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Ho letto con interesse sul vostro magazine online il pezzo dal titolo Trovare l’alba dentro l’imbrunire: ha ragione la giornalista, il passaggio da una società massificata, con una risposta preconfezionata eguale per tutti, a una società centrata sulle relazioni, è ormai una realtà. Per la stessa ragione, cresce l’interesse delle aziende per i digital-influencer in grado di parlare a una audience piccola, micro, a volte nano, ma molto mirata e realmente ingaggiata: da Chiara Ferragni, che pure mantiene il suo appeal (ma costa molti denari) a Il Giallino, ad esempio, ragazzo che parla ad altri ragazzi e fa divulgazione scientifica peer-to-peer, dialogando davvero con la propria community, e non limitandosi a pubblicare post patinati (e incassare i relativi cachet).

In buona sostanza, le aziende, in ritardo come al solito, si sono rese conto – e la pandemia c’entra molto marginalmente – che le persone, quelle vere e in carne ed ossa, preferiscono un dialogo reale con altri esseri viventi, che non solo sbavare dinnanzi a un manifesto (ancorché digitale).

Da tempo, la letteratura scientifica nel dominio delle scienze sociali ha rimesso al centro l’importanza dell’identità: specie le giovani generazioni, quelle cresciute su Tik-Tok, desiderano, cercano (e ammirano) le identità autentiche, nelle altre persone come nei brand. Preferiscono capire chi sei, rispetto a cosa hai, e facendolo ridisegnano un poco le nostre scale di valori, interrogandoci, provocandoci.

L’identità e l’autenticità corrono poi sui binari delle relazioni, si nutrono di esse: coltivando e migliorando la propria rete di relazioni, online come offline, le persone alimentano la propria sete di vero, di concreto, di autentico.

Spesso condividendo, ovvero dividendo con, sinonimo di possedere insieme, partecipare, offrire del proprio ad altri, e viceversa: nell’estenuante ricerca del giusto equilibrio che ci permetta di essere utili, e anche di trarre sopravvivenza da chi ci circonda, per proseguire nella nostra personale missione (quale che sia) nella quale coinvolgere sempre più altre persone, sempre più altre parti di noi.

La cosa curiosa è che ce ne si accorga solo ora, dal momento che in letteratura questi concetti sono una consolidata realtà da anni. Per una volta, la ricerca e l’università scavalcano la vita reale, anticipano i tempi, prevedono il sorgere di un sole che, per parafrasare il vostro titolo, è già sorto da tempo, solo che non ce ne siamo accorti: come ho raccontato nel mio ultimo volume dal titolo #Influencer, scritto a sei mani con i colleghi (e amici) Luca Yuri Toselli e Giorgia Grandoni, le relazioni autentiche sono il potentissimo solvente universale in grado di permetterci di risolvere più velocemente qualunque crisi personale e professionale, di evolverci e di gestire con successo qualunque processo di cambiamento, sul lavoro come nella vita.

Con buona pace dei vari Gianluca Vacchi, Elisabette Franchi, e via discorrendo, le varie “Milano da bere”, glamour, aggressive ed effimere, stanno – era ora – perdendo terreno dinnanzi ad aurore boreali da osservare con ritrovata calma e minor superficialità, alla ricerca non tanto di “vagonate di like” quanto della qualità del dialogo, della possibilità di porre una domanda, e del piacere di ricevere una risposta. Semplice, fin banale: oggi, nel mondo del digitale, alle porte del metaverso, con un piede immerso negli oceani digitali e uno ancora a terra piantato sulla vita reale, riscopriamo il piacere dell’essere umani.

Luca Poma

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