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 i parametri per valutare la qualità della vita


Sono decenni che rincorriamo il benessere. Ma che cosa lo determina? Velocità e realizzazione economica erano le chiavi per la felicità in ogni spot pubblicitario. Negli anni ‘60 possedere una casa, la lavatrice, un’auto e poi i primi strumenti tecnologici era da molti descritto come successo. In quel periodo le classifiche sulla qualità della vita erano strettamente collegate con gli indicatori PIL delle nazioni. In pratica, in questa visione, più un paese produceva ricchezza, più era felice.
Come appare chiaro però questa equazione negli ultimi anni ha smesso di funzionare. Sindrome da burnout e ansia sono un problema per circa 84 milioni di europei. Se siete in una stanza con altre 5 persone una di voi soffre di un disturbo da stress.
Oggi la definizione di quello che è il vivere bene si è fatta più fluida ed è sempre meno legata a qualcosa di materiale. “Work less, live more!” è uno degli slogan adoperati spesso per descrivere il benessere contemporaneo. I fattori da considerare sono in costante aumento. Ma quali sono le chiavi della felicità? Il clima, il lavoro, i livelli di educazione, la sanità, la soddisfazione personale, la sicurezza, la casa, il reddito, le relazioni sociali, la governance e il life-work balance. Sono questi gli 11 parametri individuati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) per misurare la ricchezza (sia materiale che relazionale e personale) attualmente.
Il Better life Index dell’Ocse in realtà non è una vera e propria classifica perché ciascuno può creare il proprio indicatore, la propria mappa del benessere. Ad esempio, se per voi la felicità si misura per relazioni umane, attenzione all’ambiente e soddisfazione, il paese ideale in cui vivere è l’Islanda, seguita da Norvegia e Finlandia. Basta però cambiare i fattori e il risultato sarà molto diverso. Se infatti come parametri del benessere sono selezionati abitazione, impegno civile e sicurezza, le tre nazioni migliori saranno Norvegia, Australia e Canada.
L’Italia ha registrato il punteggio più alto nella categoria life-work balance. Un aspetto considerato centrale in questa misurazione riguarda le ore trascorse a lavoro. Nel Bel Paese circa il 4% dei dipendenti ha orari di lavoro molto lunghi, una percentuale nettamente inferiore rispetto alla media OCSE dell’11%. Altro risultato oltre la media è stato quello del numero di ore dedicate alla cura della persona e al tempo libero: in Italia i lavoratori a tempo pieno dedicano in media più di 16 ore in attività di socializzazione con amici e famiglia o dedicandosi ad hobby, sport, rilassandosi, ecc. Questo non è che uno dei modi per leggere la qualità della vita.
L’Onu ha i suoi criteri per capire quale sia la nazione con il maggior benessere e sono 8: aspettativa di vita, Pil pro capite, supporto sociale, generosità, libertà di fare scelte, corruzione e i positive e negative affects. L’Average Happiness Across Countries Onu lo scorso anno ha incoronato la Finlandia come il paese più felice sui 156 paesi confrontati ma molti hanno criticato questa vittoria sottolineando come sia il terzo paese al mondo per possesso di armi e la nazione in cui la principale causa di morte tra gli uomini è l’alcool. L’Italia in questa classifica è risultata 36 esima, superata da paesi come Danimarca, Brasile, El Salvador, Repubblica Ceca e Messico.
Non sono state solo le valutazioni internazionali a essere cambiate profondamente, la stessa trasformazione di valori è avvenuta anche nella misurazione della vivibilità nelle città italiane. Dopo 29 anni Milano lo scorso anno è stata nominata dall’annuale ricerca sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore come la città in cui si vive meglio in Italia. Ma attenzione: per l’indice del clima, che fotografa il benessere climatico nei 107 capoluoghi della Penisola, Milano è solo al 96° posto mentre le città del Sud e delle Isole sono in cima alla classifica.
Se, quindi, la qualità della vita ha tante chiavi di lettura, l’unico aspetto su cui sembrano concordare le nuove misurazioni è che non si può considerare solo il benessere materiale. Anzi, quelle che incidono maggiormente sulla nuova visione del vivere bene sono tutte le altre condizioni, a sottolineare come il lato umano stia riconquistando una centralità che negli ultimi 50 anni era progressivamente svanita.

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