardia (il 13,6% dell’export regionale è in Germania), Veneto (13,7%), Piemonte (14,1%) per arrivare al 25% in Trentino-Alto Adige.

«La Germania sta scomponendo le leggi moloch europee in pezzi più semplici per arrivare preparata ai traguardi di sostenibilità del 2030 e del 2050. La norma LkSG è una declinazione della CSRD-Corporate Sustainability Reporting Directive (oggi in vigore per grandi imprese e quotate, ndr) e anticipa un’analoga direttiva ora al vaglio del Parlamento europeo, cui le imprese italiane saranno costrette presto ad adeguarsi. Per rispondere alle policy sulla due diligence le uniche azioni coerenti sono le certificazioni etiche e sociali come SA 8000, ISO 14001, ISO 14044, che non si improvvisano, richiedono mesi di assesment e risorse», spiegano i tecnici di Confindustria Emilia che avranno un incontro la prossima settimana con la Camera del commercio italo-tedesca per discutere dell’impatto del “due diligence act”.

«È la cooperazione ormai decennale tra la Fiom bolognese (18mila iscritti) e la Ig Metall (80mila iscritti) che ci rende particolarmente sensibili a questo tema. Siamo rientrati la scorsa settimana dall’incontro annuale a Wolfsburg (quartier generale di VW, ndr) che è stato dedicato proprio alla legge sul dovere di diligenza dei fornitori», spiega Bulgarelli che nella missione ha coinvolto anche le altre sigle della Camera del lavoro bolognese, perché non ci sono settori esentati. La filiera del gruppo Volkswagen, dove è già in vigore la Carta sociale, non avrà problemi ad applicare la LkSG, «ma in un contesto di recessione in Germania, di riorganizzazione delle supply chain e di passaggio all’elettrico il rischio che le nostre imprese meccaniche siano tagliate fuori dalle forniture è concreto», rimarca il segretario Cgil. Che proprio per accorciare le distanze tra Emilia e Germania ha lanciato con Ig Metall una sorta di “Erasmus” dei sindacalisti «per formare una nuova generazione sindacale internazionalizzata: dalla seconda metà del 2023 delegazioni da Wolfsburg verranno a Bologna per una settimana di formazione e di incontri con aziende e istituzioni e viceversa, da Bologna a Wolfsburg».

Smorza i timori Cna Emilia-Romagna, che ancora non ha ricevuto segnalazioni dalle aziende associate di problemi con partner tedeschi: «Non siamo preoccupati – riferiscono – ma attenti. I temi Esg sono in cima alla nostra agenda di lavoro. E siamo convinti che i tedeschi non rinunceranno alla qualità di lavorazioni e prodotti italiani, si troveranno strumenti e indicatori adatti per salvaguardare le due parti».

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