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Un articolo pubblicato da due ricercatori neozelandesi sulla rivista Futures, ipotizza una nuova frontiera di sesso virtuale: l’avvento delle prostitute robot. Ma davvero potrebbero piacerci, secondo Wired ci sono almeno un paio di problemi.
Dagli anni ’90 gli appassionati di tecnologia hanno cominciato a parlare di realtà virtuale, ed ecco che non poteva mancare neanche il sesso virtuale. Ma oggi un articolo pubblicato da due ricercatori neozelandesi sulla rivista Futures, resuscita il sesso virtuale ipotizzando una nuova frontiera: l’avvento delle prostitute robot. I due studiosi neozelandesi autori del paper Robot, men and sex tourism, Michelle Mars (sessuologa) e Ian Yeoman (futurologo esperto in turismo), immaginano un mondo nel 2050 in cui le roboprostitute saranno la norma, e soprattutto, un futuro in cui malattie veneree e traffico sessuale saranno solo un brutto ricordo. “Che aspetto avranno le cybermeretrici (o i cybergigolò) del 2050? Saranno ammassi di ferraglia con attributi sufficientemente morbidi e realistici? Oppure organismi biomeccanici senzienti progettati per soddisfare gli uomini come la Wind Up Girl, l’ottimo romanzo (non tradotto in italiano) che ha fruttato il premio Hugo a Paolo Bacigalupi?”
Queste sono le domande che pone Wired. Ma Yeoman e Mars hanno ipotizzato che gli androidi saranno dotati di una pelle simile a quella umana, realizzati con particolari fibre antibatteriche che possano essere opportunamente lavate per impedire la trasmissione di patologie infettive. Nel futuro immaginato dai due neozelandesi la prostituzione diventerebbe un business senza pari, anche grazie al fatto che gli uomini potrebbero godere dei servizi della prostituzione senza doversi caricare sulle spalle il senso di colpa derivante dallo sfruttamento sessuale di un altro individuo. Inoltre, secondo i calcoli di Yeoman, Mars e con l’aiuto dei dati raccolti dal gruppo IAST (Initiative Against Sex Trafficking), quasi 4 milioni di persone sono ogni anno oggetto di smercio, tra questi almeno 1 milione sono bambini che finiscono regolarmente nelle spire del traffico sessuale. Per cui basterebbe allestire dei cyberbordelli nei paesi in cui c’è maggior richiesta, a convincere le migliaia di clienti di questo business a passare dalla carne ai circuiti, a ridurre la domanda di bambini e ragazze straniere, a creare un giro d’affari legale simile a quello che interessa oggi le Filippine e l’Olanda. Ma Wired pone alcuni dubbi, primo di tutti il fatto che i clienti del traffico sessuale non cercano soddisfazione sessuale, piuttosto una deviata forma di soddisfazione psicologica, per cui non è detto che il piacere si possa ritrovare in un atto con un robot.
Altro problema centrale riguarda l’aspetto che avranno gli androidi del 2050: raggiungeranno un sufficiente grado di similarità con gli esseri umani o il loro aspetto comincerà a disgustarci?.

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