Seth Godin: «Il marketing del tutto e subito fa diventare i brand molesti»
Per l’esperto mondiale i manager delle aziende sono troppo focalizzati sulle tattiche di breve termine per pensare alla strategia

Per l’esperto mondiale i manager delle aziende sono troppo focalizzati sulle tattiche di breve termine per pensare alla strategia

«Più noi, meno me. Più dopo, meno ora». Quello di Seth Godin, guru mondiale del marketing contemporaneo, sembra apparentemente uno slogan, eppure racchiude molto di più. Una visione che si estende nel tempo e che abbraccia le persone di un’azienda, i clienti e le comunità. Un’idea di organizzazione più consapevole, più responsabile, più visionaria perché estesa nel tempo. E in fondo anche più aperta alle sfide sociali. «Per un brand la strategia è centrale. Quando grandi o piccole realtà mi chiedono di aiutarle a risolvere i loro problemi di posizionamento, rispondo dicendo: “Prima di tutto c’è bisogno di una strategia”. È difficile da delineare e non è facile parlarne perché si realizza nel tempo. Per individuare la migliore dobbiamo essere pronti ad abbandonare tutto ciò a cui siamo abituati. La strategia è la nostra filosofia del divenire: delinea un approccio resiliente al futuro perché si concentra sul cambiamento che speriamo di apportare. È molto diverso dall’urgenza di eseguire una tattica. Le organizzazioni sono più a loro agio con la tattica, ma questo approccio col tempo ci delude», dice Godin. Metterci la testa: ruota attorno a questa consapevolezza la riflessione di questo prolifico autore tradotto in più di trentacinque lingue e presto in libreria col suo nuovo bestseller “Questo è strategia” per Hoepli. Al bando le logiche dell’urgenza dettate del marketing molesto e dall’ossessione di ottenere tutto e subito. Per affrontare le sfide contemporanee bisogna puntare sull’approccio strategico rispetto a quello tattico. «Ci vuole visione e questa si attua nel tempo. A vincere sono i modelli persistenti che si sanno adattare alle nuove sfide senza perdere identità perché sono sopravvissuti ai cambiamenti tecnologici, culturali e organizzativi. La Banca di Svezia è stata fondata nel 1668 e non mostra segni di cedimento. Il Gran Bazar di Istanbul è ancora riconoscibile cinquecento anni dopo la sua fondazione. Hollywood è passata dal cinema muto al sonoro, dalla televisione ai blockbuster estivi. È sopravvissuta all’ascesa delle catene multisala e al loro declino, così come all’emergere delle videocassette divenute Dvd e infine all’espandersi della fruizione in streaming. Il sistema si adatta. Possiamo influenzare i sistemi senza molte risorse – eppure Google ha iniziato con solo due persone in un garage –, ma è improbabile che faremo cambiamenti significativi senza tempo, sforzi e risorse da impiegare», dice Godin.
Godin, è ossessionato dal lungo termine.
Un vantaggio competitivo a breve termine è inutile se non porta ad un cambiamento sistemico nel lungo termine. Si basa sul presupposto errato che tutte le cose siano uguali e che ogni giorno le persone sul mercato prendano decisioni razionali tra opzioni simili. Non è così. Ci sono investimenti che possiamo fare per generare un cambiamento nel tempo. Con la progettazione e la narrazione possiamo trovare un vantaggio competitivo a lungo termine. I dirigenti se ne accorgono? Non abbastanza. Sono troppo impegnati a lavorare sulle tattiche per pensare alla strategia.
I professionisti del marketing devono evitare il narcisismo e diventare costruttori di senso. Devono mettersi in ascolto della comunità. Oggi puoi fare marketing solo con persone che partecipano perché scelgono di farlo.
Perché ha senso ridefinire le alleanze?
Lo sforzo umano coordinato crea valore. Quando lavoriamo insieme, possiamo fare molto di più. Non dobbiamo seguire pedissequamente la massa e accettare ciecamente ogni sistema, ma l’opportunità di connetterci non è mai stata così profonda.
A volte il modo migliore per vincere è aiutare gli altri ad avere successo, ha scritto. Ma come?
Il marketing è un gioco e le nostre mosse rappresentano delle scelte. Sul mercato, possiamo sempre scegliere chi essere. Chi aiuta gli altri guadagna fiducia e lealtà.
Riprende spesso l’immagine del cerchio.
Il cerchio può crescere e includere le persone con cui interagiamo e la comunità che speriamo di guidare. Chi vorremmo come leader, vicino di casa o collega? Quando espandiamo i nostri cerchi, siamo in grado di migliorare. Possiamo rendere il lasso di tempo più lungo, meno immediato.
Ci conviene?
Lavorare in modo strategico sul sistema significa trasformare qualcuno che dice no in qualcuno che dice sì. Se lo fai in modo coerente, un singolo cambiamento diventa un’opportunità per creare nuovi standard e una cultura diversa.
Su cosa dovrebbero concentrarsi i brand più virtuosi?
È allettante impegnarsi sui compiti che si palesano di fronte a noi. Siamo stati indottrinati a farlo sin da bambini. Ma una consapevolezza del tempo e una comprensione di ciò che stiamo cercando di costruire ci liberano da questi vincoli.
Per lei semplificare significa aggiungere leggerezza. Sembra facile.
Ma non lo è. D’altronde la strategia consiste nel porsi domande difficili ma utili e impegnarsi a fare un lavoro che spaventa le persone distratte.
Come passare a modelli più agili?
Ci concentriamo troppo sulla ricompensa immediata o sulla soddisfazione improvvisa. Ma bisogna adattare le ricompense e i flussi di informazioni. I cambiamenti di sistema sono più permanenti e resilienti delle piccole pennellate quotidiane.
Viviamo in un equilibrio instabile tra cambiamento costante e status quo, scrive. Chi avrà la meglio?
La scelta passa dal difendere posizioni di rendita o dall’affrontare il duro lavoro di migliorare le cose. Dipende solo da noi.
