Intelligenza artificiale generativa: cos’è successo in un anno e cosa accadrà ora
Le previsioni degli analisti di Sequoia Capital, il fondo di venture capital che aveva previsto il successo dell'IA generativa
Le previsioni degli analisti di Sequoia Capital, il fondo di venture capital che aveva previsto il successo dell'IA generativa
All’incirca un anno fa, Sequoia Capital pubblicava un documento nel quale si affermava che l’intelligenza artificiale generativa avrebbe dato vita a una profonda trasformazione tecnologica. Detto, fatto: l’avvento di piattaforme come ChatGpt da lì a poco avrebbe generato un fervore paragonabile ai primi giorni di Internet. Sulla base di questa previsione «azzeccata», la società di venture capital di Menlo Park, tra i più grandi investitori hitech del mondo (Apple, Google, Paypal, Cisco, eccetera) è tornata sull’argomento con un articolo dove fa il punto dell’IA oggi e azzarda qualche previsione per il futuro.
Tra le altre cose, gli analisti di Sequoia avevano previsto che l’IA generativa avrebbe avuto un impatto profondo sul mercato. Ed è andata proprio così: nonostante le sfide, l’IA generativa ha già oltrepassato le fasi iniziali del mercato SaaS (Software as service market), registrando oltre un miliardo di dollari di entrate solo dalle startup. Alcune piattaforme, come ChatGpt, Midjourney e Google Bard, si sono diffuse a gran rapidità dimostrando il potenziale dell’IA generativa. «ChatGpt è stata l’applicazione più veloce a raggiungere 100 milioni di MAU (utenti attivi), e lo ha fatto in modo organico in sole 6 settimane», scrivono nel report di Sequoia Capital. «Al contrario, Instagram ci ha messo 2,5 anni, WhatsApp 3,5 e YouTube e Facebook hanno impiegato 4 anni per raggiungere quel livello di domanda degli utenti». E ChatGpt non è un fenomeno isolato. «La profondità del coinvolgimento di Character AI (durata media della sessione di 2 ore), i vantaggi in termini di produttività di Github Copilot (55% più efficiente) e il percorso di monetizzazione di Midjourney (centinaia di milioni di dollari di entrate) suggeriscono che la prima schiera di killer app è arrivata», si legge.
In taluni casi, le previsioni si sono rivelate persino caute, come ammette lo stesso articolo: «L’anno scorso avevamo previsto che sarebbe passato circa un decennio prima di avere la generazione di codici a livello di stagista, video di qualità hollywoodiana o discorsi di qualità umana che non sembrassero meccanici. Ma un ascolto veloce delle voci di Eleven Labs su TikTok o del festival cinematografico AI di Runway dice che il futuro è arrivato a grande velocità».
Quello a cui abbiamo assistito dall’avvento delle prime app di IA generativa era solo il primo atto: «Abbiamo scoperto un nuovo martello – i modelli di base – e un’ondata di nuove app che rivelano nuove interessanti tecnologie», si legge sul report. «Ora riteniamo che il mercato stia entrando nel secondo atto, che sarà più orientato verso gli utenti». In soldoni, nella prossima fase, l’attenzione dell’intelligenza artificiale si concentrerà maggiormente sulle nostre esigenze e problemi. Con interfacce sempre più innovative. «Il mercato sta già iniziando la transizione dall’Atto 1 all’Atto 2», avverte Sequoia Capital.
Esempi di aziende pronte per il secondo atto includono Harvey, che sta costruendo LLM personalizzati per studi legali d’élite (LLM sta per Large Language Model, ovvero i grandi modelli linguistici che stanno alla base delle intelligenze artificiali generative); Glean, che esegue la scansione e l’indicizzazione dei nostri spazi di lavoro per rendere l’intelligenza artificiale generativa più rilevante sul lavoro; e Character.ai e Ava, che stanno lavorando alla creazione di partner digitali.
Nella fase attuale, definita come Atto Secondo dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale, le Big Tech sono al lavoro non solo per migliorare i loro prodotti, ma anche per renderli più accessibili e utili. Questo significa trasformare modelli linguistici sofisticati in strumenti che possiamo usare nella vita di tutti i giorni, in modo intuitivo. Gli sviluppatori stanno anche sperimentando nuove tecniche come la catena di pensiero, che aiuta le macchine a «ragionare» in modo più simile agli esseri umani: lo scopo è far sì che l’intelligenza artificiale possa seguire un flusso di pensieri, proprio come facciamo noi umani quando riflettiamo su un problema. Ma la sfida non è solo tecnologica. L’esperienza dell’utente è al centro di tutto: per sfondare, le piattaforme di IA puntano su design accattivante e facilità d’uso.
Al momento, infatti, le intelligenze artificiali generative non riescono a coinvolgerci pienamente, al contrario dei social. Se alcune delle principali piattaforme come Instagram, Youtube e TikTok vantano tassi di coinvolgimento giornaliero dei loro utenti tra il 60-65%, e WhatsApp addirittura l’85%, le applicazioni basate sull’IA generativa si limitano a una media del 14%. Questo indica che, nonostante l’entusiasmo iniziale, gli utenti non colgono ancora il mai-più-senza di ChatGPT e le altre. Dunque, il punto essenziale della questione, come sottolinea David Cahn di Sequoia Capital, non riguarda la scoperta di nuove piattaforme in grado di fare cose, ma piuttosto come l’IA generativa possa effettivamente migliorare la nostra vita. La sfida è creare app che ci convincano a usarle spesso e volentieri. Un po’ come hanno fatto le app di messaggistica come Whatsapp e Telegram. Insomma, nel futuro dell’intelligenza artificiale non è detto che vinca chi offre il servizio migliore, ma chi sarà più bravo a coinvolgerci.