Il legame essenziale fra obiettivi ESG e performance finanziaria
È fondamentale per costruire un modello d’impresa sostenibile
È fondamentale per costruire un modello d’impresa sostenibile
Negli ultimi anni abbiamo assistito a enormi progressi nella standardizzazione e quantificazione dei parametri per misurare la performance di un’azienda rispetto ai criteri ESG (ambientali, sociali e di governance). È notevolmente aumentato anche l’interesse degli investitori per quelle aziende che possono vantare punteggi ESG elevati o che danno l’impressione di prendere sul serio gli obiettivi ESG. La realtà, però, è che sono sorprendentemente poche le aziende che riescono a fare progressi significativi in questo ambito. Delle 2.000 multinazionali monitorate dalla World Benchmarking Alliance, la maggior parte non ha nessun obiettivo dichiarato in materia di sostenibilità e, fra quelle che ce l’hanno, pochissime sono sulla strada giusta per centrarli. Perfino le aziende che stanno facendo progressi nella maggior parte dei casi si limitano a introdurre cambiamenti lenti e incrementali, senza traccia delle trasformazioni strategiche e operative di fondo che sarebbero necessarie per rispettare l’Accordo di Parigi o gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Un’azienda che non incorpora i fattori ESG alla strategia interna e alle decisioni operative e non informa gli investitori sugli effetti che producono i miglioramenti in quest’ambito sugli utili aziendali, quando rivendica di aver fatto progressi rispetto agli obiettivi di sostenibilità sta facendo, nella migliore delle ipotesi, solo un esercizio di relazioni pubbliche (e nella peggiore delle ipotesi sta deliberatamente fornendo indicazioni fuorvianti).
Alcune imprese, fra cui BoKlok (un produttore svedese di case prefabbricate), ENEL (la compagnia elettrica italiana), Discovery (una compagnia di assicurazioni sudafricana), Mars Wrigley (la divisione caramelle e chewing gum della Mars) e Nestlé (il colosso svizzero del settore alimentare), stanno impegnandosi per fare della sostenibilità una parte integrante della loro attività strategica e operativa, creando un collegamento fra performance finanziaria e performance sociale. (Per trasparenza: queste aziende sono state clienti della nostra società, FSG, o hanno finanziato la nostra Shared Value Initiative.) L’articolo che state leggendo propone un processo in sei passaggi che altre aziende possono utilizzare per integrare pienamente la performance ESG nei loro modelli d’impresa.
In più di vent’anni che conduciamo ricerche e lavoriamo sulle tematiche di sostenibilità insieme ad aziende del Fortune 100 di ogni parte del mondo, abbiamo scoperto che quando il sistema di misurazione e rendicontabilità per la performance ESG è totalmente separato da quello che definisce la redditività e determina il prezzo del titolo azionario i dirigenti non riescono a vedere le dipendenze reciproche fra i due tipi di performance. L’accresciuta attenzione per le tematiche ESG, infatti, non ha modificato, in generale, il modo in cui le aziende prendono decisioni su questioni strategiche e investimenti. Non ha neppure contribuito a rivelare le tensioni e le opportunità che derivano da una comprensione degli effetti della performance ESG sulla redditività dell’impresa. Il risultato è che la maggior parte delle aziende continua a trattare la sostenibilità come una questione secondaria, un problema di reputazione, regolazione e rendicontazione più che una componente essenziale della strategia aziendale. L’allocazione dei fondi e le decisioni finanziarie operative continuano a essere prese con modalità tali da produrre danni sociali e ambientali e le aziende si affidano ai magri fondi che stanziano per responsabilità sociale, filantropia e relazioni pubbliche per rimediare a posteriori o sviare altrove i problemi creati da queste decisioni.
Prendiamo, per esempio, ExxonMobil, che ha proclamato la sua intenzione di diventare un’azienda “coerente” con l’Accordo di Parigi, riducendo l’impatto ambientale della sua attività. L’azienda intende, allo stesso tempo, continuare a investire con forza su nuovi giacimenti di gas e petrolio. I sistemi di valutazione ESG esistenti consentono a ExxonMobil di denunciare solo le emissioni prodotte dalla sua attività operativa interna, senza tenere conto delle conseguenze ambientali del petrolio e del gas che vende. Sfruttando i limiti di questo parametro, nelle classifiche ESG più diffuse ExxonMobil riesce a collocarsi nel quartile più alto, su quasi 30.000 aziende. Il suo tanto sbandierato stanziamento di 15 miliardi di dollari per soluzioni a basse emissioni non tiene conto dei 256 miliardi di dollari di ricavi, nel 2019, che dipendevano interamente dai combustibili fossili e che fanno della multinazionale americana il quinto maggior produttore di gas a effetto serra sul pianeta. Insomma, l’impressionante impatto dell’azienda sul pianeta e il dilemma esistenziale che si trova ad affrontare riguardo al proprio futuro economico trovano riscontro solo in parte nel suo punteggio ESG e non vengono tenuti in considerazione nelle decisioni strategiche della dirigenza.
Un altro esempio è quello di Tyson Foods, un’azienda che produce carni di pollo, manzo e maiale. Nel 2016 aveva preso l’impegno di ridurre le emissioni di gas serra del 30% entro il 2030, ma da quel momento, in realtà, le sue emissioni sono cresciute mediamente del 3% l’anno. La nostra analisi suggerisce che è impossibile che la Tyson Foods possa realizzare i suoi obiettivi finanziari e allo stesso tempo i suoi obiettivi ESG dichiarati. Non è un caso isolato: numerose aziende prendono impegni ESG che sono incompatibili con la propria realtà di business e, fintanto che i parametri ESG resteranno scollegati dalla rendicontazione finanziaria, queste incoerenze persisteranno.
Se le imprese vogliono andare oltre le semplici operazioni di facciata, i loro dirigenti dovranno prendere di petto le contraddizioni (e abbracciare le sinergie) fra profitti e benefici per la società, e apportare i cambiamenti coraggiosi che sono necessari se si vuole realmente produrre risultati rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Andiamo a guardare nel dettaglio il processo in sei passaggi per riuscirci.
Un buon punto di partenza consiste nel consultare l’elenco, compilato dall’International Sustainability Standards Board, delle tematiche ESG rilevanti per ogni settore, definite come «quei fattori di governance, sostenibilità o rilevanza sociale suscettibili di influenzare la condizione finanziaria o la performance operativa delle imprese all’interno di un settore specifico».
In alcuni casi, il collegamento fra tematiche ESG rilevanti e performance finanziaria è semplice e diretto. Il grosso dei ricavi di ExxonMobil deriva ovviamente dall’impiego di combustibili fossili da parte dei suoi clienti, ma nel suo rapporto di sostenibilità non riporta le emissioni di gas serra generate dalla clientela. La tematica ESG più rilevante per Discovery, una compagnia di assicurazioni vita e sanitarie attiva a livello internazionale, è la salute dei suoi clienti, perché è un elemento che influenza direttamente la sua performance finanziaria. A differenza di ExxonMobil, tuttavia, Discovery ha affrontato con decisione il legame fra queste problematiche, usando un sofisticato sistema di ricompense per incoraggiare i sottoscrittori delle sue polizze (singoli individui e quelli che da loro dipendono) ad adottare comportamenti più salutari, come fare più esercizio fisico, migliorare l’alimentazione e andare regolarmente dal medico. Tiene sotto osservazione il costo degli incentivi, la loro capacità di produrre cambiamenti nei comportamenti e l’impatto di questi cambiamenti sui costi medici e i risultati sanitari.
Discovery usa questo approccio per ottimizzare costantemente la relazione fra salute dei clienti e introiti dell’azienda. Ha fatto numerosi investimenti che la differenziano da altre assicurazioni vita e sanitarie, come regalare ai suoi clienti orologi Apple che le consentono di monitorare a distanza l’attività fisica e tenere traccia dei dati sull’esercizio fisico di oltre 11 milioni di clienti al giorno. Il fatto di promuovere la salute dei clienti come elemento chiave della strategia aziendale ha creato una posizione competitiva unica e favorito l’espansione globale e una maggiore redditività della Discovery rispetto ad altre compagnie assicurative. Studi accademici rigorosi condotti dalla RAND, dalla Johns Hopkins e da altri hanno dimostrato che i costi medici dei clienti che hanno un’assicurazione sanitaria della Discovery sono inferiori del 15% rispetto a quelli assicurati con altri concorrenti locali, e l’aspettativa di vita dei clienti delle assicurazioni vita della Discovery è maggiore di 10 anni.
In altri settori, il collegamento fra l’impatto sociale e ambientale delle azioni e dei profitti di un’azienda può essere più complesso. Nel settore dei prodotti alimentari, il valore nutrizionale dei prodotti venduti è una tematica rilevante ovvia e diretta; un fattore meno visibile sono le attività operative dei fornitori delle materie prime necessarie, che possono rappresentare il 50% o più di tutti i costi finanziari sostenuti dall’azienda. Materie prime agricole come quelle che usa Mars Wrigley provengono spesso da piccoli coltivatori in Sudamerica, Africa e Asia. Anche se garantiscono un notevole risparmio rispetto alle materie prime provenienti da grandi aziende agricole situate nei Paesi sviluppati e generano reddito per i piccoli agricoltori, le tecniche di coltivazione meno sofisticate che usano questi ultimi pongono inquietanti problemi sociali e ambientali, come lavoro minorile, sfruttamento idrico e deforestazione, che accelerano i cambiamenti climatici.
Mars Wrigley traccia sistematicamente l’impronta ecologica e l’intensità di consumo idrico delle colture che acquista in tutto il mondo, unitamente ai dati sui redditi dei coltivatori. La sfida è mantenere un vantaggio in termini di costi rifornendosi da Paesi a più basso reddito, ma ridurre al tempo stesso la povertà e i danni per l’ambiente. Applicando questo approccio alle forniture di menta da piccoli coltivatori in India, per esempio, si è avuto un incremento del 26% dei guadagni dei coltivatori e un decremento del 48% dell’uso non sostenibile di risorse idriche, consentendo all’azienda di mantenere un importante vantaggio in termini di costi.
Non saranno dei miglioramenti incrementali delle attività operative a produrre il massimo impatto sociale e ambientale, bensì delle scelte strategiche di fondo, e questo vale per qualsiasi azienda. Le startup, che non hanno il peso del passato con cui fare i conti, spesso scoprono vantaggi strategici ripensando i modelli d’impresa del settore alla luce delle conoscenze attuali. Quando Discovery entrò per la prima volta nel mercato assicurativo, quasi trent’anni fa, fece leva sull’influenza dell’alimentazione e dei comportamenti sulla salute per inventare un modello d’impresa più redditizio, diverso da quello dei concorrenti già consolidati nel campo delle assicurazioni sanitarie. Per sfruttare i timori dei consumatori per i cambiamenti climatici, Tesla ha usato software e tecnologie nuove per inventare il primo veicolo elettrico popolare. Molte aziende storiche, però, operano ancora sulla base di modelli d’impresa che sono stati sviluppati decenni o addirittura secoli fa, quando i dirigenti non erano consapevoli o erano abituati a ignorare l’impatto che avevano le loro imprese sulle condizioni sociali e sull’ambiente. Reagiscono alle problematiche ESG solo all’ultimo momento e di conseguenza sono mal posizionate per competere in un mondo dove l’impatto sociale e ambientale traina il valore per gli azionisti.
Quasi tutte le case automobilistiche già presenti sul mercato stanno dandosi da fare per mettersi al passo con la domanda di veicoli elettrici, dopo che per decenni si erano concentrate su miglioramenti incrementali del numero di chilometri percorsi dai loro veicoli con un litro di carburante o sulla riduzione delle emissioni dei loro stabilimenti. Sono questi i cambiamenti strategici nel cuore del modello d’impresa che devono operare le aziende di ogni settore, e in fretta.
Il modo migliore per garantire che la vostra azienda affronti le sfide sociali e ambientali rilevanti per il suo settore è smetterla di focalizzarsi su cambiamenti modesti e miglioramenti della rendicontazione e puntare invece a individuare e perseguire opportunità nuove e coraggiose. Prendete di petto l’interrogativo fondamentale di come reinventare il vostro modello d’impresa e differenziate la vostra azienda dalla concorrenza incorporando nella vostra strategia risultati sociali e ambientali positivi. Comunicare una strategia competitiva chiara e convincente per creare valore condiviso (che significa guadagnare soldi apportando al contempo benefici alla società) avrà molto più peso presso gli investitori di miglioramenti marginali dei parametri ESG.
Invece di affidarsi unicamente alle convenzionali analisi costi e benefici e a calcoli del tasso di rendimento economico per prendere decisioni di bilancio e di spesa, le aziende devono cominciare a usare equazioni che tengano conto degli effetti sociali e ambientali primari delle loro attività operative. L’impact intensity dei profitti è il rapporto fra i profitti di un’azienda e i suoi effetti positivi o negativi più importanti riguardo alle tematiche ESG. Per ENEL, la tematica primaria è l’impatto ambientale della sua attività e questo significa che l’azienda dovrebbe prendere decisioni di investimento tali da ottimizzare i profitti per tonnellate di CO2 emesse. Per Nestlé, le preoccupazioni primarie sono il valore nutrizionale dei suoi prodotti e l’impatto ESG della sua politica di rifornirsi da piccoli coltivatori. L’azienda svizzera potrebbe ottimizzare i profitti generati per microgrammi di valore nutrizionale nei suoi prodotti e il costo delle materie prime rispetto al reddito dei coltivatori e all’impatto ambientale della sua catena di approvvigionamento. E per BoKlok, una joint venture fra Skanska e IKEA, il beneficio primario per la società viene dall’espandere l’accesso a case attraenti ed economiche nelle aree urbane. Fino al 40% delle case costruite da BoKlok viene venduto ad associazioni per l’edilizia sociale. Questo è il risultato di un contesto generale per l’assunzione di decisioni che collega i profitti a tetti massimi specifici sui prezzi che le associazioni e altri acquirenti sono tenuti a pagare.
La progettazione del prodotto, l’accesso al prodotto e l’impronta ecologica dell’attività operativa sono tre ambiti in cui le aziende devono cambiare i loro processi decisionali interni, passando dall’esclusiva preoccupazione per i rendimenti finanziari a un’analisi più sofisticata che include le conseguenze sociali e ambientali. La relazione matematica fra cambiamenti nei fattori ambientali o sociali e i cambiamenti dei profitti che ne derivano deve diventare il quadro di riferimento per l’assunzione di decisioni all’interno dell’azienda, a tutti i livelli. I risultati condurranno con ogni probabilità a scelte notevolmente differenti, che oltre a migliorare la performance ESG contribuiranno a riposizionare l’azienda in modi tali da migliorare la performance finanziaria.
Progettazione del prodotto. Nestlé da tempo è attenta al valore nutrizionale dei suoi prodotti alimentari e fino al 2007 apportava cambiamenti modesti e incrementali per ridurre il tenore di sale, grassi e zuccheri, come altre importanti società del settore. A partire dal 2007, però, il colosso svizzero ha cominciato a collegare il tema rilevante della nutrizione alla strategia aziendale e alla progettazione di nuovi prodotti. Questo nuovo approccio ha portato Nestlé a investire ogni anno più di 1 miliardo di dollari in ricerca per sviluppare “nutraceutici”, integratori nutrizionali con benefici misurabili per la salute, come una riduzione delle infezioni postoperatorie o un calo del numero di crisi per gli epilettici. Questi prodotti, che non vengono venduti attraverso alimentari e supermercati, ma nelle farmacie, oppure vengono somministrati negli ospedali e rimborsati dalle assicurazioni sanitarie, hanno sospinto la crescita della divisione della multinazionale svizzera dedicata a nutrizione e scienza della salute. Ora è la divisione che cresce più rapidamente e produce più profitti, con un fatturato di oltre 14 miliardi di dollari.
Per ENEL, che ha l’energia elettrica come prodotto principale, la tendenza verso un mondo a basse emissioni ha creato nuove opportunità di prodotto. La compagnia elettrica italiana ora propone servizi gestionali ai suoi clienti: aiuta i proprietari delle abitazioni a ridurre l’impiego di elettricità, lavora con le imprese per ottimizzare l’attività delle flotte di veicoli elettrici e guida le città nella costruzione di infrastrutture con modalità tali da ridurre al minimo in modo continuativo i consumi di energia e garantire opzioni di ricarica per i veicoli elettrici.
Le aziende che non stabiliscono un legame diretto fra i propri modelli d’impresa e scelte strategiche e le conseguenze sociali e ambientali della loro attività non potranno mai centrare pienamente gli obiettivi ESG che si sono impegnate a raggiungere. Per realizzare i suoi obiettivi finanziari Tyson Foods continuerà a espandere le vendite di carne di manzo, perché sono il suo principale motore di profitti, anche se la carne di manzo è quella che genera la maggior quantità di gas a effetto serra per tonnellata di proteine fra tutti i prodotti dell’azienda. Se Tyson Foods volesse veramente ottimizzare i profitti e ridurre in modo sostanzioso le emissioni di gas a effetto serra, dovrebbe operare un radicale cambiamento di strategia e investire più massicciamente in alternative come carne coltivata e carne vegetale, una strategia che ridurrebbe in modo spettacolare le sue emissioni e potrebbe incrementare i profitti per tonnellata di proteine prodotte, man mano che il segmento delle carne vegetale si espande e si trasforma in un’industria matura.
Accesso al prodotto. L’obiettivo di BoKlok è sviluppare soluzioni abitative redditizie ed efficienti dal punto di vista energetico, alla portata economica, per l’acquisto o per l’affitto, di insegnanti, infermieri e altri lavoratori a basso reddito. L’azienda svedese usa un’analisi dettagliata dei salari, del costo della vita e delle spese mensili medie delle persone come parametro per fissare i tetti massimi dei suoi prezzi di vendita. Fabbricare le case dentro uno stabilimento riduce sia il costo della casa sia le emissioni di anidride carbonica prodotte durante la costruzione. (BoKlok ha preso l’impegno a raggiungere il traguardo delle emissioni nette zero entro il 2030 prendendo in considerazione tutto, la produzione, le forniture e perfino i consumi di energia delle case che costruisce). Il fatto di tenere conto, nelle sue decisioni di investimento, dei problemi di accesso e accessibilità economica ha fortemente influenzato le sue scelte, come la decisione di collaborare con gli enti locali in Svezia, Finlandia, Norvegia e Regno Unito per acquistare terreni. La ricompensa è una nuova opportunità di mercato in rapida espansione: da quando ha creato il suo modello di casa industrializzata a prezzi accessibili, nel 2010, BoKlok ha costruito 14.000 abitazioni, con un rendimento del capitale investito regolarmente più alto di quello della divisione di edilizia tradizionale di Skanska.
Impatto delle attività operative. Le emissioni di gas serra derivanti dalla generazione di energia elettrica sono la questione più rilevante per ENEL, insieme al consumo di energia della sua clientela. Per questo la compagnia elettrica italiana ha stanziato 48 miliardi di euro su un arco di tre anni (dal 2021 al 2023) per la generazione di energia rinnovabile, ammodernamenti per migliorare l’efficienza della sua rete di distribuzione e nuove tecnologie di risparmio energetico per gli utenti finali. Questi investimenti aiuteranno ENEL a ridurre il peso delle centrali a carbone, nella sua produzione di energia elettrica, dal 10% nel 2021 ad appena l’1% nel 2023. Faranno anche crescere in modo spettacolare i profitti per tonnellata di CO2 emessa e ridurranno le emissioni da 214 a 148 grammi di CO2 per kWh, producendo al tempo stesso un tasso di crescita annuo composto del margine operativo lordo per gli azionisti del 5-6%.
Una questione primaria per Mars Wrigley, come sottolineato prima, è l’impronta ecologica della sua catena di rifornimento di materie prime. Per questo l’azienda fissa sistematicamente dei parametri di riferimento per valutare la sua performance rispetto a clima, acqua, terreni, reddito di genere e diritti umani per ognuna delle sue materie prime. Ogni materia prima ha un’impronta ecologica differente: per il cacao, i fattori ESG più spinosi sono la povertà dei coltivatori e la deforestazione; per i prodotti caseari, conta il consumo di terra e di acqua. Le tematiche rilevanti variano perfino all’interno di una materia prima specifica: lo zucchero è un ingrediente fondamentale dei prodotti di Mars Wrigley, ma se l’azienda sceglie di usare zucchero di barbabietola il problema maggiore è il consumo di acqua, mentre se sceglie di usare zucchero di canna dovrà tenere conto soprattutto delle questioni relative a povertà e diritti umani.
Se Mars Wrigley avesse ignorato i fattori sociali e ambientali nella scelta dei fornitori, la spinta a massimizzare il profitto l’avrebbe condotta inevitabilmente a comprare dai piccoli coltivatori col peggior impatto sociale e ambientale, considerando che le pratiche lavorative e ambientali tendono a migliorare quando vengono adottate tecniche di coltivazione più sofisticate e costose. Comprare materie prime a prezzo più alto da coltivatori commerciali su larga scala potrebbe migliorare la performance ESG dell’azienda, ma in questo modo aumenterebbero i suoi costi e non farebbe nulla per ridurre la povertà dei piccoli coltivatori e il degrado ambientale causato dai loro metodi di coltivazione. Incorporare la sostenibilità alla sua catena di approvvigionamento ha consentito alla Mars Wrigley di conservare un vantaggio in termini di costi e di ridurre, attraverso investimenti attentamente calibrati per aiutare piccoli coltivatori, comunità e partner della catena di approvvigionamento a cambiare le loro pratiche, la povertà e i danni all’ambiente.
Le soluzioni win-win, che consentono di migliorare sia i benefici per la società sia i profitti, sono facili da adottare, ma la maggior parte delle aziende si blocca di fronte a scelte che impongono di sacrificare i profitti per migliorare la performance sociale o ambientale. Spesso, però, per evitare di dover fare queste scelte è sufficiente collaborare con altri portatori d’interesse, perché molte delle leve che influenzano l’impact intensity dei profitti di un’azienda sono controllate da un ristretto numero di stakeholder esterni.
In America Latina, i tagliatori di canna da zucchero da decenni vengono pagati in contanti a seconda del peso delle canne che sono riusciti a tagliare. Il ritmo di lavoro che riescono a tenere determina la distanza che coprono in un giorno, ma il peso della canna da zucchero che tagliano dipende da fattori al di fuori del loro controllo, come il tipo di canna, i metodi di irrigazione e di fertilizzazione e il tempo atmosferico. I capisquadra, che tradizionalmente sono quelli che elargiscono la paga ai tagliatori, hanno totale discrezionalità su quanti soldi dare a ogni lavoratore e non c’è nessun controllo per assicurare che ogni lavoratore riceva quello che gli spetta. Il risultato è che parecchi tagliatori portano a casa molto meno di quello che servirebbe per vivere. Un progetto pilota in corso, che coinvolge zuccherifici, compratori e ONG locali, ha trovato un modo per affrontare queste problematiche, con un salario minimo giornaliero abbinato a una retribuzione aggiuntiva basata sulla quantità di canna tagliata. I pagamenti digitali vengono accreditati direttamente sui telefoni cellulari dei tagliatori, per garantire che ricevano seduta stante quello che hanno guadagnato. Insieme, queste misure possono aumentare i salari dei tagliatori del 25%, facendo salire il costo della canna per gli zuccherifici di meno del 5%, aumento che per la maggior parte verrà compensato col tempo, secondo le proiezioni, grazie ai guadagni di produttività.
ENEL ha scelto con successo un altro tipo di collaborazione. La compagnia elettrica italiana aveva bisogno di talenti ingegneristici di altissimo livello per mettere in atto il passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, ma gli ingegneri ambientali di maggior talento non volevano lavorare per una società che faceva ancora ampio affidamento sui combustibili fossili. Così ENEL ha deciso di puntare sul crowdsourcing. Ha pubblicato sulla sua piattaforma digitale Open Innovability, che raggiunge 500.000 “solutori attivi” in oltre 100 Paesi, più di 170 dei suoi problemi tecnici più complessi. Finora i solutori hanno proposto circa 7.000 soluzioni a queste sfide. Gli ingegneri di ENEL le valutano e assegnano premi in denaro ai vincitori o creano con loro delle joint venture.
Per esempio, il passaggio alle rinnovabili dipende, in parte, dalla disponibilità di batterie con capacità sufficiente a compensare le oscillazioni dell’energia generata dal sole e dal vento per un’intera città. Questo è un grosso problema, perché la capacità delle batterie odierne è fortemente limitata ed estremamente costosa. Con la crescente diffusione dei veicoli elettrici, le batterie per auto elettriche potrebbero essere usate per immagazzinare energia e fornirla quando necessario. Usando solo il 5% dell’energia immagazzinata nelle batterie delle auto si potrebbe bilanciare la rete elettrica per un’intera città. ENEL aveva avuto l’idea, ma non aveva il software necessario per consentire alle batterie di fornire elettricità alla rete. Una startup di sei persone con sede in Delaware è venuta a sapere dell’opportunità attraverso la piattaforma Open Innovability e ha fornito la soluzione software.
La collaborazione con altri portatori d’interesse, che siano aziende, Governi o ONG, richiede un nuovo grado di fiducia e collaborazione fra settori. Il gioco di rimpallarsi a vicenda la responsabilità dei problemi sociali o ambientali dovrà lasciare il posto a una collaborazione in cui ognuno sostiene un’agenda condivisa. In questo modo, diventerà possibile realizzare profitti e al tempo stesso produrre risultati positivi per la società e sviluppare congiuntamente parametri di riferimento, strategie e investimenti.
Nonostante la maggiore attenzione alla performance ESG, le aziende, nella maggior parte dei casi, non si impegnano a fondo per cambiare i loro ruoli e strutture organizzative in modo da fare della sostenibilità una parte integrante delle attività operative. Le divisioni che si occupano della responsabilità sociale d’impresa normalmente sono molto piccole e non vengono coinvolte nelle decisioni strategiche e operative. Si focalizzano principalmente sulle relazioni con portatori d’interesse e amministrazioni pubbliche, la filantropia e la rendicontazione ESG. Ma se si vuole che i criteri ESG vengano incorporati nelle decisioni chiave, le persone che hanno competenze in materia di sostenibilità devono sedere al tavolo dove si prendono le decisioni strategiche e operative.
ENEL questo cambiamento lo ha fatto. Ha accorpato la funzione innovazione e quella sostenibilità sotto l’egida di un “direttore della funzione innovability” (da innovation e sustainability) che coordina, sulla base di una matrice, un team di persone provenienti da ogni divisione dell’azienda, per garantire che tutte le decisioni includano un’analisi della sostenibilità. Mars Wrigley ha creato il ruolo combinato di “responsabile della catena di approvvigionamento e della sostenibilità”. Anche BoKlok e Skanska hanno creato una posizione di vicepresidente esecutivo simile, con responsabilità su sostenibilità e innovazione.
Anche gli incentivi devono essere allineati. I meccanismi di retribuzione devono ricompensare il raggiungimento di obiettivi non solo finanziari, ma pure sociali e ambientali. Alcuni bonus collegati agli ESG sono disegnati “ad arte” per poter essere erogati anche se le emissioni aumentano o i danni per l’ambiente peggiorano. È ovvio che in questo modo gli incentivi sono inefficaci. Le aziende che prendono sul serio gli obiettivi ESG devono assicurarsi che una parte rilevante dei bonus dei dirigenti sia legata al loro raggiungimento. In Mars, i 300 dirigenti più alti in grado ricevono un incentivo di lungo periodo (in aggiunta allo stipendio e alle gratifiche annuali) in base ai risultati ottenuti rispetto a obiettivi finanziari e di riduzione delle emissioni (a cui è attribuito lo stesso peso) in un arco di tre anni. E Mastercard recentemente ha annunciato una retribuzione-incentivo per tutti i dipendenti che include parametri di rendimento legati a tre tematiche rilevanti: emissioni di anidride carbonica, inclusione finanziaria ed equità di genere.
Le aziende devono spiegare agli investitori le strategie per migliorare l’impact intensity dei loro profitti, comunicare i loro impegni per raggiungere obiettivi esplicitamente dichiarati e riferire pubblicamente sui progressi fatti. Dire con chiarezza quello che sta facendo l’azienda per incorporare nel suo modello d’impresa un impatto sociale positivo conta molto di più di classifiche ESG difettose e incoerenti, per gli investitori attenti agli obiettivi climatici e di sviluppo sostenibile.
Nestlé, per esempio, che da più di un decennio riduceva costantemente il contenuto di zuccheri, sale e grassi nel suo portafoglio di prodotti, solo nel 2018 ha cominciato a informare gli investitori che questi prodotti più salutari avevano tassi di crescita e margini di profitto più alti delle offerte tradizionali. ENEL da tempo parlava del passaggio alle rinnovabili nei suoi rapporti di sostenibilità e rivendicava con orgoglio i suoi sforzi per portare avanti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ma solo nel novembre 2019, in occasione dell’ENEL Capital Markets Day (la sua presentazione agli investitori), ha sottolineato per la prima volta il valore finanziario creato dal modello d’impresa fondato sulle rinnovabili. Nei tre mesi successivi, quando la maggior parte dei titoli azionari è precipitata a causa della pandemia di covid-19, il prezzo delle azioni ENEL è salito di quasi il 24%, un risultato che la dirigenza attribuisce a questo cambio di strategia comunicativa. Se le aziende non spiegano chiaramente agli investitori il beneficio finanziario dei loro miglioramenti ESG, il valore di questi sforzi non troverà riscontro nei corsi azionari.
Non possiamo continuare come adesso, con le aziende che in materia di società e ambiente fanno solo interventi ex post, scollegati dalla strategia e dal processo decisionale. Focalizzarsi sul valore comune e i principi economici dell’impact investing porterà le aziende a operare cambiamenti di fondo nei modelli d’impresa, negli investimenti e nelle attività operative, generando importanti opportunità di differenziazione e vantaggio competitivo. Così creeranno un’economia che possa davvero rimediare alle disuguaglianze sociali e ripristinare gli ecosistemi naturali.
Mark R. Kramer è senior lecturer presso la Harvard Business School. È anche cofondatore della società di consulenza di impatto sociale FSG e socio dell’hedge fund di impact investing presso la 3SG Partners. Marc W. Pfitzer è direttore generale della FSG.