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NEW YORK – «Governare l’intelligenza artificiale per l’Umanità»: l’immensità e la complessità della missione affidata all’«AI Advisory Board», la commissione degli esperti dell’Onu incaricata di studiare regole comuni per cogliere le opportunità e minimizzare i rischi di queste nuove straordinarie tecnologie digitali, emerge fin dal titolo del rapporto appena messo in rete dai 38 membri dell’organismo (unico italiano il francescano Paolo Benanti, studioso di etica della tecnologia e docente della Pontificia università Gregoriana).

Una bozza che non propone soluzioni

Il documento non propone ancora soluzioni specifiche ma definisce i problemi da affrontare e indica le metodologie che verranno seguite nel prossimo anno per tentare di risolverli come nelle intenzioni del Segretario generale delle Nazioni Unite: quando, a ottobre, Antonio Guterres ha istituito questo nuovo organismo, ha chiesto agli esperti di proporre soluzioni concrete in un rapporto finale da presentare entro la fine del 2024, ma ha anche sollecitato la pubblicazione, già alla fine del 2023, di un documento nel quale fissare obiettivi e metodi di lavoro. La commissione, copresieduta dall’americano James Manyika (vicepresidente di Google/Alphabet) e dalla spagnola Carme Artigas (ministro della digitalizzazione del governo di Madrid) e che ha come relatore il politologo di Eurasia Ian Bremmer, ha scelto di non affrontare singolarmente le opportunità offerte dall’AI e i numerosissimi rischi (da quelli sul futuro del lavoro e dell’istruzione a quelli della «guerra automatica» fino a possibili minacce esistenziali per l’umanità), preferendo inquadrare tutte le problematiche in una griglia fatta di 5 principi-guida e di una serie di funzioni per tradurre questi criteri in azioni concrete e coordinate: con l’obiettivo di omogeneizzare, per quanto possibile, sviluppo e applicazione delle nuove tecnologie nelle varie parti del mondo e di creare standard tecnici e normativi comuni, in modo da creare una vera interoperabilità dei sistemi. Fissando, al tempo stesso, criteri comuni di sicurezza per il controllo di una tecnologia che può essere usata anche come arma e che, teoricamente, potrebbe diventare essa stessa una minaccia per l’umanità se sfuggirà al suo controllo.

I 5 principi cardine

Le intenzioni sono buone: i 5 principi fanno riferimento alla tutela dei diritti e delle libertà individuali, alla necessità di armonizzare le regole allo studio o già varate in alcune parti del mondo per creare una governance dell’AI equa e indirizzata alla sostenibilità ambientale, il tutto restando nella cornice della Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Onu. Ma tradurle in atti concreti è impresa ciclopica per la complessità dei problemi, la rapidità con cui la tecnologia evolve e, soprattutto, per il clima di contrapposizione tra grandi potenze e varie aree del mondo che rende sempre più difficile ogni forma di cooperazione.

Il lavoro della commissione

La commissione ne è consapevole, ma sa anche che l’Onu, unico foro di confronto comune riconosciuto da tutti i Paesi, anche se spesso incapace di decidere per via dei veti incrociati, è anche l’unica sede nella quale questo dialogo può prendere quota. Come? Individuando interessi, come quelli di sicurezza, che sono comuni a tutti i Paesi e replicando i modelli di cooperazione già esistenti negli organismi internazionali che regolano materie come l’analisi dei mutamenti climatici, le telecomunicazioni, il traffico aereo planetario, l’uso dell’energia nucleare, i sistemi internazionali di pagamento e quelli per la stabilità dei sistemi finanziari.
In concreto: si parte dall’ipotesi di creare un osservatorio analitico globale per coordinare le ricerche sugli aspetti critici dell’impatto dell’intelligenza artificiale nelle varie aree, sul modello dell’IPCC, la commissione Onu sul clima, mentre per la fissazione di standard tecnici globali ci si ispira alle esperienze dell’ICAO (l’organizzazione mondiale dell’aviazione civile) e dell’ITU (telecomunicazioni). Per le regole di sicurezza e la relativa sorveglianza si guarda, poi, all’esperienza IAEA (energia nucleare).

Il lungo percorso

Tante buone intenzioni e una road map. Vedremo nel prossimo anno se gli esperti venuti da ogni parte del mondo (Cina compresa), che ora apriranno una fase di confronto con le varie componenti delle comunità – dalle imprese ai lavoratori gli organismi della società civile – riusciranno a tradurre i propositi in proposte concrete. E fino a che punto i governi del mondo saranno disposti ad accettare regole comuni.

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