Osservando l’evoluzione delle azioni di responsabilità sociale che negli ultimi 5 anni sono state avviate dalle più importante aziende nazionali e multinazionali, è possibile individuare tre livelli o tipologie di iniziative, ognuna con una portata ed una efficacia differente.
Il primo livello di azioni si identifica la solidarietà, dove per solidarietà intendo un ampio spettro di iniziative che hanno una ricaduta sociale o ambientale. Spesso queste iniziative hanno un buon impatto sociale e servono a sostenere realtà sociali/ambientali che agiscono sul territorio in cui è radicata l’azienda. Per essere chiari queste iniziative sono non hanno alcun impatto sul business dell’azienda, sono una dimostrazione dell’interesse dell’azienda di sostenere il territorio su cui agiscono, investendo sullo stakeholder “collettività”. Sono azioni di sponsorizzazione, di sostegno economico, di fornitura di beni (anche prodotti dalla stessa azienda). Si tratta di un livello generalista, dove il concetto di responsabilità, o meglio di azienda responsabile fatica ad essere compreso e identificato (ad esempio la recente iniziativa di Telecom Italia a favore dei terremotati dell’Emilia, prevede di raddoppiare le ore donate dai propri dipendenti); non è infatti forse più sufficiente sponsorizzare o contribuire ad un’azione sociale per essere definita socialmente responsabile.
Il secondo livello di azioni può essere identificato in tutte quelle iniziative in cui i servizi / infrastrutture aziendali utilizzati per generare business vengono messi a disposizione della collettività, ad esempio l‘iniziativa della Sisalper consentire di raccogliere donazioni pro terremoto attraverso le proprie ricevitorie, il più classico sms solidale, o ancora tutti quei casi in cui utilizzo asset aziendali appartenenti al core business per sostenere un’azione sociale (ancora una volta l’iniziativa di Telecom Italia per i terremotati dell’Emilia che ha previsto non solo postazoni wi fi gratuite, ma anche ricariche omaggio da 10€ e sospensione della fatturazione per chi risiede nell’area colpita). I quotidiani nazionali (Corriere della sera, La Stampa, per citarne alcuni) oppure i grandi media (Mediaset o La7) spesso mettono a disposizione la loro fora comunicativa per sostenere iniziative che hanno riflessi sulla comunità. Lo sforzo di queste azioni sociali è spesso marginale, ma l’efficacia è elevata. Questo livello di CSR a differenza del precedente è più contestualizzato rispetto alla realtà aziendale che lo eroga. Il management è più coinvolto e cerca di mettere a disposizione ciò che solitamente serve per generare business favore della collettività.
Il terzo livello di azioni risulta essere quello più interessante ma ancora oggi troppo marginale. Mi riferisco alle azioni in cui si sviluppa il proprio business in forma responsabile, focalizzando la propria attenzione di responsabilità verso l’esterno e verso l’interno. Essere pienamente responsabile dal punto di vista sociale, significa essere organizzati per contribuire ad uno sviluppo armonico e coerente della propria struttura e del proprio business. Poco importa se un’azienda eroga milioni di euro in CSR del primo livello e poi al proprio interno attua campagne di inviluppo dei propri dipendenti, oppure poco importa se si creano le migliori condizioni di benessere organizzativo ma si producono al contempo un servizio o un prodotto altamente impattante sulla salute dei clienti. Il terzo livello prevede un perfetto allineamento tra ciò che accade dentro l’azienda e ciò che deve accadere fuori. Il rispetto per i propri clienti deve passare attraverso il rispetto dei propri dipendenti e contestualmente per il rispetto di tutti gli stakeholders, il tutto contemporaneamente. La contemporaneità delle azioni rappresenta infatti l’elemento distintivo rispetto ai due precedenti livelli. La contemporaneità diventa quindi lo strumento per poter valutare il reale posizionamento nell’ambito della responsabilità sociale assunta dall’azienda. Ecco quindi che i parametri per comprendere se un’azienda si stia muovendo in maniera responsabile, non possono certo essere le certificazioni così come sono concepite ora, ma la creazione di community trasversali aperte (costituite da stakholders e management) in cui poter leggere l’azienda al di là della qualità del prodotto o del servizio erogato.