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Il sito funzionava seguendo una logica piuttosto semplice. Venivano venduti nft one-to-one, cioè token unici e non replicabili, relativi a brani musicali anche molto famosi. In questo modo si replicava l’aspetto che più di tutti è in voga nel mondo degli nft, ossia quello del mercato dell’arte.Gli nft infatti non servono tanto a consentire la non replicabilità di qualunque elemento digitale, quanto a tracciarne la proprietà. Che poi è quel che da sempre succede con l’arte: tutti possono riprodurre o acquistare riproduzioni di famosi capolavori della pittura o della scultura, ma il proprietario dell’originale rimane sempre e solamente un’unica persona.Hitpiece – in quel momento ancora in versione beta – consentiva ai propri utenti di partecipare a delle aste al termine delle quali si vinceva l’nft di uno o più brani. Tra le canzoni messe all’asta vi è anche un brano famoso come Can you feel the love tonight, colonna sonora del Re Leone scritta e interpretata da Elton John. Sulla vecchia versione del sito si leggeva che gli utenti avevano modo di costruirsi la propria playlist di pezzi preferiti e avere accesso ad attività esclusive, talvolta anche in compagnia degli artisti. Peccato che tutto questo avvenisse senza autorizzazioni da parte degli artisti, che all’improvviso hanno trovato un’azienda pressoché sconosciuta che staccava dividendi importanti utilizzando le loro creazioni. Anche perché a un certo punto si è ipotizzato che dietro ai costanti rilanci delle aste ci fossero bot.

 (Foto: Getty Images)Su Twitter la reazione è stata particolarmente furiosa. La rock band Eve 6 ha scritto di non aver mai dato l’autorizzazione e ha diffidato i gestori del sito chiamandoli “bastardi” e aggiungendo che “gli nft sono una truffa”.Il gruppo hip hop Clipping ha commentato con un direttissimo (e intraducibile) “Fuck this scam shit”.Dopo le proteste, HitPiece ha fatto marcia indietro. Oggi l’homepage del sito è vuota. Rimane solo lo sfondo nero, il logo e una sola frase: “abbiamo avviato la conversazione e ora siamo in ascolto”.I pulsanti social rimandano a Twitter e Instagram. Su Twitter ci sono poco più di 1200 follower. L’ultimo post risale proprio a febbraio. Si tratta di una nota in cui l’azienda scrive di “aver toccato un nervo scoperto” e sottolinea sia di pagare gli artisti dei quali vengono venduti gli nft e sia di essere una versione beta che – in quanto tale – è nella fase di ascolto della domanda di mercato e dei feedback.

Su Instagram invece c’è solo qualche reel di presentazione e pochissimo altro. In compenso però di HitPiece restano un paio di cose assai rilevanti, oltre ovviamente al nome e all’azienda potenzialmente pronta a tornare da un momento all’altro sul mercato con qualche altra idea geniale.  In primis rimane una pratica commerciale scorretta eppure molto diffusa. Intervistata dal Guardian, l’artista olandese Lois van Baarle ha raccontato di aver trovato online centinaia delle proprie opere in vendita come nft seppur lei non avesse mai autorizzato nulla di tutto ciò. Come lei, migliaia di artisti in tutto il mondo hanno lamentato nel corso degli ultimi mesi sorprese simili, a dimostrazione dell’aumento di crimini simili.

In seconda battuta, di HitPiece resta il precedente: una protesta su Twitter, una mobilitazione di nicchia, e alla fine un danno reputazionale sufficiente a far chiudere un’azienda già avviata. Potremmo definirlo il potere delle bolle

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