La Cina ha un alleato prezioso nella sua lotta, a quanto pare vincente, contro il Coronavirus: la tecnologia. Mentre i numeri continuano a palesare che nella Repubblica Popolare Cinese i contagi stanno progressivamente scendendo (quasi nulli, ormai, al di fuori della provincia dell’Hubei), trapelano dettagli interessanti sulla macchina messa in piedi da Xi Jinping per frenare l’epidemia.
E sono dettagli che convalidano la visione del leader, che ormai da tempo ha sposato l’idea di una Cina pioniera delle nuove tecnologie, e non più solo fabbrica del mondo.
Le cronache dal fronte cinese ci raccontano di come, in queste settimane, i colossi dell’industria tech del Paese stiano svolgendo un ruolo di primo ordine nella lotta al coronavirus. E confermano anche che la tanto discussa raccolta dei dati personali dei cittadini, che in Cina viene eseguita con fin troppa parsimonia, sta risultando un alleato preziosissimo in questi giorni di emergenza.
La chiamata alle armi di Xi
Oltre un mese fa, Xi Jinping ha lanciato un appello alle aziende tecnologiche del Paese. Una sorta di chiamata alle armi contro l’epidemia. Del resto, sono passati più o meno diciotto anni dall’ultima grande emergenza sanitaria che ha vissuto il Paese: la Sars. Diciotto anni in cui la Cina è cambiata radicalmente, diventando player di primo ordine in settori strategici come la gestione dei dati e l’utilizzo dei software intelligenti.
All’appello di Xi, i colossi come Alibaba, Baidu e Tencent hanno reagito prontamente, mettendo sul tavolo tutte le loro migliori innovazioni: Big Data, Intelligenza Artificiale, robotica e device connessi. Un vero e proprio arsenale di nuove tecnologie messe a disposizione della Repubblica Popolare.
Dai Big Data all’Intelligenza Artificiale
Grazie ad applicazioni che utilizzano i Big Data, il governo ha intensificato il suo sofisticato e criticato sistema di sorveglianza, che vanta circa 200 milioni di telecamere di sicurezza installate in tutto il Paese. Oggi, lo stesso sistema viene utilizzato per far rispettare la quarantena ai pazienti infetti e per mappare i movimenti del virus.
Un po’ in tutta la Cina, inoltre, è cresciuto esponenzialmente – in queste settimane – l’utilizzo di telecamere intelligenti in grado di intercettare le persone che non indossano una mascherina, ma anche di effettuare una scansione termica in real time così da individuare eventuali casi di febbre.
SenseTime, una delle principali società di intelligenza artificiale in Cina, ha reso noto che il suo software di rilevamento della temperatura “contactless” è stato implementato nelle stazioni della metropolitana, nelle scuole e nei centri pubblici di Pechino, Shanghai e Shenzhen. La stessa società ha inoltre sviluppato una piattaforma in grado di riconoscere i volti, anche se i cittadini scansionati indossano le mascherine.
Alibaba, invece, ha sviluppato un nuovo sistema di diagnosi del Covid-19 basato sull’intelligenza artificiale che permette di rilevare – tramite scansioni tomografiche computerizzate (quindi tramite TAC) – nuovi casi di coronavirus con un tasso di accuratezza fino al 96%. Il tutto in 20 secondi, quindi abbattendo notevolmente i tempi d’attesa dei tradizionali tamponi.
I caschi intelligenti e gli smartphone
Secondo quanto riferisce il quotidiano cinese Global Times, le forze di polizia della città di Chengdu (nella provincia del Sichuan) utilizzano caschi intelligenti in grado di misurare la temperatura di chiunque, entro un raggio di 5 metri.
Ma è lo smartphone il dispositivo cardine, in questi giorni di emergenza. Grazie ad alcune applicazioni, i cittadini cinesi e le autorità stanno affrontando questa storia in modo molto più organizzato. Un’app chiamata Alipay Health Code (sviluppata dal colosso Alibaba) assegna ad ogni cittadino un colore: verde, giallo o rosso. Come un semaforo.
E questo indica chi può essere ammesso negli spazi pubblici, chi ha problemi di salute e chi deve rimanere a casa, in quarantena. L’app utilizza i big data in possesso alla Sanità cinese per identificare potenziali portatori di virus ed è stata adottata in oltre 200 città della Repubblica Popolare.
Anche Tencent, la holding che sta dietro alla popolare app di messaggistica WeChat (la più diffusa in Cina), ha lanciato una cosa simile basata su un codice QR. L’app si chiama “close contact detector” e avvisa gli utenti se entrano in contatto con un potenziale cittadino portatore di virus.
Il maggior operatore telefonico del Paese, China Mobile, ha condiviso con alcuni media i dati di spostamento dei suoi utenti affetti da virus: dal treno preso, fino alla metropolitana o al supermercato. E questo è servito a tracciare, in determinate città, le possibilità di contagio.
Le paure per la privacy
L’efficienza della macchina tecnologica cinese, nel rallentare il contagio da coronavirus sembra un fatto ormai accertato. Ciononostante, rimangono pensanti dubbi sugli effetti – diretti e indiretti – che questa nuova massiccia raccolta di dati potrà avere sulla privacy dei cittadini cinesi.
Molte delle app menzionate, infatti, richiedono agli utenti di registrarsi con il loro nome, numero di identificazione nazionale e numero di telefono. E attualmente non c’è grande trasparenza sul modo in cui il governo di Pechino stia effettuando i controlli incrociati. Più le app diventano diffuse, più cresce la paura che si possano verificare casi di discriminazione verso i cittadini invetti da coronavirus. È l’altra faccia della medaglia di questa storia. La più inquietante.