Le terribili immagini del pilota giordano, Muat al-Kaseasbeh, arso vivo nel video diffuso da Isis non hanno sconvolto solo gli occidentali. La decisione di giustiziare, in maniera così violenta e drammatica, un islamico e di mostrarne l’atroce morte tra le fiamme a tutto il mondo, non è piaciuta neanche ad alcuni simpatizzanti dello Stato Islamico.
Una reazione non del tutto imprevista dai comunicatori online di Isis, se è vero che appena 10 minuti dopo la prima diffusione del video, nei forum jihadisti circolavano delle vere e proprie “note di linguaggio” che i disseminatori più attivi nel web avrebbero dovuto utilizzare nelle discussioni che, sicuramente, sarebbero nate a seguito dell’evento.
Agendo come una qualsiasi organizzazione internazionale, lo Stato Islamico ha realizzato – presumibilmente nei giorni compresi tra il 3 gennaio, quando sarebbe stato giustiziato al-Kaseasbeh, e il 3 febbraio, giorno in cui è stato diffuso il video – un vero e proprio piano di comunicazione di crisi.
Un documento che ha persino un nome (terribile, quanto la vicenda che ne ha decretato l’origine): “Moaz è stato bruciato vivo, di seguito la giustificazione islamica per questa tipologia di atto”. Praticamente una guida – piuttosto dettagliata – da utilizzare in risposta tutte le proteste e alle obiezioni mosse da simpatizzanti islamici inorriditi da quanto successo.
Secondo il sito vocativ.com, che attua un costante monitoraggio del deepweb, l’autore sarebbe uno dei moderatori del forum Al-Platform che, stando a quanto si legge nel testo in arabo, deve aver faticato molto a trovare frasi adatta. Non vi sono infatti giustificazioni religiose provenienti dal Corano ma solo frasi generiche, che mostrano tutta la debolezza della motivazione in esse contenuta. In quella considerata centrale viene consigliato di dire, a chi dovesse lamentarsi dell’accaduto, che “molti studiosi oggi ritengono che sia una cosa positiva bruciare la vittima”. Ma, in realtà, il Corano vieta espressamente di bruciare le persone.
Le obiezioni nate in seguito alla terribile vicenda di Muat al-Kaseasbeh non sono le prime mosse all’operato di Isis nei confronti delle esecuzioni di islamici. La decapitazione di Peter Kassig, l’ostaggio statunitense che si era convertito all’Islam, aveva sollevato alcuni dubbi nelle comunità online facenti capo a Isis. Il caso di al-Kaseasbeh però ha creato maggiori problemi, sia in termini di giustificazione sia di impatto. Anche tra i più fedeli a Isis ardere vivo un islamico – per quanto traditore e “maiale” come era stato definito nel terribile hashtag lanciato a dicembre su twitter #SuggestAWayToKillTheJordanianPilotPig (suggerisci un modo per uccidere il pilota giordano maiale) – è qualcosa che va decisamente oltre la guerra in nome del Califfato.