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Influencer: crisi di reputazione per il comparto?

Il Natale, lo sappiamo, può essere un periodo un po’ “tricky”, come direbbero i giovani della GenZ: c’è chi si lascia trasportare dallo scintillio delle luci natalizie, dalle grandi mangiate con amici e parenti, dai momenti di convivialità e dallo scambio dei regali; e chi, preso dallo sconforto e dall’ansia sociale, non ama l’eccessivo fasto, ne critica il lato meramente consumistico e magari teme le rimpatriate familiari, con il loro carico di insidie e di immancabili “domande-trappola” degne del lungometraggio Parenti Serpenti di Mario Monicelli: “Il fidanzatino? E i figli? Ma quando vi sposate…?”.

Per gran parte del tessuto imprenditoriale, poi, il periodo natalizio rappresenta un’occasione irripetibile per spingere sulle vendite e chiudere l’anno con risultati auspicabilmente positivi. E, su intuizione dei marketer, gli influencer sono stati a lungo considerati alleati indispensabili per sfruttare al meglio questo momento: trasformandosi nei volti e nelle voci delle festività, i professionisti del digitale, hanno dato forma a campagne promozionali con risultati spesso significativi.


Una dimensione del fenomeno la da la recente analisi di Pulse Advertising ed Eumetra, condotta nell’ambito dell’Osservatorio InSIdE[1]. Lo studio sottolinea come le piattaforme Social siano ancora oggi fondamentali non solo per far conoscere un prodotto, ma anche per accompagnare l’utente fino alla conclusione del funnel di acquisto. Sono 29 milioni gli italiani che attualmente seguono almeno un creator, e di questi ben il 57% – cioè più di 21 milioni di persone – dichiara di prendere in considerazione un prodotto consigliato da un influencer, confermando il ruolo strategico di queste figure nelle decisioni d’acquisto. Un’industria, quella dell’influencer Marketing, che sul piano internazionale vale 16,4 miliardi di dollari nel 2022, con previsione di arrivare a quota 22,2 miliardi entro il 2025[2].

Come discusso nel nostro volume #INFLUENCER. Come nascono i miti del web, edito da Lupetti, negli ultimi anni gli influencer – o content creator, come molti di loro preferiscono definirsi – hanno assunto un ruolo centrale nelle strategie di marketing dei brand. Grazie alla loro capacità di catturare l’attenzione, influenzare le scelte d’acquisto e costruire connessioni apparentemente autentiche con il pubblico, sono diventati il motore di numerose operazioni di successo. Non a caso, durante il periodo che va dal Black Friday a Capodanno, le pagine Social di molti beniamini del web si trasformano in autentici canali di televendite digitali h24: un flusso incessante di unboxing di regali, esperienze accattivanti e “consigli per gli acquisti”.

Eppure, quello che sembrava un matrimonio perfetto tra marketing e Social media pare iniziare a scricchiolare vistosamente: il periodo natalizio, un tempo favorevole per re e regine del web, si sta trasformando invece in un terreno minato, con sovraesposizioni inopportune, accuse di mancanza di autenticità e un pubblico sempre più scettico, elementi che hanno reso le festività un banco di prova insidioso per gli influencer.

Cosa sta succedendo? Riavvolgiamo il nastro e tentiamo di fare chiarezza.

La genesi: Chiara Ferragni e il Pandoro-Gate

A un anno di distanza, il Pandoro-Gate si conferma un caso emblematico di come una campagna di influencer marketing che non tenga conto dei fondamentali del reputation management, possa trasformarsi in un vero e proprio boomerang reputazionale in grado di distruggere completamente un’azienda e il suo valore. Soprattutto, quel case-study dimostra come una gestione di crisi digitale non efficace possa mettere la parola fine a un business di successo, a ulteriore conferma – semmai ve ne fosse bisogno – che è il modo nel quale si gestisce (o – nel caso di Ferragni e dell’agenzia milanese che la affiancava – non si gestisce) la crisi a pesare, più della crisi stessa.

Un rapidissimo recap per i pochissimi che si fossero persi il caso di crisi reputazionale più “pop” del 2023/4 e più emblematico degli ultimi 10 anni: nel 2022 Chiara Ferragni e Balocco lanciano l’operazione commerciale Pandoro Pink Christmas, presentata come un progetto dal doppio appeal che si prefiggeva l’obiettivo di unire glamour e solidarietà per le feste natalizie. Una promessa, quella di devolvere parte dei proventi delle vendite all’Ospedale Regina Margherita, tutt’altro che trasparente: la donazione di 50.000 euro, effettuata mesi prima del lancio, non era in alcun modo legata alle vendite del prodotto, e ha trasformato quella che doveva essere una campagna solidale in una vera e propria operazione percepita dal pubblico come “ingannevole”.

Non è dovuto passare molto tempo finchè Selvaggia Lucarelli[3] – particolarmente attenta alla condotta degli influencer, e in particolar modo dei Ferragnez, la coppia Ferragni/Fedez – accendesse i riflettori sulla vicenda. Siamo nel dicembre 2023, esattamente un anno fa, quando l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) infligge una multa di oltre 1,4 milioni di euro per pubblicità ingannevole[4], facendo definitivamente esplodere il caso.

Nei mesi successivi, il tentativo di gestire la crisi non ha fatto che peggiorare la situazione. Il video di “non scuse” confezionato con l’aiuto di una nota agenzia milanese di comunicazione, con il celebre maglione grigio e la frase “si è trattato di un errore di comunicazione”, con quindi implicite accuse al pubblico di “non aver capito” quanto accaduto, è diventato l’esatto simbolo di ciò che non si dovrebbe fare in una crisi reputazionale.

 Su TikTok, il maglione grigio e “l’errore di comunicazione” sono un vero e proprio tormentone

Apparizioni successive dell’imprenditrice digitale, come la tardiva e poco efficace intervista al Corriere della Sera e la partecipazione a Che Tempo Che Fa, con Fazio totalmente piegato sulla narrazione dell’influencer, lungi dal permettere un recupero del dialogo con gli stakeholder, non hanno sortito l’effetto desiderato, anzi, hanno a tratti peggiorato la situazione, venendo percepite dal pubblico, sempre più attento alle carenze di autenticità, come mosse artificiose e rafforzando quindi l’idea del distacco ormai incolmabile tra Ferragni e i suoi follower.

Eppure, i segnali della crisi erano tutto tranne che deboli o difficili da intercettare: erano lì, visibili e lampeggianti come un’insegna al neon su una strada buia, tanto che uno degli autori di questo articolo ne scrisse con un anno di anticipo, parlando di “personal branding vacillante”.

L’apertura di un’indagine da parte dell’Antitrust avrebbe dovuto essere il campanello d’allarme per intervenire e programmare un’azione tempestiva di crisis communication: un piano strategico avrebbe potuto mitigare l’impatto della crisi, ma nulla di tutto ciò è stato fatto, nonostante l’intervento più che sollecito del socio di maggioranza Alchimia. L’improvvisazione, lato Ferragni, ha preso il sopravvento, e il risultato è stato disastroso: una comunicazione percepita come opaca e una gestione assai superficiale della crisi, tale da accelerare il declino anzichè fermarlo o rallentarlo.

Secondo i dati dell’agenzia Arcadia[5], nell’ultimo anno Chiara Ferragni ha perso oltre 1 milione di follower su Instagram, pari al 3,45% del totale, e registrato un calo di circa 50 milioni di interazioni rispetto all’anno precedente. Anche se i suoi numeri complessivi rimangono notevoli – 28,6 milioni di follower e post che raccolgono centinaia di migliaia di like, seppure non siano mancate le accuse di follower falsi ed acquistati sul mercato indiano – l’erosione della fiducia del pubblico è quanto mai evidente, e ancora più indicativo è stato il crollo delle collaborazioni sponsorizzate: brand un tempo in competizione per associarsi al suo nome, hanno preferito defilarsi, intimoriti dal rischio di accostarsi a un’immagine pubblica ormai ben più problematica che remunerativa. Chiara è diventata “radioactive”, come dicono in USA.

In ogni caso, il Pandoro-Gate ha lasciato un’eredità pesante, non solo per Chiara Ferragni, ma per l’intero settore dell’influencer marketing. Se la comunicazione non è – da tempo, anche se qualcuno pare non essersene accorto – solo marketing, ma anche e soprattutto reputazione, questo caso ne è l’esempio più lampante.

Ogni crisi contiene segnali premonitori e ignorarli significa permetterne la deflagrazione, e in un panorama in cui il pubblico è sempre più critico e consapevole, la fiducia è una risorsa tanto preziosa quanto volatile. Ferragni ha scelto di non affrontare i segnali e, così facendo, ha deciso il corso di una crisi che non si misura solo in numeri, ma in termini di credibilità persa e quindi di valore aziendale distrutto: perché nel suo mondo, quello delle influenze digitali, la credibilità è tutto.

Tuttavia, la domanda più intrigante è ancora un’altra: qual è stato – se vi è stato – l’impatto di un episodio così grande sulla categoria degli influencer? Scorrendo i commenti sui principali Social network, la risposta sembra chiara: l’aria è cambiata.

Nasce l’hashtag #InfluCirco

La verità – lampante agli occhi dei più attenti tra gli addetti ai lavori – è che milioni di utenti italiani, dai giovanissimi ai più esperti, hanno iniziato a manifestare una crescente insofferenza verso un sistema percepito come artefatto, ipocrita e disconnesso dalla realtà.

Questa enorme massa critica si è consolidata, ad esempio, attorno all’hashtag #Influcirco[6], diventato tra le altre cose un simbolo per chi critica apertamente uno stile di vita fatto di lusso sfrenato, ostentazione e consumismo. Gli influencer sono infatti sempre più spesso rappresentati – specie agli occhi della GenZ – come “clown”, figure grottesche che, dietro le narrazioni patinate, alimentano un distacco insopportabile dalla realtà di coloro che vivono dall’altro lato dello schermo, caratterizzata – in particolar modo dagli anni post pandemia – da crescenti difficoltà economiche, polarizzazione e disuguaglianze sociali.

Sotto #Influcirco si raccolgono quindi critiche sempre più frequenti, soprattutto da parte dei giovanissimi, consapevoli del potere di un loro “click”. Con spirito di denuncia, molti rappresentanti della GenZ smontano pezzo per pezzo le narrazioni patinate degli influencer, evidenziandone le contraddizioni.

La reputazione di un’intera categoria può davvero sgretolarsi in così poco tempo? Difficilmente, perché come discusso nel volume #Influencer[7], il percorso per essere riconosciuti come professionisti, e non come “fannulloni con un cellulare in mano”, è stato lungo e complesso, e non crollerà in un periodo di mesi o poco più. Tuttavia, anni di eccessi, sponsorizzazioni poco trasparenti e comportamenti percepiti come decisamente opportunistici, hanno danneggiato il legame di fiducia tra gli influencer e il pubblico, alla ricerca – quest’ultimo – di narrazioni più autentiche e sincere.

L’exploit di questo fenomeno può essere ricondotto proprio al caso Pandoro-Gate: l’episodio ha infatti spinto molti a interrogarsi non solo sul valore reale del lavoro degli influencer, ma anche sulla credibilità di un’intera industria.

La crescente attenzione agli hashtag come #supplied, #gifted e #invitedby riflette una consapevolezza collettiva sempre più marcata: termini che, pur obbligatori per legge, vengono spesso astutamente nascosti nelle storie o nei post, alimentando un senso di sfiducia e indignazione.

Domande come “Perché regalare beni e vacanze a chi potrebbe tranquillamente permetterseli?” si fanno sempre più spazio tra le critiche digitali, portando alla luce questioni che, sebbene latenti da tempo, trovano oggi un’espressione più esplicita e pungente. Non è un caso che #Influcirco venga spesso associato alla parola “scrocconi”[8].

Quindi, sono moltissimi gli influencer che, nell’ultimo anno, sono finiti sotto la lente di utenti sempre più attenti e smaliziati: da Paolo Stella, criticato per aver accettato un soggiorno omaggiato in un hotel di lusso in seguito a un guasto al condizionatore di casa[9], a Carlotta Fiasella, bersagliata per video in cui apre decine di pacchi regalo inviati dai brand[10], fino a Paola Turani, travolta dai commenti dopo aver ammesso candidamente di aver completamente dimenticato per un mese una borsa di lusso, ancora imballata, nell’armadio[11] (!).

Casi come questi sono ormai all’ordine del giorno: piccole (e meno piccole) crisi reputazionali online che non fanno che alimentare lo scontento e la sfiducia degli utenti in rete, rafforzando l’idea che molti influencer siano sempre più “lontani dal proprio pubblico”. Un 2024 quindi sdrucciolevole per chi si piccava di influenzare decine di milioni di persone. Fino ad arrivare ad oggi, con la “gogna Social”

Gli “eventi per gli influencer” e le tempeste reputazionali online

Natale, come abbiamo scritto nelle prime righe di questo articolo, pare essere un periodo critico per Influencer e creator digitali. Cosa sta accadendo in questi giorni alle nostre beneamate star del web?

TikTok, proprio mentre state leggendo, sta ospitando quella che potremmo ribattezzare una “civil-war” degli influencer italiani: una vicenda con tanto di schieramenti, video di replica al vetriolo, critiche asprissime, e una vera e propria levata di scudi, che sta intrattenendo gli utenti a suon di gossip e “rivelazioni”.


Se frequentate TikTok, difficilmente non vi sarete imbattuti in un video che tratta, più o meno direttamente, la storia legata alle famose “Feste degli influencer”[12]; se invece non amate il Social prediletto dalla GenZ, preparatevi con pazienza (e magari un po’ di popcorn) perchè persino il noto Accorciabro[13] ha dedicato due minuti per spiegare la situazione[14].

Tutto è iniziato con un video [15] pubblicato da Eleonora Arcidiacono, creator con oltre 425mila follower su TikTok: nel contenuto, che ha già superato i 5,3 milioni di visualizzazioni, Eleonora ha raccontato la sua esperienza al primo “evento per influencer” a cui abbia mai partecipato. “Gli eventi degli influencer sono così terribili come tutti dicono? Sì, e ora vi racconto tutta la verità”, ha esordito la giovane, descrivendo l’evento come un’esperienza “traumatica” e puntando, appunto, il dito sulla centralità dell’apparenza: “Mi sono ritrovata in una stanza piena di ragazze iper truccate, super pettinate, vestite benissimo, con tacchi alti. Tutte così, e sinceramente io mi sono sentita fuori posto”. Eleonora, che aveva scelto un abbigliamento più pratico, ha spiegato: “Non è che non mi interessasse l’evento, ma non volevo prendere freddo o svegliarmi con la bronchite. Non sto dicendo di essere migliore di loro, ma mi ha impressionato questa ossessione per un canone di perfezione irraggiungibile”.

L’influencer ha poi fatto luce, provocatoriamente, sulle contraddizioni tra quanto mostrato online e il comportamento nel privato:

“Posso capire che sui social mostriamo la nostra parte migliore, ma non puoi fare finta di essere Maria Goretti quando in realtà sei una snob altezzosa che per tre foto venderebbe anche sua madre”.

Ha quindi approfondito la sua riflessione, sottolineando quanto questo ambiente rischi di essere deleterio per giovanissime e giovanissimi: “Io ho 21 anni e ho lavorato su me stessa, ma non oso immaginare cosa potrebbe succedere a una ragazza di 16 o 14 anni buttata in questo mondo”.

Ebbene, il video ha innescato un vero e proprio terremoto[16] nel mondo degli influencer, spaccandolo letteralmente in due. Alcuni creator di spicco, come Gaia Bianchi (3,6 milioni di follower), Gianmarco Zagato (2,1 milioni di follower) e Nicole Pallado (1,4 milioni di follower) si sono schierati a sostegno di Eleonora, condividendo le sue riflessioni e lodando il suo coraggio nel voler far luce sulle dinamiche tossiche che contraddistinguono il settore.

Di tutt’altra opinione, invece, alcuni altri “big” della categoria, che hanno reagito con stizza e indignazione, accusandola di generalizzare. Tra questi, Carlotta Fiasella[17] (2,1 milioni di follower) e Sasy Cacciatore. Quest’ultimo si è lanciato in un lungo video critico[18], intimando a Eleonora di moderare il proprio malcontento:

“Non è un bel modo di integrarsi nella categoria. Questo video, come l’ho visto io, l’hanno visto le altre ottocento influencer ipotetiche. Se veramente hai visto questa cosa cafona che non si è capito di Maria Goretti, la prossima volta non saranno felici di fare amicizia”.

Il video però, a giudicare dalle reazioni del pubblico, si è trasformato in un vero e proprio boomerang, attirando a sua volta fortissime critiche, tanto che è stato alla fine cancellato e sostituito con un altro all’apparenza più riflessivo; ma il danno ormai era fatto.

Dal momento che i numeri contano sempre più delle opinioni, o quanto meno le giustificano e sostengono, sottolineiamo come – secondo un’analisi pubblicata da Il Messaggero[19] – il calo di follower per gli influencer che hanno attaccato Eleonora è stato evidente: Carlotta Fiasella ha perso a brevissimo tempo circa 100mila follower (passando da 2,2 a 2,1 milioni), Sasy Cacciatore è sceso da 859mila a 770mila, e Francesca Amara è passata da 510mila a 460mila. Nel frattempo, per contro, Eleonora ha visto crescere il suo seguito in modo significativo, passando da 280mila a oltre 425mila follower in pochi giorni.

Inoltre il danno non pare essersi limitato alla perdita di follower: sono diversi i brand che per tentare di tutelare la propria reputazione e non rimanere schiacciati dall’onda d’urto di questa crisi, stanno ritirando i propri ADV dai profili degli influencer interessati dalla vicenda, come Coccolino, la cui ADV è stata sospettosamente rimossa dai contenuti in evidenza della home page di Sasy Cacciatore, dopo una moltitudine di commenti negativi (sapientemente cancellati, violando ulteriormente una delle regole fondamentali del reputation management).

E le scuse? Non pervenute.

Goffi tentativi di recupero: parte seconda

Si sa, in questi casi la cosa più importante da fare – come suggerisce la migliore letteratura sulla gestione delle crisi reputazionali – è applicare il “solvente universale” di ogni crisi: scuse non condizionate. 

Potrà sembrare paradossale, ma negli ultimi anni – con l’affermarsi del web 2.0 e il conseguente elevato grado di partecipazione/interazione tra gli utenti – questa si è dimostrata in moltissimi casi la strategia più profittevole in caso di crisi. Le scuse sincere smorzano le polemiche, smussano le armi ai giornalisti, costruiscono un ponte di empatia con il pubblico, preservano quanto più possibile la reputazione e riducono le – inevitabili – richieste di risarcimento danni in sede giudiziale. Questa strategia può essere utilizzata come prima risposta a una crisi, in fase di post-crisi, o in entrambi i momenti. Tuttavia, pare qualcosa di assodato solo in teoria, perché nella pratica questa semplice regola viene purtroppo raramente applicata. 

Sasy Cacciatore e Francesca Amara, entrambi sotto contratto con la stessa agenzia e utilizzando (guarda caso) le stesse parole – come ricorda astutamente Accorciabro[20] – hanno pubblicato, a poca distanza l’uno dall’altra, un video che rientra nella categoria delle ormai celebri “non scuse” di Ferragniana memoria. Un sintomo evidente di come molti influencer – e le agenzie che li seguono, con i loro Social media manager – continuino a sottovalutare l’importanza strategica di scuse sincere e non condizionate per gestire al meglio una crisi reputazionale e in generale dimostrino ignoranza per le regole fondamentali che governano la costruzione e la gestione della reputazione. 

@accorciabro

L’agenzia di influencer gestisce una crisi d’immagine. #accorciabro

♬ suono originale – accorciabro

Anche se le scuse rappresentano una opportunità per l’influencer, offrendo la possibilità di mostrare la propria umanità “ricucendo” il rapporto con il pubblico, è infatti frequente, anche per strutture assistite da professionisti (o presunti tali), osservare una riluttanza quasi patologica nel chiedere scusa; al contrario, si preferiscono cavalcare improbabili e inconcludenti giustificazioni, pur di non incrinare quella – falsa e irreale – immagine di perfezione che si desidera continuare ad ostentare al mondo esterno. 

Eleonora Arcidiacono, invece, ha scelto una strada diversa. “Non potevo immaginare tutto questo, voglio dire grazie a tutti voi per il grande supporto”, ha dichiarato in un secondo video, esprimendo sorpresa per il sostegno ricevuto.  Un caso che va ben oltre una semplice scaramuccia tra giovani creator, ma che si è trasformato in un sintomo evidente di una frattura più ampia nel rapporto tra influencer e pubblico.

È ancora presto per capire se questa sarà una svolta significativa per il settore, ma una cosa è certa: il terreno per le star del web è sempre più sdrucciolevole, non solo in Italia ma su scala globale.

Un altro esempio emblematico è il caso di Matilda Djerf[21], influencer svedese con oltre 2,7 milioni di follower su Instagram e fondatrice del brand Djerf Avenue, che si è trovata al centro di accuse pesanti: secondo le denunce di alcuni ex dipendenti, diventate rapidamente virali sui Social media, l’influencer avrebbe creato un ambiente lavorativo tossico, caratterizzato da pressioni psicologiche e da una cultura aziendale percepita come lontana dai valori sostenibili e inclusivi promossi dal suo brand.

In definitiva, l’autenticità, ora più che mai, non è un’opzione, bensì una necessità.

Cosa dicono i numeri: il modello di influencer marketing è a rischio?

Nonostante le polemiche e i cambiamenti nel panorama digitale, parlare di una “morte” del modello influencer marketing appare quantomeno prematuro. I dati, infatti, raccontano una storia più complessa. Come evidenziato da Matteo Pogliani che nella sua newsletter Digital Scenario fa una analisi sull’influencer marketing[22], il settore non sta collassando, ma sta vivendo una fase di trasformazione strutturale.

Un esempio emblematico è rappresentato dai numeri delle attivazioni pubblicitarie su Instagram: nel primo semestre del 2023 si sono registrate 112.900 collaborazioni #ad, mentre nello stesso periodo del 2024 il numero è salito a 120.100 (+6,3%). Non solo: anche le interazioni generate da questi contenuti sono aumentate, passando da 60,4 milioni a 68,8 milioni (+13,9%). Questi dati dimostrano che, nonostante gli scivoloni reputazionali di alcuni big, il pubblico pare quindi non aver abbandonato l’influencer marketing.

Secondo uno studio presentato all’evento Digital Marketing 2024 di UPA[23], valore del mercato dell’influencer marketing in Italia ha raggiunto i 352 milioni di euro nel 2024, segnando un incremento del +9% rispetto all’anno precedente. Questa crescita è parte di un trend più ampio che vede la creator economy italiana raggiungere un giro d’affari di 4,06 miliardi di euro, con Instagram che guida il settore generando 3,3 miliardi di euro.

Tuttavia, questa crescita non può essere interpretata come un segnale di stabilità definitiva. Come sottolinea Pogliani, stiamo assistendo a un cambio di paradigma: i creator stanno gradualmente acquisendo più rilevanza rispetto agli influencer tradizionali. Non è un caso che il termine influencer sia spesso associato a un sentiment negativo, mentre creator mantiene una percezione più positiva, legata alla produzione di contenuti autentici e di valore.

Stimola tuttavia delle riflessioni l’inquietante circostanza che un Manifesto per la comunicazione etica nel settore dell’Influencer marketing, redatto dall’ONIM – Osservatorio Nazionale Influencer Marketing, in collaborazione con alcune delle più note boutique di comunicazione italiane, dopo essere stato messo a punto sull’onda lunga dello scandalo Ferragnez, nella primavera 2024, sia poi completamente sparito dai radar: non risulterebbe infatti né sul sito dell’ONIM né altrove in rete, se non – puntualmente ripreso dalla nostra redazione – sul sito della nostra rivista. La domanda è una: il settore degli Influencer e dei Content creator ha desiderio di aderire a stringenti linee guida di carattere etico, per evitare il ripetersi di disastri quali quelli, numerosi, già saliti all’onore delle cronache, o è segretamente intenzionato a continuare a macinare denaro senza alcuna regola, e mantenendo le mani completamente libere?

Influencer “rimandati a settembre” in gestione delle crisi reputazionali?

La verità è che gli influencer sono, prima di tutto, esseri umani, e, come tali, non immuni agli errori. Tuttavia, ciò che li rende particolarmente vulnerabili pare essere una diffusa e preoccupante scarsissima alfabetizzazione in tema di reputation management.

Le crisi reputazionali – per definizione, una situazione operativa che, se non affrontata adeguatamente e risolta, potrebbe avere conseguenze negative sui rapporti con uno o più stakeholder e sulla business continuity – rappresentano una delle sfide più complesse per chi vive di immagine e consenso.

Non basta un semplice “mi dispiace” per risolvere una crisi. Le scuse non sono solo una questione di buone maniere, ma uno strumento strategico e sofisticato che, se utilizzato con sincerità e competenza, può trasformare un momento di vulnerabilità in un’opportunità di riscatto. Come insegna la letteratura sul tema[24], il perdono del pubblico non è garantito, ma può essere conquistato attraverso un percorso ben preciso: ammettere l’errore, chiedere scusa senza condizioni, risarcire (materialmente o anche solo moralmente) gli eventuali danneggiati, promettere di non ripetere l’errore e compiere azioni concrete che dimostrino il proprio impegno a cambiare.

Eppure, il 2024 ha messo in luce una realtà desolante: molti influencer, pur supportati da agenzie che dovrebbero guidarli, si ostinano a ignorare questi fondamentali. I casi emblematici analizzati nell’articolo, dal Pandoro-Gate alle faide su TikTok, fino al caso internazionale di Matilda Djerf, non sono altro che la punta dell’iceberg di una crisi più ampia che coinvolge l’intero settore dell’influencer marketing.

Un esempio paradigmatico è quello delle “non scuse”, diventate ormai un classico del repertorio digitale: nonostante l’evidente delusione del pubblico, spesso si preferisce adottare improbabili giustificazioni pur di mantenere intatta quella facciata di perfezione che, paradossalmente, è proprio ciò che aliena il pubblico.

In un’era in cui la partecipazione e l’interazione sono alla base del successo digitale, la reputazione rappresenta un asset strategico da tutelare e presidiare con cura attraverso azioni concrete e, soprattutto, con un comportamento autentico.

Le bufere social e gli scivoloni reputazionali sono diventati un vero e proprio banco di prova per chi vive del consenso del pubblico, e la lezione è chiara: non è tanto l’errore a determinare il destino di un influencer, ma il modo in cui l’influencer sceglie di affrontarlo.

La crisis communication è una scienza sociale, e la competenza in questi delicati meccanismi non può essere improvvisata. Inoltre, l’autenticità, ora più che mai, non è un “accessorio” di una strategia di influencer marketing, ma un requisito imprescindibile per sopravvivere in un panorama digitale in cui il pubblico pare essere sempre più attento, critico, difficilmente manipolabile, soprattutto, intransigente verso chi cerca di costruire la propria fortuna ignorando il potere – e le aspettative – di chi sta dall’altra parte dello schermo.


Bibliografia essenziale


NOTE NEL TESTO:

[1] Pulse Advertising e Eumetra, Report influencer marketing e social media 2024, https://www.pulse-advertising.com/it/osservatorio-report-influencer-marketing-2024/ 

[2] Ogilvy, Influence Trends You Should Care About 2023 https://www.ogilvy.com/de/eng/ideas/ogilvy-2023-influence-trends-you-should-care-about

[3] Lucarelli, S. (2024), Il vaso di pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez, PaperFIRST

[4] Redazione Il Post (2023), L’Antitrust ha multato Chiara Ferragni e Balocco per 1,4 milioni di euro per la promozione ingannevole di pandori per beneficenza, Il Post https://www.ilpost.it/2023/12/15/chiara-ferragni-balocco-multa-antitrust/

[5] Redazione Rai (2024), Ferragnez a un anno dal “pandoro gate”: oltre un milione di follower polverizzati come zucchero, Rai News https://www.rainews.it/articoli/2024/12/ferragnez-a-un-anno-da-pandorogate-oltre-1-milione-di-followers-olverizzati-come-lo-zucchero-a-velo-ee9dd646-6ac2-4551-8f1f-920948f39cbd.html

[6] Redazione Il Mattino (2024), Influcirco, cosa significa il nuovo hashtag virale sui social: è finita l’era degli influencer?, Il mattino https://www.ilmattino.it/lifestyle/social/influcirco_cosa_significa_hashtag_social-8310311.html

[7] Op. cit.

[8] Benny Mirko Procopio, Dal rimprovero alla rider per aver usato il bagno alle vespe mangiate vive: le 5 più grandi assurdità degli influencer,  Il corriere https://www.corriere.it/cook/news/cards/dal-rimprovero-rider-aver-usato-bagno-vespe-mangiate-vive-cinque-piu-grandi-assurdita-influencer/influencer-no-scrocconi-internazionali.shtml

[9] Team digita, L’hotel di lusso gli regala una suite perché non ha l’aria condizionata a casa: è bufera sull’influencer, RDS https://www.rds.it/scopri/magazine/celebrities/lhotel-di-lusso-gli-regala-una-suite-perche-non-ha-laria-condizionata-a-casa-e-bufera-sullinfluencer

[10] Miguel Social Media Manager (2024), Polemica dei mega Unboxing TikTok, https://vm.tiktok.com/ZNewMuWpB/

[11] Scardi, S., Selvaggia Lucarelli contro Paola Turani, per il video sulla borsa da 3mila euro: “ancora non hanno capito”, Il Corriere https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/24_giugno_19/selvaggia-lucarelli-contro-paola-turani-per-il-video-sulla-borsa-da-3-mila-euro-gli-influencer-ancora-non-hanno-capito-e9ccdd73-d532-43b3-8e0f-be5a1bd93xlk.shtml

[12] Redazione IlFattoQuotidiano, Eleonora Arcidiacono ha infranto il silenzio sul mondo degli influencer, tutto fama e perfezione, Il Fatto Quotidiano https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/12/16/eleonora-arcidiacono-influencer-perfezione-illustrazione-cusano/7806038/

[13] Con oltre 250mila follower su TikTok e circa 340mila su Instagram, Accorciabro è il profilo gestito da Rudy, 34 anni, che ha portato in Italia un format già consolidato in Europa e negli Stati Uniti. Il concept? Ridurre all’essenziale i video che affollano i social, spesso lunghi monologhi di influencer o aspiranti tali intenti a parlare del nulla per interminabili minuti.

[14] Accorciabro, Video Tiktok https://vm.tiktok.com/ZNewMbpDx/

[15] Il video di Eleonora Arcidiacono, rimosso e in seguito ripubblicato https://vm.tiktok.com/ZNewM4REq/

[16] Benzi, Video tiktok https://vm.tiktok.com/ZNewMCmaC/

[17]Carlotta Fiasella, Video tiktok https://vm.tiktok.com/ZNewMXdM8/

[18] Sasy Cacciatore, Video Tiktok https://vm.tiktok.com/ZNewMCSxh/

[19] Esposito, A., Influencer perdono migliaia di follower, da Francesca Amara a Sasy Cacciatore: cosa è successo dopo il racconto di Eleonora Arcidiacono, Il Messaggero https://www.ilmessaggero.it/persone/influencer_perdono_follower_perche_francesca_amara_sasy_cacciatore_cosa_ha_detto_eleonora_arcidiacono-8543230.html

[20] Accorciabro, Video Tiktok https://vm.tiktok.com/ZNewMm44R/

[21] Amorosini, A. (2024), Matilda Djerf nella bufera: ecco cosa è successo all’influencer e imprenditrice svedese, Vanityfair https://www.vanityfair.it/article/matilda-djerf-nella-bufera-ecco-cosa-successo-influencer-imprenditrice-svedese

[22] Pogliani M. (2024), L’influencer marketing non è morto, cambia e cambierà. Ecco come, https://matteopogliani.substack.com/p/linfluencer-marketing-non-e-morto?utm_source=post-email-title&publication_id=955517&post_id=153353287&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=true&r=1x4o17&triedRedirect=true&utm_medium=email

[23]UPA,  Influencer Marketing 2024https://www.upa.it/it/eventi/im24.html

[24] Vecchiato G., Poma, L. (2012), Crisis management. Come comunicare la crisi: strategie e casehistory per salvaguardare la business continuity e la reputazione, Il Sole 24 Ore

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