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Il GRI Reporting Framework stabilisce i principi e gli indicatori che le organizzazioni possono utilizzare per misurare e comunicare efficacemente la loro performance economica, ambientale e sociale.Attualmente si tratta del framework per la rendicontazione di sostenibilità più utilizzato al mondo, ma sono molti i limiti di quello che di fatto è ormai lo standard di riferimento anche nel nostro Paese.
Gli indicatori del GRI sono troppi, lo abbiamo già spiegato su GreenBiz.it illustrando la prima iniziativa di semplificazione realizzata in Italia dal CSR Network insieme all’ISTAT. Inoltre, pur riducendo il numero di indicatori, permane il problema che sono indicatori espressi con unità di misura non dialoganti fra di loro e non integrate con il metro economico del bilancio aziendale.

L’effetto è quello di una selezione arbitraria, seppur standardizzata, di indicatori che rimangono parziali, in quanto esprimono maggiormente l’impegno dell’impresa in determinate aree di miglioramento, piuttosto che una misura unitaria del benessere economico, sociale e ambientale generato dalle attività aziendali. L’esito è quello di avere numeri non omogenei tra loro, caratterizzati dall’impossibilità di una comparazione delle prestazioni di sostenibilità tra imprese dello stesso comparto.
Gli indicatori Gri, quindi, sono abbastanza efficaci?
Valter Serrentino, Responsabile CSR Intesa Sanpaolo. “Utilizziamo gli indicatori GRI dal primo Rapporto di Sostenibilità, perché li riteniamo adeguati alla rendicontazione degli impegni che Intesa Sanpaolo assume nei confronti degli stakeholder. Gli indicatori GRI sono la base della confrontabilità fra le aziende sul tema della responsabilità sociale e ambientale in termini puntuali e in serie storica. In questo senso sono sicuramente efficaci, anche se una maggiore sintesi – come quella proposta da Istat – darebbe un quadro di migliore comprensibilità”.
Filippo Bocchi, Direttore CSR Gruppo Hera. “Ho un’opinione molto positiva degli indicatori del Global Reporting Initiative, che peraltro sono stati implementati dall’Associazione con il coinvolgimento diretto delle aziende attive nella CSR. Si tratta di linee guida e indicatori trasversali, che ogni azienda deve adattare alla propria realtà, assolutamente utili non solo a impostare una rendicontazione di buon livello, ma anche per supportare i CSR manager ad introdurre in azienda livelli crescenti di trasparenza e cultura dell’accountability”.
Andrea Molocchi, partner di Ecba Project. “Gli indicatori di CSR non sono mai troppi, in quanto testimoniano la volontà dell’impresa di misurare quantitativamente le proprie performance nelle diverse aree della sostenibilità. Il problema è quando gli indicatori non pervengono ad una sintesi, che è invece necessaria per migliorare la comunicazione con gli stakeholder, e affinché i mercati possano effettivamente recepire gli indicatori di sostenibilità come fattore di vantaggio competitivo, in aggiunta agli indicatori finanziari. L’obiettivo è di integrare il valore di performance nelle diverse aree della sostenibilità d’impresa evitando i sistemi a punteggio, in maniera tale da effettuare confronti fra imprese utilizzando un unico metro di misura, quello economico. Questo obiettivo richiede ad un ripensamento in chiave costi benefici del processo di formulazione degli indicatori, a partire dalle basi di dati disponibili, come quella ISTAT. Fra gli indicatori del GRI ce n’è uno, il valore economico diretto generato e distribuito -che è stato fra l’altro ripreso nel novero dei dieci indicatori del CSR Network/Istat-, che ambisce a formulare una sintesi utilizzando il metro di misura economico. Tuttavia, questo indicatore è ancora espresso in maniera incompiuta, ben lontana dalla standardizzazione rispetto alla nozione ISTAT di valore aggiunto, concetto chiave dell’analisi costi benefici, oltre che della contabilità nazionale. Inoltre, questo indicatore va integrato con le esternalità ambientali che ricadono sulla popolazione. L’approccio di Environmental Cost Benefit Analysis adottato da Ecba Project punta alla sintesi, valorizzando il lavoro già svolto dall’impresa responsabile sui principali indicatori di sostenibilità ambientale e proponendo al CSR delle imprese una valutazione integrata del valore economico diretto generato, delle sue esternalità ambientali e dei benefici esterni. Gli indicatori di dettaglio sulle principali aree possono continuare ad informare il pubblico più esigente. Ma accompagnati da un indicatore di sintesi che parli in euro”.

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