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“Sicari reputazionali” senza scrupoli pronti manipolare il percepito di cittadini e pubblici di riferimento, e una cornice, quella della pubblica informazione, sempre più “corruttibile”, in cui il prezioso asset della fiducia viene sacrificato all’altare della convenienza economica, e in cui la linea di separazione tra verità e menzogna appare sempre più sottile.

Per anni, nel settore ci siamo dati un gran da fare parlando di “Responsabilità Sociale”, del valore, economico e sociale generato dall’inserimento di preoccupazioni di carattere etico all’interno del business e abbiamo insegnato alle aziende che “essere etici conviene”, abbiamo riempito il nostro vocabolario professionale con parole come autenticità, trasparenza, sincerità.

È giunto il momento di fare quello che nell’ultimo ventennio abbiamo insegnato ai nostri clienti: guardarci allo specchio, fare analisi e assumerci le nostre responsabilità. Ed è qui che entra in gioco l’etica. Non come un concetto astratto, ma come un pilastro solido e inamovibile, una pietra angolare sulla quale costruire ogni nostra azione di supporto professionale a brand, imprenditori, decisori politici.

A seguito di queste riflessioni, il 21 settembre, in un webinar organizzato da FERPI, il panorama del settore delle relazioni pubbliche e della comunicazione è stato analizzato sotto una lente critica, mettendo in luce insidie e responsabilità deontologiche che i professionisti del settore si trovano a dover affrontare e gestire nell’attuale e preoccupante scenario di un mercato dominato sempre più dalla pressione per mantenere buona – spesso a qualunque costo – la reputazione dei propri mandanti.

Nel corso del webinar, si sono alternate in un acceso e vivace dibattito le le voci di esperti ed esperte del calibro di Daniele Chieffi, Arturo Di Corinto, Giovanna Cosenza, Matteo Flora, Elisa Giomi, Nicola Menardo e Luca Poma.

Un primo confronto necessario, fortemente voluto e promosso dal Presidente Filippo Nani, che ha colto l’appello di Luca Poma e Daniele Chieffi di analizzare e approfondire un tema sempre più urgente in un’ottica di presa in carico strategica del futuro della professione.

Cosa è emerso nelle due ore di dibattito tra professioniste e professionisti?

Gli ideatori dell’evento, Luca Poma e Daniele Chieffi hanno aperto il dibattito offrendo un’analisi penetrante delle attuali dinamiche di gestione (e a volte manipolazione) della reputazione, che come sappiamo è l’asset immateriale più prezioso per qualunque organizzazione, e hanno evidenziato come la fragilità del panorama attuale possa rendere la professione vulnerabile a minacce e derive deontologiche allarmanti, tali da nuocere non solo al singolo professionista bensì all’intero comparto. La loro conclusione è stata chiara e assertiva: è essenziale concentrarsi sull’etica, prendendo in carico queste preoccupazioni mettendo a terra soluzioni concrete tali da perimetrare meglio gli ambiti e gli strumenti di intervento dei professionisti, levando ogni ambiguità.

Giovanna Cosenza, ha disegnato un quadro delle radici del concetto di “fake” analizzandone gli aspetti semiotici, psicologici e antropologici. Ha evidenziato come, nell’era dell’Intelligenza Artificiale, discernere tra verità e menzogna sia diventato un compito sempre più arduo.

Arturo Di Corinto ha offerto una prospettiva storica, guidandoci in un breve viaggio attraverso la storia della disinformazione, dalle astuzie dell’antica Grecia fino alle moderne tecniche di manipolazione mediatica.

Parallelamente, Elisa Giomi, in qualità di commissaria dell’AGCOM, ha delineato il panorama normativo attuale, fornendo un’analisi dettagliata sul diritto all’oblio e le sue implicazioni nel contesto contemporaneo.

Dal punto di vista legale, Nicola Menardo ha esplorato le oscure profondità delle “lavanderie reputazionali” e della “macchina del fango”, termini che evocano vividamente le tattiche utilizzate per alterare e manipolare la percezione pubblica, e le ricadute che questo genere di malepratiche possono avere sotto il profilo legale, inclusi gli eventuali strumenti di tutela.

Infine, Matteo Flora ha sottolineato l’importanza crescente dell’Intelligenza Artificiale nel settore della comunicazione specie digitale. Ha anche posto l’accento sulla crisi di autorevolezza che affligge i principali attori informativi, anche con riguardo alla disponibilità dei gruppi editoriali a porsi in modo acritico al servizio del brand (a pagamento, ovviamente) e ha sollevato domande cruciali sul futuro della professione del relatore pubblico e del comunicatore.

Ogni contributo ha – da angolazioni differenti – rafforzato l’appello per una sollecita presa in carico di queste criticità: le sfide alle quali i professionisti del mondo della comunicazione, delle relazioni pubbliche e del reputation management sono dinnanzi, ben centrate nel dibattito tra gli esperti coinvolti nel panel, evidenziano la necessità di un cambio di passo anche da parte delle associazioni di categoria.

In conclusione, nell’attesa di riorganizzare un secondo momento di confronto alla presenza anche del decano delle relazioni pubbliche italiane Toni Muzi Falconi, è emerso dunque un imperativo urgente, necessario, sfidante: occorre agire, anche immaginando la redazione di un codice di condotta e di autoregolamentazione che possa guidare l’azione dei professionisti del settore in questo complesso, delicato e mutevole panorama.

L’intero evento è visibile, su Youtube, a questo link:

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