Ci risiamo. Ne avevamo già parlato in passato: se terze parti iscritte a una community adottano comportamenti aggressivi, ineducati, o poco genuini, il loro atteggiamento può coinvolgere il brand della piattaforma web che li ospita, e quando cresce la polemica online, è (anche) il lovemark di profilo internazionale che rischia di rimetterci in reputazione, non solo i singoli utenti iscritti alla App colpevoli di condotte eventualmente inappropriate.
È il caso di Airbnb, il più noto servizio di affitto alloggi online del mondo, il cui marchio a volte è messo a rischio dagli atteggiamenti discutibili di un certo tipo di fornitori di servizio: non già i singoli proprietari di immobili, che hanno fatto grande la community negli anni, bensì le agenzie professionali di affitti, che continuano a confondere la comunità online di Airbnb con un qualunque sito di locazione di alloggi (“qui c’è l’appartamento, paga il denaro per l’affitto”) senza rendersi conto – nella loro profonda ignoranza del meccanismi che regolano le digital PR – che con Airbnb siamo dinnanzi a ben altro: la App in questione basa il proprio business sulla crescita di una ricca e calda comunità virtuale di locatori e affittuari, che non solo condividono e affittano alloggi, ma dialogano, si scambiano esperienze di viaggio, spesso stringono anche relazioni di cordiale conoscenza e a volte di amicizia. Tutto l’opposto rispetto al taglio sciattamente pragmatico di certe agenzie che paiono avere a cuore solo la quantità di conferme di locazione e il relativo fatturato.
Ecco allora un’altra discutibile esperienza di relazione con l’ennesima agenzia di locazione affitti milanese che utilizza Airbnb per il proprio business, episodio che è utile narrare in quanto “iconico” di un modo di intendere le relazioni con la clientela agli antipodi rispetto a quelli originali propri di quella App: basta chiedere se è disponibile del ghiaccio in casa, o i contenitori per prepararlo, e iniziate “a dare fastidio”. Vi viene risposto che il ghiaccio “non si sa se c’è oppure non c’è”; voi replicate suggerendo di verificare meglio l’attrezzatura della casa così da poter ricevere indicazioni inequivoche (ma si sa, chi affitta alloggi dalle agenzie milanesi, seppure su Airbnb, non ha alcun diritto di ricevere informazioni chiare: si deve solo pagare, tacere e “non infastidire chi lavora”…), e tanto basta per far scoppiare la polemica, che si infiamma (da parte dell’agenzia) con toni sconcertanti, arroganti e a tratti minacciosi, tali appunto da coinvolgere, in termini di cattiva propaganda, la celebre App di locazioni (ndr: sorprendentemente, come illustrato negli aggiornamenti in fondo a questo articolo, abbiamo successivamente appurato che le vicende narrate nel nostro primo articolo e quelle riportate in questa nuova parte dell’inchiesta sono riferibili allo stesso identico gruppo d’investimento immobiliare milanese):
“Guardi, il complaint per il ghiaccio che non è in dotazione se lo può evitare, non gradiamo. Vuole la cancellazione gratuita? Così può infastidire altri appartamenti. Per noi non è un problema, cancelliamo?”
Non è stato sufficiente ribadire che la richiesta inoltrata non aveva spirito polemico, ma costituiva eventualmente uno spunto costruttivo di miglioramento del servizio (questo genere di interlocuzioni sono del tutto routinarie tra i veri membri della community di Airbnb): nonostante i ringraziamenti e i saluti ripetuti più volte (verbatim: “Mi spiace di averla urtata, nulla di personale, questa è una web-community e non un sito di affitti, ed è normale per noi utenti interloquire con gli host con riguardo alla dotazione della casa…”), l’aggressione da parte del gestore è proseguita – con un italiano malfermo – in modo compulsivo e insieme raggelante:
“Quindi lei adesso è consigliere della nostra azienda senza averglielo chiesto nessuno! (…) Ma non ha niente di meglio da fare nella vita? (…) Io non la faccio entrare in casa, lei è inquietante (…) Si riprenda, si contenga (…) Lei ha cominciato molestarci con la richiesta del ghiaccio (…) Non è contemplato irritare gli host! Lei ci ha minacciati perché il suo obiettivo è di lasciare una recensione negativa, il suo comportamento è patetico. Lei si sente bene?”
Vebatim mio: “Non ho alcuna intenzione di lasciare una recensione negativa per il ghiaccio o l’attrezzatura del ghiaccio mancante, se l’alloggio è ok avrà certamente una recensione positiva, come ho sempre fatto, il mio era un suggerimento per migliorare il servizio, e comunque l’ho già ringraziata e salutata 5 volte. Grazie e buon giorno!”
Nulla da fare. Gli improperi sono incomprensibilmente proseguiti da parte dell’host:
“Zitto, e stia ancora zitto (…) Io sono il proprietario di oltre 44 proprietà immobiliari, e con un certo disgusto, la ospiterò, con un senso di discreta nausea…”
Ci ha pensato il sempre efficientissimo servizio di Airbnb a metterci una toppa, prendendo contatto con ripetute e solerti chiamate (tutte registrate): “Siamo desolati per l’esperienza che ha vissuto come ospite, i toni utilizzati nei suoi confronti sono stati inappropriati” (sono seguiti suggerimenti utili per ottenere un rimborso integrale senza penale, concesso dall’host, e trovare infine una diversa sistemazione per la notte).
A margine, a conferma che non siamo dinnanzi a un locatario privato, è interessante notare come l’annuncio in questione sia pubblicato non già da una società immobiliare italiana – come ci si aspetterebbe considerato che gli alloggi sono ubicati in Italia, chi li gestisce è italiano, e chi si qualifica come proprietario dei 44 appartamenti anche è presumibilmente cittadino e contribuente italiano – bensì da una società immobiliare di diritto inglese, registrata in UK al n° 11034440 il 26 ottobre 2017, con n° partita IVA GB308468684 e con uffici al civico n° 19 di Dragonfly Way, nella cittadina di Northampton.
Direttore locale è un cittadino italiano, G.E.A. (i nomi e cognomi dei protagonisti di questa vicenda sono stati anonimizzati su richiesta degli interessati), di professione consulente, nato a febbraio 1980, che ha sostituito l’anno scorso nella gestione A.B., nato a maggio 1987, e I.G.A., nata a ottobre 1985 (quest’ultima, di origine Bulgara), come risulta dai registri della Company House britannica.
L’indirizzo – curiosamente – coincide anche con altre società di gestione immobiliare (forse riferibili ad aventi diritto italiani?) ad esempio Potengi Real Estate Ltd, Orion Real Estate Ltd, Fooden Ltd, Rio Grande Real Estate Ltd, tutte amministrate da tale S.G., cittadino italiano residente in UK, nato nel marzo 1978, responsabile formalmente della gestione di altre 17 società (probabilmente un consulente contabile o commercialista). La sede di questi uffici è una piccola graziosa villetta in mattoni rossi, tipica a quelle latitudini, sede di uno o massimo due spazi ad uso ufficio, non certamente il grattacielo di una multinazionale: l’assetto pare essere quello di una “domiciliazione”, soluzione nota per essere adottata in molti casi da società immobiliari con aventi diritto economico di nazionalità italiana, ma con sede legale all’estero. Sicuramente nel caso della Rentclass sarà tutto in ordine, e non abbiamo motivo di dubitarne, ma – nuovamente – è utile sottolineare come questo genere di strutture immobiliari e di modalità di gestione dei rapporti con la Clientela, estremamente business-oriented, tendano ad apparire ben lontane dallo spirito di una community inizialmente nata per mettere in contatto privati desiderosi di affittare un proprio alloggio.
Con buona pace di Airbnb, piattaforma funzionale, utilissima e generalmente connotata da un tone-of-voice degli utenti assolutamente garbato e piacevole, e con un eccellente servizio di assistenza clienti, ma la cui atmosfera – per fortuna raramente – è resa a volte “tossica” da personaggi poco garbati, per nulla interessati al benessere della community, interessati solo, purtroppo, a guadagnare denaro, e i cui comportamenti, a volte non conformi, rischiano appunto di “sporcare” un lovemark noto a livello internazionale.
AGGIORNAMENTO DEL 25/05/2023 h 19:07: il titolare della società immobiliare responsabile RENTCLASS, protagonista di quanto riportato in questo articolo, a distanza di 8 mesi dalla pubblicazione ha preso ripetutamente contatto con la redazione della rivista online che state leggendo, e – con toni assai aggressivi – prima ha insistentemente offerto del denaro (da noi mai richiesto!) per ottenere la cancellazione di questo articolo, e poi ha ingiuriato ripetutamente gli autori dello stesso, minacciato ritorsioni di ogni genere nel caso esso non venisse immediatamente rimosso. Le sue telefonate sono state registrate, avvisando l’interlocutore, a tutela degli interessati, ed una diffida legale è stata inviata al Suo indirizzo. Ma lo stesso si è reso totalmente irreperibile, non ritirando la diffida, la cui notifica è stata tentata più volte. To be continued…
AGGIORNAMENTO DEL 16/05/2024 h 11:17: alcuni mesi dopo l’ultimo aggiornamento sopra riportato, il direttore responsabile di questa rivista, Prof. Luca Poma, ha ricevuto notizia di essere stato denunciato per diffamazione aggravata a mezzo stampa dal sig. G.E.A., titolare dell’agenzia di affitto immobili in questione, in relazione all’inchiesta dal titolo AIRB&B: QUANDO COMPORTAMENTI NON GENUINI “SPORCANO” UN LOVEMARK parte I e AIRB&B: QUANDO COMPORTAMENTI NON GENUINI “SPORCANO” UN LOVEMARK parte II, che state leggendo. Il procedimento giudiziario ha seguito il suo corso, e il Giudice ha deciso il non luogo a procedere per il nostro Direttore perché il fatto non sussiste, le domande del denunciante sono quindi state interamente rigettate, come potete leggere qui, nel dispositivo di archiviazione del Tribunale. Il diritto di cronaca e la puntualità delle nostre argomentazioni hanno avuto la meglio sull’arroganza e le minacce, con la speranza di non dover più tornare ad occuparci di questo caso…