Iconsumatori compulsivi di media digitali sono come gli affamati che finiscono ad abbuffarsi in un fast food? Come Slow Food è nato per promuovere un’alimentazione sana e sostenibile, così Slow Communication nasce per promuovere una dieta mediatica equilibrata per tutti.
Avete presente la storia di Tony Schwartz, consulente di fama internazionale, che un giorno, non tanto tempo fa, ha sentito la necessità di una disconnessione digitale totale? Ne è uscito, dopo qualche crisi di astinenza, convinto di quanto sia essenziale imporsi delle pause quotidiane dalla Rete. Ecco, il Movimento Slow Communication nasce nella primavera del 2012 proprio con l’obiettivo di “riportare a terra” la nostra abbuffata virtuale, promuovendo una sana cultura digitale attraverso eventi pubblici, borse di studio in collaborazione con le Università e iniziative di solidarietà internazionale.
Ne parliamo con il fondatore, Andrea Ferrazzi, giornalista e consulente di comunicazione, che mercoledì 29 maggio presenta l’iniziativa a Roma nell’ambito degli “Stati Generali per la Comunicazione Politica” presso l’Università Luiss.
Per i nativi digitali, la Rete è come il pane. C’è davvero bisogno di fare attenzione?
Assolutamente sì. Pensiamoci: sino a non molti decenni fa il pane era un problema, nel senso che la sua presenza sulle tavole non era scontata e, quindi, non finiva nella spazzatura. Io ricordo i miei nonni: si infuriavano quando vedevano il pane buttato via, loro che avevano conosciuto la fame durante la guerra. Chi è nato nel benessere non dà importanza a questi aspetti: cosa vuoi che sia un pezzo di pane che non vale niente? E’, per così dire, una questione culturale. Analogamente i nativi digitali – soprattutto loro, ma non solo loro – danno per scontata la presenza delle nuove tecnologie nella loro vita, quindi l’accettano acriticamente, senza interrogarsi su un loro corretto utilizzo. Non si accorgono di assomigliare spesso a degli zombie messaggianti, per dirla con le parole di Jonathan Franzen. Pensano di avere centinaia di amici e non si accorgono che, in questo modo, anche l’amicizia è diventata un prodotto e non è più un valore. Stanno insieme, ma sono spesso soli. Racconto un aneddoto. Ogni mattina, alle sei e trenta, mentre vado a prendere il treno in auto, incontro una ragazzina e ogni giorno la vedo china sul suo cellulare, che piova o ci sia il sole, che sia estate o inverno. E mi chiedo: si renderà conto del mondo che c’è lì fuori dallo schermo del suo telefono?
Quali sono i sintomi di un’indigestione mediatica?
Se i social media e le mail sono l’ultimo pensiero della sera e il primo del mattino, è già un sintomo emblematico. Ma il punto vero è quello che dicevo prima: dare per scontata la presenza delle nuove tecnologie nella nostra vita, quando si pensa che sia normale essere sempre connessi, quando non si dà più alcuna rilevanza alla qualità delle informazioni assunte. Chi frequentava i fast food pensava solo a riempire un buco nello stomaco e, così, ogni piatto andava bene. Poco importa se era un concentrato insapore di calorie. Lo stesso vale per i consumatori compulsivi di media digitali. Per contrastare l’ignoranza alimentare è nato Slow Food, ecco Slow Communication si propone proprio di promuovere una nuova cultura digitale.
Qual è il pericolo maggiore?
Accettare supinamente che la tecnologia condizioni la nostra vita, dimenticando che è a nostro servizio. Dobbiamo maturare la consapevolezza che abbiamo bisogno di momenti di disconnessione, anche per rimanere soli con noi stessi, per riflettere senza distrazioni e interruzioni, anche per annoiarci. A volte mi chiedo se i bambini di oggi sapranno ancora riconoscere l’odore dell’erba appena tagliata che a me evoca i ricordi dei giochi all’aria aperta. Nostalgia? Forse sì, ma mi chiedo che infanzia sia quella trascorsa negli spazi virtuali…
E quali sono, allora, gli ingredienti di una dieta equilibrata?
- Controlli periodici. Valutare periodicamente il proprio grado di cyber-dipendenza rinunciando a collegarsi: se dopo poche ore le vostre buone intenzioni crollano, iniziate a preoccuparvi e a pensare a una cura adeguata, magari una vacanza slow.
- Ridurre le ore. Limitare l’utilizzo dei social network e di Facebook in particolare per evitare cyber-dipendenza. Se avvertite la necessità di assumere una massiccia dose quotidiana di social network l’unica terapia è cancellare il proprio profilo.
- Alzare lo sguardo. Non trasformarsi in «zombie messaggianti» (la definizione è dello scrittore Jonathan Franzen) che non staccano mai il proprio sguardo, e quindi il proprio cervello, dallo schermo di un cellulare o di un tablet.
- Prendere tempo. Smettere di controllare cellulari e tablet come ultima azione della sera e come prima del mattino: se c’è una nuova mail è molto probabile che possa essere letta anche dopo mezz’ora senza compromettere la vostra esistenza.
- Parlarsi a voce. Non affrontare, per quanto possibile, argomenti complessi o delicati nelle e-mail o con gli sms: dato che i fraintendimenti sono molto comuni, è preferibile un colloquio telefonico o meglio ancora a quattr’occhi.
- Tornare al libro. Alimentare l’abitudine a leggere articoli lunghi e possibilmente d’autore e i cari vecchi libri: per i nativi digitali c’è una preoccupante incapacità a comprendere, analizzare e rielaborare testi scritti.
- Meditare. Coltivare i propri momenti di solitudine che, come insegna Zygmunt Bauman, è quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e dare senso alla comunicazione.