I marchi di abbigliamento sportivo North Face e Patagonia da luglio boicotteranno Facebook, ritirando la pubblicità dei loro prodotti dal social network. Le due aziende hanno aderito alla campagna Stop Hate For Profits che combatte contro la diffusione di contenuti razzisti, violenti o disinformativi sulle piattaforme social. North Face nei giorni scorsi aveva comunicato che avrebbe sospeso la pubblicità su Facebook «fino a quando non saranno messe in atto politiche più restrittive per impedire» la circolazione di questo tipo di contenuti, e ora anche Patagonia ha deciso di fare lo stesso, dicendo che il suo boicottaggio andrà avanti «almeno fino alla fine di luglio».
CNN riferisce che la VP Corp, proprietaria di North Face, sta valutando se far aderire al boicottaggio altre aziende del gruppo, che possiede anche Timberland e Vans. Facebook è stato pesantemente criticato, anche dai suoi stessi dipendenti, dopo la decisione del suo amministratore delegato e fondatore Mark Zuckerberg di non rimuovere alcuni post del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle proteste contro il razzismo dopo l’uccisione di George Floyd. Gli stessi contenuti su Twitter erano stati invece segnalati come inappropriati e pericolosi.
Dalla loro fondazione North Face e Patagonia, che esistono rispettivamente dal 1966 e dal 1973, hanno puntato molto sulla dimensione “etica” dei loro marchi. Entrambe le aziende devono il loro successo all’aver investito, ed essere diventate leader del settore, nella declinazione sportiva del normcore, cioè nell’utilizzo di giacche e maglie sportive, pensate per essere usate nelle escursioni in montagna, ma che vengono indossate anche per la vita di tutti i giorni. La formula alla base del successo sia di Patagonia sia di North Face però è quella di essersi costruite un’identità etica di aziende che vendono vestiti che si usano nella natura a gente che ama stare nella natura, il tutto rispettando la natura stessa.