Pensavate che Second Life appartenesse a un passato lontano e forse imbarazzante? Fareste bene a ricredervi, perché sono in molti ancora a divertirsi guadagnando pure del denaro. La storia di due parrucchieri italiani di successo
Si chiamano Rouge Darcy e Missallsunday Lemon. Guadagnano molto più di uno stipendio medio italiano. Attività come la loro incassano facilmente cifre di gran lunga superiori ai diecimila euro mensili netti. Sono una coppia e lavorano assieme da circa dieci anni. Fanno i parrucchieri. Su Second Life.
Sì, avete letto bene: Second Life. Quella roba che pensavate morta e sepolta assieme al modem che cigolava. Quella roba che nel 2003, quando è nata, sembrava il futuro di internet. Un’epoca senza YouTube, Amazon e smartphone. Quando Netflix spediva dvd e un diciannovenne di nome Mark Zuckerberg aveva nel proprio computer un progetto chiamato Facemash.
Forse siete persino troppo giovani per averne sentito parlare. Second Life è una
L’idea è dell’informatico e imprenditore Philip Rosedale, dopo un’esperienza al festival Burning Man. Nel 1999 fonda Linden Lab, società di San Francisco che quattro anni dopo avvia Second Life.
Stando ai dati ufficiali, solo nel 2017 c’è stato un giro d’affari per i creatori all’interno della piattaforma di 68 milioni di dollari. Negli ultimi quindici anni sono stati creati circa 57 milioni di account. In media ci sarebbero 350mila iscrizioni al mese (50 mila in meno rispetto al 2013). Altre stime parlano però di circa 600 mila persone realmente attive. Dopo il picco di oltre un milione di utenti nel 2007, il trend è in costante decrescita. Ma non così in declino di come forse ci si potrebbe aspettare.
Proprio nel 2007, complice un’intensa campagna pubblicitaria di Linden Lab, Rouge Darcy e Missallsunday Lemon conoscono Second Life. Così si chiamano i loro avatar. Preferiscono non usare i loro veri nomi perché la vita reale è un’altra cosa. Dove spendono realmente i soldi guadagnati. Da una decina d’anni vivono creando acconciature virtuali. E vivono decisamente bene. Abitano in Italia e lavorano nell’altro mondo.
Lei ha studiato lingue orientali e lui architettura. Entrambi si sono formati da autodidatti nell’ambito della programmazione e design grafico. Hanno aperto quasi subito il loro negozio di parrucchieri su Second Life, Wasabi. E quasi immediatamente è diventato un lavoro a tempo pieno.
Perché spendere soldi per i capelli, i vestiti o altro per un avatar?
Rouge Darcy (R.D.) – “Perché è importante avere un certo aspetto come al di fuori della piattaforma. Tanti concepiscono Second Life come uno sfogo per quello che non possono essere nella vita reale. E non è una cosa necessariamente triste, anzi. Per altri ancora è un po’ come vestire le bambole. Un’acconciatura costa circa un dollaro, indipendentemente dal modello. Più o meno 250 Linden. Come tutti abbiamo un prezzo fisso. A meno che non facciamo qualcosa di particolare, per esempio elaborazioni molto impegnative. Anche in caso di ordini importanti il prezzo totale può variare. Ci arrivano molte richieste di customizzazione, ma in genere preferiamo evitarle, perché non vale la pena. Realizziamo non meno di un modello di capelli a settimana e in media ci mettiamo tre giorni. Al momento abbiamo circa duecento tipologie. Ogni tanto eliminiamo i modelli vecchi. Comunque anche altri oggetti più complessi normalmente non costano più di dieci euro”.
Una volta creato un personaggio non lo si può personalizzare autonomamente?
R.D. – “Fino a un certo punto sì. Second Life offre un sistema molto basico di personalizzazione e creazione. All’inizio era un po’ come costruire con i mattoncini. Andando in questi posti definiti sand box si potevano creare vari oggetti con forme geometriche semplici. Poi hanno introdotto delle funzionalità esterne, per le quali bisogna avere una certa competenza tecnica”.
Ed è in quel momento che avete iniziato a lavorare?
R.D. – “Esatto. Conoscendo il funzionamento di programmi 3D si ha la possibilità di creare elementi più complessi”.
Missallsunday Lemon (M.L.) – “Non c’erano tutorial, per cui ci siamo ingegnati. Oggi la piattaforma consente di creare varie tipologie di capelli, ma restano comunque basiche. I prim, o primitive objects, sono le forme base di Second Life. Gli sculpties sono la loro evoluzione. Poi nel 2011 sono arrivati i mash, elementi che si possono effettivamente modellare. Noi siamo stati i secondi in assoluto a usare questo sistema”.
Venite pagati in Linden Dollar, la valuta di Second Life. Se ne acquista un tot tramite carta di credito (reale) e si possono poi spendere solo all’interno della piattaforma. I bitcoin non c’entrano nulla?
R.D. – “No, per l’acquisto dei crediti Linden Lab accetta carte di credito e Paypal. Poi noi negozianti raggiunta una certa somma riconvertiamo i Linden dollar in dollari e li depositiamo in banca. C’è un cambiavalute. La società californiana trattiene una percentuale su tutte le transazioni. Non lavoriamo per loro però, siamo indipendenti”.
Quanto guadagnate?
M.L. – “Viviamo di questo. Anche se nell’ultimo anno i guadagni si sono notevolmente abbassati. Non so bene se sia una questione di crisi economica o del settore. Ma c’è da dire che esiste pure una forte concorrenza. Ormai di parrucchieri ce ne sono tantissimi, da ogni parte del mondo. Anche se quelli più famosi come noi sono una decina”.
Che spese avete?
M.L. – “Per avere un’attività commerciale bisogna avere un terreno, acquistato o affittato. Second Life è una sorta di oceano con tante isole”.
R.D. – “Oggi affittare un’intera isola costa più o meno duecento dollari al mese. Per comprarla si spende circa un migliaio di dollari più altri duecento dollari mensili. Soldi che servono principalmente per il mantenimento del server per far funzionare la tua isola. Per la tipologia di prodotto che vendiamo noi abbiamo deciso di costruire un negozio. Una cascina in stile toscano. Ma non è necessario. Se vendi per esempio oggettistica fantasy ti puoi creare una foresta magica e appendere le cose sugli alberi. L’edificio l’abbiamo costruito noi, ma gli arredi li abbiamo comprati. Altrimenti non avremmo avuto il tempo di lavorare”.
E la promozione?
M.L. – “Partecipiamo soprattutto alle fiere di settore. È lì che otteniamo più visibilità e passaparola”.
Ci si fa belli per conquistare? Se non sbaglio sesso e porno su Second Life negli ultimi anni sono aumentati.
R.D. – “Il porno c’è sempre stato, in realtà. Ma non è per forza predominante. Si può benissimo evitare quel mondo. Il sesso, per così dire, lo devi cercare. Anche se ovviamente, come dappertutto, è la cosa che vende di più”.
In che modo i personaggi possono far sesso?
R.D. – “Bisogna creare e comprare delle animazioni apposite. Ma puoi comprare animazioni di qualsiasi tipo. C’è tutta un’industria dietro. Chi si occupa di questo ha dei veri e propri studi di motion capture, allo stesso modo dei film o videogiochi. Le animazioni servono anche per i giochi di ruolo. Si possono ricreare molti dei giochi classici, come Dungeons & Dragons. Poi ci sono le fashoniste, quelle che si divertono a fare shopping, selfie o le sfilate di moda.
C’è anche il fenomeno della criminalità reale? Per esempio alla possibilità di riciclare denaro.
M.L. – “Se c’è noi non ci siamo mai imbattuti. Immagino sia possibile. Ma considera che sono tutte transazioni relativamente piccole”.
R.D. – “C’è stato il fenomeno della rivendita di terreni. Nel 2006 un’imprenditrice cinese (Anshe Chung, ndr) ha guadagnato una cifra equiparabile al milione di dollari con la compravendita di terreni virtuali. Ora però la logica economica di Second Life è cambiata. Ci sono più restrizioni”.
Bisogna dire che online si leggono diverse esperienze desolanti su Second Life. Voi invece state descrivendo un mondo piuttosto vivo. Come mai è percepita come una piattaforma ormai defunta?
M.L. – “C’è una barriera tecnica. Per usare appieno Second Life bisogna avere una macchina da gaming. E un’ottima connessione. Poi a livello di interfaccia le cose possono diventare complesse. Anche solo quando inizi ad acquistare personalizzazioni non è banale capire come utilizzarle. La quantità di azioni possibili può essere disarmante”.
R.D. – “Un’altra ragione è racchiusa nel nome stesso: è una seconda vita. Una vita che gli utenti tendono a mantenere rigorosamente separata rispetto a quella reale. Tengono molto all’anonimato”.
M.L. – “Questo cozza un po’ con la logica della maggior parte dei social network. Anche perché c’è sempre lo stigma di chi pensa che siccome c’è questo livello di anonimato su Second Life ci vai a fare le porcherie”.
Però non si può prescindere ormai dai social network. Avete delle alternative?
R.D. – “A parte Flickr e ultimamente Instagram, tra gli utenti va molto Plurk. Soprattutto tra quelli asiatici. È un social network che a differenza di Facebook non implica per forza esplicitare la propria identità. E poi ci sono sempre i fashion blog, per noi molto importanti. Lì si parla anche delle nostre acconciature. Tieni conto che quello che va di moda per le modelle e i modelli di Instagram va di moda su Second Life”.