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Michelle Comi continua a far rumore. Da quando ha lasciato il proprio impiego all’Istituto per Tumori di Milano, per dedicarsi a una carriera di creator di contenuti per adulti su OnlyFans, Michelle ha sicuramente trovato la sua strada. Lastricata di polemiche social, ovviamente. Questa settimana ha scatenato una valanga di critiche lanciando una raccolta fondi, chiedendo 15.000 euro per rifarsi il seno. “Cambiate il mondo: il mio” dice la disinibita ragazza. La gente si è subito spaccata in due: chi la difendeva, dicendo che aveva il diritto di farlo, e chi la criticava pesantemente.

Le piattaforme di crowdfunding come GoFundMe o altre simili sono nate per scopi tipo aiutare chi sta passando momenti difficili o per sostenere progetti creativi e cause che ne hanno bisogno davvero. Ma ultimamente, soprattutto con casi come quello di Michelle, si vede sempre più gente che le usa per obiettivi personali, come appunto rifarsi il seno o fare viaggi di lusso. E quando vedi campagne di questo tipo, viene naturale chiedersi se il sistema sia diventato una specie di “miniera d’oro” per chi sa sfruttare la sua popolarità.

Il problema più grosso di queste raccolte discutibili è che fanno sembrare poco serie tutte le altre campagne. Se il pubblico comincia a pensare che su queste piattaforme si chiedono soldi per tutto e per nulla, anche chi ha davvero bisogno di aiuto rischia di non riceverlo. Ci sono situazioni in cui le persone devono affrontare spese mediche assurde o perdite a causa di disastri naturali, e se la fiducia nelle raccolte fondi cala, queste cause possono restare inascoltate.

Pensiamoci un attimo: vediamo campagne per salvare vite e poi, d’improvviso, compare tra esse una creator di OnlyFans che chiede soldi per rifarsi il seno. Questo crea una distrazione enorme per i veri problemi, rischiando di far sembrare che qualsiasi altra richiesta di aiuto sia solo un pretesto per spillare soldi.

Uno dei motivi per cui accadono queste cose è che le piattaforme lasciano molta libertà su cosa puoi chiedere. Non ci sono grandi filtri: basta creare la campagna e la decisione di donare è lasciata agli utenti. Da una parte, è una cosa buona perché ognuno è libero di finanziare ciò che vuole, ma dall’altra crea una giungla di richieste bizzarre. Il confine tra ciò che è giusto e ciò che è discutibile diventa super sottile, soprattutto quando a lanciare queste campagne sono influencer o personaggi pubblici, che già partono da una posizione di vantaggio economico.

Alla fine, tutto si riduce a come vengono usate queste piattaforme. Ci si aspetta che siano un mezzo per fare del bene, per cambiare davvero qualcosa nella vita delle persone. Ma se l’uso diventa troppo disinvolto, si perde di vista il vero scopo del crowdfunding. Forse, bisognerebbe pensare a regole più chiare per distinguere le cause che contano davvero dalle richieste più futili. E anche chi ha un seguito sui social dovrebbe fare attenzione a non approfittare della fiducia dei fan, perché alla lunga potrebbe danneggiare non solo la sua reputazione, ma anche l’intera comunità di persone che ha davvero bisogno di aiuto.

Insomma, il caso di Michelle Comi ci fa riflettere su come l’uso “spericolato” delle raccolte fondi possa rovinare la percezione di questi strumenti. Se vogliamo che continuino ad essere utili e credibili, dobbiamo tutti imparare a usarli con più attenzione e rispetto.


UPDATE del 13/10/2024

Aggiornamento: Dopo le numerose segnalazioni ricevute dagli utenti, la piattaforma di raccolta fondi ha deciso di annullare la campagna lanciata da Michelle Comi per rifarsi il seno. Nonostante l’intervento tardivo, i gestori hanno restituito il denaro ai donatori. Questo dimostra come, anche se con qualche ritardo, la piattaforma abbia preso una posizione chiara in seguito alle proteste.

Ora Michelle dovrà tornare a fare affidamento su video e foto su OnlyFans per raccogliere la somma desiderata. Ma, con tutta la visibilità che ha ottenuto da questa storia, non sarà certo un problema per lei attirare nuovi follower e spingere i suoi guadagni ancora più in alto.

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