Le più installate sono quelle dedicate a fitness e benessere. Preoccupa però la scarsa chiarezza sulla privacy e sull’utilizzo dei dati sanitari sensibili
Il mercato internazionale è invaso da una marea di app sulla salute: secondo l’ultimo report del centro studi di Iqvia Institute sono più di 318 mila, con un tasso di crescita di oltre 200 al giorno. In Italia, non esistono dati ufficiali ma si parla di almeno 5 mila tra app che offrono servizi e informazioni tra le più svariate nel campo della salute e della medicina in senso stretto, del benessere e del fitness. Difficile trovare un bussola per orientarsi, capire quanto siano affidabili e sapere in che modo vengano utilizzati i dati sanitari (sensibili per loro natura) forniti. Tutte preoccupazioni espresse anche dal campione di oltre 800 italiani (54% uomini e 46% donne; 69% sotto i 45 anni) che ha risposto al sondaggio di Adoc (Associazione difesa orientamento consumatori) sulla diffusione delle app della categoria «salute».
La privacy
Già, ma come bilanciare l’interesse verso queste nuove forme di assistenza e gestione della propria salute con le ansie (giustificate) da privacy? «Bisognerebbe usare le app certificate come dispositivi medici, che sono pochissime ma ci sono — risponde Gianfranco Gensini, presidente della Società Italiana per la salute digitale e la Telemedicina (Digital SIT) —. I meccanismi di certificazione sono ancora poco strutturati, ma quello resta il percorso». Negli Stati Uniti, la Food and Drug administration (l’ente regolatorio per i farmaci e i dispositivi medicali) ha regolamentato il settore, classificando le app in base al rischio per il consumatore. In Europa, invece, non esiste una disciplina specifica. Nel dicembre scorso, però, la Corte di giustizia europea ha sancito in modo chiaro che software e app medicali rientrano fra i dispositivi medici (sono dunque soggetti al marchio CE), se hanno una finalità medica e indipendentemente quindi dall’essere utilizzati o meno sul corpo umano. Della questione si era occupato anche il nostro ministero della Salute (Direzione generale Dispositivi medici), che nel 2015 aveva individuato come priorità la creazione di un registro di notifica delle app di natura sanitaria e di un portale web per le procedure e i controlli di certificazione delle app mediche. Di entrambe le iniziative però, non si è saputo più nulla «Potremmo cercare di realizzarle noi — dice Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale telemedicina e nuove tecniche assistenziali all’Istituto Superiore di Sanità — . Abbiamo anche il Centro di innovazione tecnologica che si occupa della valutazione dei device e da tempo lavora anche su questi aspetti normativi dei software. Le professionalità ci sono, il problema però è avere le risorse».
Chi le usa
In base ai risultati dell’indagine Adoc il 69,1% degli italiani ha utilizzato almeno una volta un’app di questo tipo, nell’ultimo anno. Le app per fitness sono risultate le più utilizzate (44,6% delle preferenze), seguite dalle app «benessere» (28,6%) e infine dalle app «salute&medicina» (26,8%). I maggiori utilizzatori di queste app si collocano nella fascia d’età fra i 18 e i 25 anni (78,5%), intervallo in cui si trovano anche i maggiori utilizzatori delle app «fitness» (63,6%). Dopo i 60 anni c’è il minor tasso d’utilizzo, con il 55,5% dei consumatori che dichiara di non aver utilizzato neanche un’app «salute» nell’ultimo anno. Le app «benessere» sono state utilizzate in prevalenza da persone fra i 26 e i 45 anni, mentre le app «salute&medicina» sono le più utilizzate nella fascia 46 – 60 anni. Riguardo al genere, gli uomini usano le app «fitness e benessere» più delle donne, che al contrario utilizzano maggiormente le app «salute&medicina». Il 72,8% degli uomini, nel complesso, ha utilizzato almeno una volta una delle app salute, contro il 63,2% delle donne. Lo smartphone è lo strumento preferito, ma si sta facendo largo anche l’utilizzo di dispositivi esterni, come i braccialetti fitness.
Il welfare digitale
«I consumatori italiani sono molto interessati a monitorare e migliorare il loro stato di salute tramite l’uso di app dedicate — commenta Roberto Tascini, presidente di Adoc —. Siamo all’inizio dell’epoca del “welfare digitale”, al momento ancora auto-centrato, per cui nel settore Salute nei prossimi anni assisteremo alla sempre maggiore presenza di soluzioni di intelligenza artificiale, con un massivo utilizzo di app e nuove tecnologie, con un rapporto sempre più frammentato tra paziente e medico, e con i Big Data (l’enorme mole di dati prodotti anche nel contesto della sanità, ndr) a sorreggere tutto il sistema». A fronte di un atteggiamento di apertura, resta però alta la preoccupazione in merito alla raccolta e all’uso dei dati raccolti attraverso le app: il 21,7% di quanti non hanno utilizzato nemmeno un’app nell’ultimo anno motivano la scelta con il fatto di non voler fornire i propri dati sensibili e personali. Questo anche a causa di informative sulle privacy carenti. Nessuno degli intervistati ritiene infatti totalmente chiara ed esaustiva l’informativa rilasciata dalle app e solo il 7,1% l’ha considerata abbastanza trasparente e comprensibile. Anche a causa delle informative poco chiare il 57,1% dei consumatori si ritiene invece molto o estremamente preoccupato sulle modalità di raccolta e utilizzo dei propri dati personali, contro solo il 17,8% che si considera poco o per niente preoccupato. Per il campione intervistato, però, tutto questo non rappresenta un ostacolo insormontabile al desiderio di monitorare e migliorare il proprio livello di salute anche grazie all’ausilio di nuovi strumenti digitali.