Iniziative di corporate social responsibility: cosa fanno le aziende e come le intendono i consumatori, in una panoramica Codacons.
Perché un’azienda moderna non dovrebbe rinunciare a progetti e iniziative di corporate social responsibility? Come, e in che caso, questi possono migliorare la sua stessa immagine e il suo posizionamento presso i consumatori? E, ancora, quanto i consumatori reputano importante la CSRe cosa fare per comunicargliela al meglio? A queste e simili domande prova a rispondere “Alla Scoperta della Sostenibilità”, uno studio quali-quantitativo del Codacons condotto a partire dai bilanci sociali di oltre 150 realtà italiane e dai colloqui con quasi cento CSR manager. L’obiettivo dichiarato è promuovere, appunto, una cultura della sostenibilità e dimostrare come un impegno reciproco di aziende e consumatori possa assicurare un modo sostenibile tanto di produrre quanto di consumare.
INIZIATIVE DI CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY: COME LE FANNO LE AZIENDE E COME I CLIENTI VORREBBERO VENISSERO FATTE
Lo studio così analizza innanzitutto le principali iniziative di corporate social responsibility intraprese dalle aziende o, meglio, le loro aree di riferimento. Se si guarda alle iniziative finanziarie, e cioè a quelle che richiedono un impegno economico diretto da parte delle aziende, le più comuni si muovono nei campi delle risorse umane (11.8%), del supporto alla comunità (11.4%) e più in generale dell’etica e della compliance aziendale (8.8%); ancora poco frequenti sono invece i progetti di CSR che interessano campi come i consumi energetici e la ricerca e innovazione (in entrambi i casi poco più del 4%) o la cultura (1.6%).
Ancora più interessante, comunque, è il tentativo del Codacons di incrociare i dati su cosa già le aziende fanno quando si tratta di responsabilità sociale e cosa, invece, i consumatori gradirebbero venisse fatto. Tra progetti e iniziative di corporate social responsibility più apprezzati dai consumatori ci sarebbero, così, quelli che hanno a che vedere con la cultura (10.6%), lo sport e il sostegno alle fasce più deboli di popolazione (in entrambi i casi il 9.1%); mentre il benessere dei dipendenti, che si è visto essere uno dei campi in cui le aziende investono di più quando si tratta di CSR, è in realtà in fondo alle priorità dei clienti.
Generalizzando, lo studio prova a identificare due tipologie di sostenibilità: ci sono progetti e iniziative dette di «sostenibilità egoista», e sono progetti e iniziative che ottimizzano per lo più risultati e benessere aziendale e solo in secondo luogo hanno effetti a largo spettro; quella a cui ci si riferisce invece come «sostenibilità altruista», che include una serie di attività che hanno invece in primis un beneficio sulla società. È sfruttando queste due categorie che il divario, già segnato dallo studio, tra ciò che i consumatori si aspettano le aziende facciano per mostrare il loro contributo alla cosa pubblica e cosa invece queste fanno realmente, appare evidente: allo stato attuale, infatti, i soggetti business sembrano investire soprattutto in iniziative di sostenibilità egoista (in una misura di oltre il 50%), mentre i consumatori sembrerebbero gradire invece soprattutto quelle di tipoaltruista (così ha dichiarato il 56% del campione). Far in modo che questi due modi di intendere la CSR combacino, tramite iniziative e programmi di «sostenibilità mista» per esempio, sembrerebbe indispensabile se l’obiettivo è rendere le aziende e i loro consumatori co-protagonisti di un cambio di paradigma, anche per quanto riguarda il consumo.
Tanto più che, come già altri studi in materia, quello del Codacons conferma come proprio il tema della sostenibilità, e quindi le iniziative di corporate social responsibility, abbiano un peso concreto e in crescita (di almeno il 12% rispetto a un’edizione precedente dello stesso studio) nelle decisioni d’acquisto. La qualità immateriale di un prodotto, per la cui percezione giocano un ruolo fondamentale la reputazione di un’azienda e inevitabilmente quindi anche tutte le iniziative di stampo sociale in cui questa è coinvolta, sembrerebbe essere, dopo il costo e la qualità materiale, tra i fattori che fanno pendere l’ago della scelta più da una parte rispetto a un’altra. Per più di un consumatore su due la sostenibilità deve essere considerata, di diritto, una matrice di crescita per l’azienda e – verrebbe da aggiungere – non solo, dal momento che buona parte del campione si dice d’accordo nel sostenere che le attività non finanziarie di un brand o di un qualsiasi soggetto business, come quelle legate alla CSR appunto, possono contribuire al benessere diffuso (il 44%) e allo sviluppo sostenibile (il 36%).
COME COSTRUIRE UN RACCONTO CONSUMER-FRIENDLY DELLA CSR
Se l’obiettivo è avvicinare attitudini e prospettive aziendali e consumatori, un peso fondamentale sembra assumerlo comunque come si comunica la CSR. Fin qui i siti web, aziendali o appositamente dedicati ai programmi di responsabilità aziendale sono il canale principale attraverso cui verrebbero presentate a consumatori e stakeholder le iniziative di corporate social responsibility (li scelgono almeno il 49% delle aziende). Il resto lo fanno la spedizione di testi scritti, spesso il documento di bilancio sociale, e il lavoro dell’ufficio stampa. L’ideale a cui puntare, però, secondo il Codacons sarebbe una comunicazione «molecolare» e «orientata»: significa sfruttare ogni canale che si ha a disposizione, dai social al blog aziendale, passando per le newsletter, per imbastire il racconto delle attività non lucrative svolte e dei risultati non finanziari raggiunti.
In questo racconto, tra l’altro, non è escluso che anche influencer «nativi» e micro-influencer possano rappresentare una voce importante: come sempre, quando si tratta di strategie di influencer marketing, è in virtù da un lato della loro expertise nel campo, nel settore in questione e dall’altro della fiducia di cui godono presso la propria audience e la propria community che figure come queste si rivelano i migliori ambasciatori di un brand, anche quando in gioco ci sono appunto il suo impegno e la sua compliance pubblica.