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L’impact investing richiede strumenti di valutazione. Che ora arrivano anche attraverso blockchain e big data

Se ti chiami Alice, stai per scegliere il tema della tua tesi di dottorato al Politecnico di Milano, e ti imbatti in Alice, una delle prime piattaforme digitali basate su database distribuiti per la misurazione dell’impatto sociale, la scelta di studiare le nuove frontiere di misura dell’impatto attraverso l’utilizzo dei big data e degli strumenti della data science è quasi obbligata.
Questo è accaduto ad Alice, la giovane studentessa che per prima mi ha raccontato della sua omonima Alice, una piattaforma che, facendo uso di grandi basi di dati e della tecnologia blockchain, aiuta le organizzazioni e le imprese sociali a migliorare l’impatto delle loro iniziative, consentendo la gestione trasparente dei progetti, sviluppando forme di finanziamento avanzate sul modello outcome-based, con rendimenti basati sui risultati misurabili dei progetti, e assicurando indipendenza e credibilità alle misurazioni di impatto che sono il sottostante fondamentale delle operazioni stesse.
Alice nasce dall’idea che l’attuale modello di finanziamento dei progetti sociali soffra di problemi che possono essere efficacemente affrontati grazie alle nuove tecnologie: investimenti in progetti inutili, investimenti ridotti per mancanza di fiducia e scarsa credibilità da parte dei finanziatori e dei filantropi ed infine difficoltà per i piccoli progetti innovativi a farsi conoscere e quindi scalare.
Grazie all’uso della tecnologia blockchain, Alice garantisce una misurazione indipendente dell’impatto generato dai progetti, assicurando trasparenza ai donatori e rendendo disponibile una valutazione di impatto affidabile e terza ai progetti sociali che sono oggetto di operazioni di impact investing. Inoltre, attraverso un reporting affidabile dell’impatto generato, Alice contribuisce a indirizzare le risorse verso i progetti col più alto potenziale di scalabilità.
La misurazione dell’impatto sociale è uno dei numerosi settori nei quali i Big data, la tecnologia blockchain e più in generale la data science, promettono di spostare la frontiera delle opportunità oltre i paradigmi di misurazione consolidati e contribuire in maniera decisiva alla scalabilità delle soluzioni e allo sviluppo del mercato per imprese e investitori.
Poiché la tecnologia della blockchain, una sorta di libro mastro decentralizzato e condiviso in cui vengono registrate transazioni certe ed immutabili grazie alle tecniche crittografiche e alla struttura distribuita del database, si è imposta originariamente come infrastruttura per lo sviluppo delle monete digitali, il suo utilizzo è spesso associato a questa applicazione e in generale alla transazione di valori monetari.
Tuttavia, essa si presta indifferentemente a gestire transazioni relative a qualunque tipo di bene, tangibile o intangibile, digitale o fisico, in ambito commerciale o sociale. Per questa ragione sono molti coloro che oggi prefigurano un rapido sviluppo delle applicazioni nel campo dell’impatto sociale, come ha spiegato il Direttore del Hyperledger Project nel suo discorso “Applying Blockchain Technologies for Social Impact” all’Institute for the Study of Human Rights. Ci sono in effetti buone ragioni per crederlo.
In primo luogo, alcune caratteristiche intrinseche di quella che qualcuno considera l’internet di nuova generazione, o internet del valore: la centralità del concetto di fiducia e reputazione e trasparenza, il principio di condivisione, il senso di comunità e democrazia associato all’architettura distribuita e decentralizzata, sono tutti elementi perfettamente compatibili ed anzi nativi dell’innovazione sociale. Ma anche e soprattutto alcuni elementi di valore concreto, quali l’immutabilità dei dati, l’indipendenza e la neutralità degli algoritmi e la connessa affidabilità delle informazioni contenute ed estraibili dai database distribuiti. Queste ultime caratteristiche sembrano poter contribuire a superare alcuni dei principali limiti che oggi rendono la misurazione di impatto sociale l’anello debole dello sviluppo di una nuova imprenditorialità sociale e del mercato della finanza di impatto.
Ma davvero c’è bisogno di innovare radicalmente le metodologie di misurazione dell’impatto? Il 2017 ha registrato un’ulteriore accelerazione nella crescita degli strumenti finanziari ad impatto sociale, sia in termini di asset gestiti sia in termini di flussi di investimento. Molte imprese sociali, anche in ragione degli obblighi di legge, si apprestano a svolgere il compito della misurazione di impatto per poter essere oggetto di investimenti. Molti finanziatori offrono prodotti e strumenti basati su metriche di impatto. E dunque, più importante e più centrale diventa questa classe di strumenti, più delicato e fragile appare il pilastro fondamentale sul quale essi poggiano: proprio le metriche di impatto, che costituiscono il sottostante fondamentale di qualunque transazione.
Vi sono rilevanti problemi di carattere tecnico e metodologico, ma ancor più importanti sono oggi le questioni legate alla cosiddetta governance della misura, con questo intendendo le modalità con le quali le parti coinvolte nella transazione, eventualmente insieme ad una terza parte indipendente, concordano sulla metrica di misurazione e sulle modalità con le quali verrà generata la misura che determinerà i pagamenti conseguenti.
Talune difficoltà sono strutturali e difficilmente eludibili, come il ritardo spesso considerevole tra azione ed effettiva manifestazione dell’impatto. Altre sono più gestibili e sono sostanzialmente riconducibili a tre categorie: primo, la disponibilità e l’affidabilità dei dati, secondo, l’articolazione e la frammentazione estrema delle dimensioni socio-economiche lungo le quali gli impatti si manifestano e la conseguente complessità, imprevedibilità e non linearità dei legami causa-effetto, terzo l’indipendenza, la credibilità e la terzietà della valutazione.
E’ abbastanza comprensibile, sulla base di questa elencazione che oggi si guardi all’universo dei big data, dell’algoritmica connessa e soprattutto alla tecnologia blockchain come strada ineludibile per sfondare il tetto di vetro contro il quale si infrangono gli attuali approcci alla misurazione di impatto al servizio della finanza e della filantropia.
Per ciò che riguarda la disponibilità dei dati, Davies Rhodri, alla Giving Thought Foundation, pensa che la misurazione di impatto sociale e la diffusione degli strumenti di impact investing, quali i social impact bond, possa fornire un incentivo decisivo per la raccolta sistematica dei dati. Si stanno in questo senso sviluppando organizzazioni e piattaforme che si propongono di facilitare la raccolta di dati per il sociale. Per esempio 360Giving supporta le organizzazioni sociali ad adottare un approccio open data, standardizzando, integrando e rendendo disponibili i dati in modo che possano essere utilizzabili per migliorare la comprensione dell’impatto sociale e le conseguenti scelte di filantropi e investitori.
Benché sia condivisibile l’idea di Rhodri che l’innovazione sociale fornisca alcuni incentivi naturali alla raccolta di small e big data finalizzati alla misura di impatto, è altrettanto evidente che molto dipende anche dalla capacità di definire governance e schemi di accordo pubblico-pubblico, privato-privato e pubblico-privato che consentano la raccolta e l’integrazione dei dati rinvenienti dalle interazioni digitali. In questo senso, la politica pubblica ha l’opportunità di svolgere, per una volta, un fondamentale compito di infrastrutturazione, non delegabile.
Il secondo punto di attacco della data science all’attuale impostazione della misurazione di impatto sociale risiede nella capacità di rinvenire relazioni e nessi causali complessi e imprevedibili tra i fenomeni, attraverso le tecniche di data analytics applicate a grandi basi di dati, che nel caso di fenomeni articolati, non modellizzabili ed imprevedibili, come le cosiddette impact cascades che si generano a valle dei progetti di intervento sociale, consentono misurazioni di una completezza difficilmente riproducibile anche con le più sofisticate tecniche controfattuali.
Va sottolineato a questo proposito, che l’elemento distintivo della imprenditorialità e della finanza ad impatto sociale è l’intenzionalità ex-ante che deve ispirare il modello di intervento. Significa in pratica che l’impatto sociale deve essere predeterminato ed intenzionale all’atto della definizione del modello imprenditoriale o dello strumento di investimento. In sostanza, la fase di preventivo dell’impatto sociale è largamente più importante di quella di consuntivo, differentemente da quello che è stato fino ad oggi l’approccio dominante, riconducibile alla pratica del bilancio sociale o di sostenibilità. La centralità del problema di prevedere l’impatto e non di consuntivarlo, rende quasi automaticamente obsoleta un’intera generazioni strumenti e affida alla data science, ai big data e agli algoritmi di machine learning la responsabilità di aprirne una nuova.
Infine, è evidente che la misurazione di impatto, soprattutto quando funzionale a transazioni finanziarie o filantropiche, richiede che i dati e gli algoritmi che li trattano siano associati ad un capitale di fiducia che renda i risultati credibili per tutte le parti coinvolte. In questo senso, ciò che fino ad oggi è stato assicurato dalla reputazione delle istituzioni che svolgono la misurazione, può credibilmente essere garantito dalle architetture di database distribuite e decentralizzate come quelle basate sulla tecnologia blockchain.
La tecnologia blockchain produce solo dati certi, perché basata su prove crittografiche anziché sulla fiducia. Tutte le transazioni sono memorizzate su una sorta di libro mastro distribuito e sono quindi verificabili a basso costo, in tempo reale, direttamente dalla persona che ne ha bisogno. La fiducia nell’intermediario, che nel modello attuale di misurazione di impatto ha l’onere di verificare la correttezza di tutti i dati, viene sostituita con la fiducia nel codice sottostante e nelle regole di funzionamento della blockchain. In altre parole, il ruolo di garanzia, neutralità e di terza parte indipendente nella misurazione, svolto fino ad oggi da istituzioni scientifiche, Trust, enti pubblici o privati dotati di particolare reputazione può essere affidato ad architetture di dati ed algoritmi e più in generale alle diverse applicazioni dell’intelligenza artificiale.
Senza nascondersi, naturalmente, i rischi connessi all’affidare agli algoritmi un compito di misurazione che sottende elementi valoriali imprescindibili, che rischiano di perdersi in oscure logiche di machine learning che non è scontato incorporino metriche e obiettivi che ispirano l’azione sociale.
In conclusione, la misurazione di impatto vive oggi una stagione di grandi attenzioni, polarizzate su approcci metodologici opposti, che vanno da chi predica l’inutilità di misurare, a chi sostiene la pericolosità di misurare, a chi riconosce nello storytelling l’unico modo reale di rendicontare l’impatto fino ai teorici dei big data e dell’intelligenza artificiale applicata all’impatto sociale. Innegabilmente, le nuove tecnologie aprono scenari dirompenti, che vanno compresi in tutte le loro implicazioni.

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