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Ho impiegato vari giorni a trovare energie per replicare all’articolo di Lionello Cadorin apparso sul numero di agosto di Prima Comunicazione, relativo alle vicende che hanno riguardato il collasso di Bio-on, startup e unicorno italiano leader nella ricerca e produzione di bioplastiche: ero così tanto disorientato da una tale quantità di inesattezze manipolative da quasi non trovare la forza di aprire il PC.

Poi ho predisposto questa replica, per amor di verità (come qualcuno sa, seguo da tempo il dossier Bio-on, pur senza avere interessi finanziari in quel business, e la rivista online che dirigo ha anche realizzato un bel documentario che potete guardare gratuitamente qui), e l’ho inviata a più riprese alla rivista, che si è rifiutata di pubblicare questo articolo, come pure le regole deontologiche del buon giornalismo avrebbero suggerito. Prendo quindi la parola su queste pagine, per garantire quanto meno il contradditorio che Prima Comunicazione ha ritenuto di negare, non contattando – da ciò che mi risulta – il founder di Bio-on Marco Astorri prima di pubblicare il loro pezzo.

I fatti: la storia di Bio-On

La storia la conosciamo tutti: Bio-on, arrivata a capitalizzare quasi 1.5 miliardi di euro in Borsa Italiana, venne distrutta nell’estate del 2019 dal panic-selling generato da un video pubblicato online da Gabriel Grego, cittadino italiano con passaporto israeliano e società alle Cayman (Quintessential Capital Management), che accusava l’azienda tecnologica “verde” di inconsistenza sul fronte brevettuale, inefficacia della tecnologia produttiva e opacità contabile. Tesi accolte dal PM Michele Martorelli nelle sue requisitorie, anche con modalità suggestive (“BioOn vendeva barattoli con dentro l’aria di Napoli”) salvo poi scoprire che il presunto cavaliere bianco Grego, “salvatore del mercato”, aveva scommesso al ribasso sul crollo del titolo che aveva criticato, guadagnando milioni di euro dall’operazione, con l’effetto collaterale – sicuramente, spero, non voluto – di danneggiare molti piccoli risparmiatori.

Al processo Grego ha dichiarato:

“Bio-on era non ricordo se la sesta o la settima (…) quindi avevamo già una buona esperienza in questo tipo di attività che sono volte sicuramente a fare un profitto, perché non siamo un’opera pia”.

Quando conobbi Marco Astorri, anche il mio punto di vista era condizionato da articoli critici pubblicati sui mass-media qualche anno prima. Poi, approfondendo il dossier per curiosità intellettuale, qualcosa cominciò a scricchiolare nelle mie certezze. Davvero si era trattato di una bolla, o peggio di una truffa? Realmente Bio-on non produceva nulla, e Grego – denunciandone l’inconsistenza – aveva fatto un favore al mercato, anticipando un crollo che ci sarebbe stato comunque in futuro, magari ancor più fragoroso? Quando gli scenari sono opachi, l’unica soluzione per fare chiarezza è abbandonare le percezioni di parte e ancorarci ai dati di fatto, ai documenti, alle evidenze autorevoli di terze parti.

In realtà la tesi di inconsistenza brevettuale di Bio-on non è stata confermata in nessun modo dalla sentenza del Tribunale di Bologna, che ha invece condannato i vertici dell’azienda non per questioni afferenti gli aspetti tecnologici bensì per false comunicazioni sociali: secondo il Tribunale, Astorri avrebbe iscritto a bilancio utili derivanti da licenze tecnologiche cedute a varie industrie per realizzare la plastica biodegradabile “PHA”, utili che sarebbe stato corretto (secondo una diversa interpretazione delle norme) “spalmare” su più esercizi finanziari. Così facendo, l’AD di Bio-on ha fatto crescere rapidamente l’appetibilità sul mercato della start-up, facendo lievitare il corso del titolo.

Per questo è stato condannato: non per truffa, non per inconsistenza dei brevetti, non per distrazione di fondi, non per inesistenza dello stabilimento, come inizialmente sostenevano i capi di imputazione. In buona sostanza, la gran parte delle accuse mosse da Grego nel suo video, nel quale leggeva da un device un testo precompilato, non hanno trovato nessuna conferma nella sentenza di primo grado.

Cadorin sottolinea in modo artatamente suggestivo come Astorri sia stato condannato, dimenticandosi però di ricordare come la sentenza sia stata immediatamente appellata dal team legale coordinato dal Prof. Tommaso Guerini, con un ricorso nel quale le tesi del giudice di primo grado vengono messe in discussione da capo a piedi, dimostrando come siano le osservazioni e le conclusioni del Tribunale di Bologna a essere state fondate su giudizi ipotetici e inficiate da parzialità. Vedremo gli sviluppi giudiziari.

In ogni caso, l’andamento del titolo Bio-on non venne influenzato dai comunicati stampa di Astorri (peraltro sempre preventivamente approvati da NOMAD e Borsa Italiana): prova ne sia che il prezzo delle azioni nei giorni prima e dopo l’emissione dei vari comunicati ha subito variazioni minime, e in tre quarti dei casi è andato addirittura in ribasso. Evidenze tangibili che Grego, ovviamente, si è ben guardato dall’analizzare, e Cadorin dal commentare.

“Non è un paese per StartUp”

La verità è che nel nostro Paese per quanto riguarda le start-up tecnologiche ci sono regole molto complesse e a volte anche contradditorie: a parità di informazioni contabili, è possibile giungere a conclusioni completamente opposte, come confermato in corso di processo da autorevolissimi esperti, come il Prof. Andrea Perini (UniTo) ma anche il Prof. Marco Maria Mattei (UniBo) e dal Prof. Paolo Gualtieri, che in Italia le regole di interpretazione dei principi contabili per le start-up hanno contribuito a scriverle. Le poche start-up italiane di un certo peso (Satispay continua a perdere decine di milioni di euro ogni anno, eppure vale oltre 1 miliardo di euro, e neppure è ancora stata quotata) continuano a venire valutate per il numero di computer o di presse in magazzino, di macchinari e di liquidità sui conti correnti, mentre il valore di una start-up – specie nei settori green e fintech – dovrebbe essere dato dalle sue prospettive di sviluppo e di redditività a medio-lungo termine, e solo uno speculatore aggressivo come Grego  può far finta di ignorarlo.

Bio-on quindi non valeva nulla? Strano, perché lo stesso curatore fallimentare l’ha valutata – già dopo il fallimento – almeno 94 milioni di euro, di cui quasi 10 milioni solo per i brevetti. E perché se questi brevetti erano “aria di Napoli” la curatela, nominata dallo stesso Tribunale che ha messo sotto inchiesta Astorri, ha proseguito per anni a rinnovare quegli stessi brevetti, vendendo poi l’intera struttura al Gruppo MAIP, solido operatore dell’indotto di Bio-on? Questi sono fatti, non opinioni: evidenti contraddizioni che da sole incrinano la narrazione malevola di Grego.

Guardando oltre le apparenze…

A ben guardare, c’è un “non detto” in tutta la vicenda Bio-on, che però possiamo intuire grazie allo stesso Grego: l’unico suo consulente del quale conosciamo nome e cognome è Maurizio Salom, che Grego sceglie tra 70.000 commercialisti in Italia e che incidentalmente è membro del Collegio Sindacale di Novamont (!) e – secondo le verifiche della Guardia di Finanza – collaboratore a vario titolo della stessa azienda. Si, Novamont, principale concorrente di Bio-on, all’epoca e anche successivamente in forti difficoltà finanziarie, ora gruppo ENI, e recentemente multata dall’Antitrust per oltre 30 milioni di euro per abuso di posizione dominante. È evidente che Novamont non potesse guardare di buon occhio un prodotto, la plastica PHA biodegradabile al 100% che Bio-on aveva in licenza esclusiva, molto più innovativo dei suoi prodotti, solo compostabili mediante apposito trattamento, e non biodegradabili nel suolo come quelli di Bio-on. Novamont che vediamo anche riaffacciarsi dopo il crollo di Bio-on dal momento che la Procura di Bologna dà l’incarico di consulente tecnico del curatore del fallimento Bio-on al dott. Michele Casò, sorprendentemente Presidente del Collegio sindacale della stessa Novamont. Certo, sarà un “caso”, ma quanto meno si apre un tema di opportunità.

Altro dato che Grego omette: Bio-on in quel periodo era a poche settimane dalla firma di un aumento di capitale di oltre 100 milioni, coordinato da UBS, come è stato confermato da un ex dirigente della Banca: un’iniezione di capitale fresco – che sarebbe stato annunciato pubblicamente proprio il giorno dell’attacco di Grego – tale da mettere ulteriormente al sicuro i conti dell’azienda, e al quale ovviamente era correlato anche un concreto piano industriale di accelerazione ed espansione della Società.

Chi è davvero Gabriel Grego?

Cadorin definisce Grego “persona competente”: nulla da dire a titolo personale, ma la competenza si misura per incarichi, per titoli e soprattutto per pubblicazioni scientifiche. Lo stesso Cadorin conferma che Grego “non è un addetto ai lavori e non è nemmeno un giornalista d’inchiesta”. Perché allora una persona senza alcun titolo né competenza specifica avrebbe dovuto prendersi la briga di mettere a punto un’analisi non confortata da alcuna società di revisione? Riteniamo di poter trovare la risposta nelle prime righe di questa replica, ovvero per lucro, esattamente come Grego fece con Dark Trace, la società di cyber-security di Londra finita nel suo mirino nel 2023, contro la quale lo speculatore propose lo stesso identico schema d’attacco: confezionamento di un video critico, diffusione online dello stesso con una magistrale strategia di hype, creazione di panic-selling, crollo del titolo, e correlata speculazione finanziaria al ribasso. Ma in quel caso gli andò male, perché DarkTrace attivò corrette procedure di crisis communication e prese la parola pubblicamente e a schiena dritta, contestando le accuse farlocche di Grego e parando l’attacco, cosa che Astorri fece l’errore di non fare (“Mi sono fidato degli avvocati di allora, che mi dissero di aver fiducia nella Magistratura e non fare chiasso, ma nel frattempo il titolo Bio-on è crollato e l’azienda è stata fatta fallire”, ha dichiarato Astorri in una approfondita inchiesta di Report su RAI 3, che ha svelato molti inquietanti retroscena della vicenda Bio-On, e che il lettore può trovare online qui).

Nota a margine: tanto aveva ragione Grego ad attaccare Dark Trace che oggi l’azienda ha continuato a crescere ed è tra le best-in-class nella sua categoria, vincitrice del premio Microsoft Partner of the Year Award 2024 nel Regno Unito, e importante partner di Microsoft a livello mondiale. Quando si dice avere fiuto e competenza…

Grego – che Cadorin sostiene “vivere negli Stati Uniti e possedere un fondo di investimento che ha guidato in prima persona sino a poco tempo fa”, ma che invece vive a Milano e che non ha mai guidato un fondo, dal momento che Quintessential, la sua società, non era nel 2019 registrata come fondo di investimenti alla SEC né presso alcuna altra autorità di vigilanza nel mondo –  “si è lasciato alle spalle una scia di società truffaldine chiuse o fallite, amministratori dimessi, rimossi o addirittura reclusi, per non parlare delle cadute in Borsa provocate dai suoi interventi pubblici”. Lodevole, ben venga questo; ma ha anche – Cadorin incidentalmente dimentica di scriverlo – preso delle cantonate marchiane: come con Penumbra e poi anche Aphria, società secondo Grego da chiudere, contro le quali Quintessential aveva messo in opera lo stesso schema aggressivo (comunque legale, a causa delle carenze legislative sul tema del conflitto di interessi) e che hanno sconfessato le accuse e reagito all’attacco, e sono tutt’oggi sul mercato e fanno profitti.

Le “amnesie” di Cadorin

Cadorin riporta acriticamente le parole di Grego, che afferma, riguardo Bio-on, di aver predisposto all’epoca “un vero e proprio report, fatto di una ventina di documenti, presentazioni, opinioni, analisi e pareri di tecnici ed esperti”. Di quali esperti si parli, non è dato sapere: non una sola delle affermazioni nel video di Grego è a firma di un esperto (“uno dei più importanti esperti di plastica al mondo ha confermato i nostri sospetti, ma ha preferito rimanere anonimo…”, dichiara Grego nel suo video). Ci pensa il giornalista Massimo Degli Esposti, già caporedattore di QN e poi economia e finanza del Corsera, nel suo libro L’Unicorno avvelenato, a demolire completamente, dalla prima all’ultima riga, il report su Bio-on di Grego, che Cadorin invece difende senza probabilmente averlo mai letto con attenzione (lo invito a confrontarsi in un incontro pubblico sui contenuti di quel documento).

Anzi, per amor di verità – a parte Maurizio Salom, come abbiamo scritto in palese conflitto di interessi – un “esperto” Grego in effetti lo cita: si tratta di Roberto Filippini Fantoni, che firma un parere pro-veritate su Bio-on, aderendo alle tesi critiche di Grego. E chi è Filippini Fantoni? Un professore universitario? Un ricercatore esperto di plastiche biodegradabili? Uno specialista con all’attivo pubblicazioni su riviste scientifiche indicizzate relative a quel settore? No, nulla di tutto ciò, e ci viene in soccorso lo stesso Fantoni, persona umanamente degnissima, ma che candidamente dichiara a Report, che l’ha scovato per intervistarlo, di essere stato pagato da Grego per scrivere un parere “di una paginetta”, e che in risposta alla domanda “Quindi il suo non era un parere scientifico?”, afferma:

“Ma no, assolutamente. Niente, era una semplice considerazione da parte di uno del settore, senza aver fatto nessuna ricerca. Le plastiche biodegradabili non sono il mio campo (…) Il prodotto poteva magari anche andare bene…”.

Se non fosse vero, parrebbe una barzelletta, ma di quelle con retrogusto amaro.

Aggiungiamo per contro che la tecnologia di Bio-on venne dichiarata “eccezionale e rivoluzionaria” da Paolo Galli, uno dei più noti scienziati internazionali nel settore delle plastiche, sviluppatore del brevetto del polipropilene assieme al Premio Nobel Natta, “hall of fame” della plastica mondiale: ma per Grego, e per la sua “crew”, il parere di uno dei massimi esperti al mondo in quel settore non ha alcun peso, al punto da non venir neppure citato nel pezzo di Cadorin.

E sempre secondo Cadorin non sarebbe neppure vero che Grego avrebbe guadagnato fino a 5 milioni di dollari per sé dalla speculazione contro Bio-on. Peccato che lo abbia confermato Grego stesso in Tribunale sotto giuramento (“Come ordine di grandezza, adesso è passato molto tempo, ma immagino che sarà stato compreso tra 1 e 5 milioni”); ma si sa, la verifica delle fonti per Cadorin è superflua, e poi, insomma, Grego avrà anche avuto delle spese…

Cadorin in buona sostanza cerca di ridicolizzare la tesi del complotto organizzato per affossare Bio-on. Ebbene, il sottoscritto ha tutto tranne che una mentalità complottista, mi limito quindi a porre delle semplici domande: perché Paolo Visioni, membro del CdA di Novamont, nelle intercettazioni della Guardia di Finanza dimostrò grande compiacimento per le “bombe atomiche” (verbatim) sganciate su Bio-On”? È normale che il dott. Tazartes, investitore privato di Novamont fin dai primi anni, e con lui il dott. Salom, abbiano cercato di organizzarsi per comperare loro gli asset di Bio-on, dopo aver sostenuto che i brevetti e gli impianti non erano adeguati? È rituale che Catia Bastioli, AD e fondatrice di Novamont, venga citata per iscritto da Gabriele Grego, interrogato in tribunale, come una delle fonti da lui utilizzate per acquisire informazioni funzionali a far crollare Bio-on?

E ancora: perché Consob non ha sollecitamente sospeso il titolo Bio-on quando esso era sotto attacco, permettendo che quasi 800 milioni di euro di capitalizzazione di cittadini investitori venisse bruciata in un solo giorno? Perché le autorità di controllo non hanno permesso di accedere alla lista completa dei soggetti che hanno speculato sul crollo dell’azienda, mantenendola in larga parte secretata per tutta la durata del processo, e ancor oggi? Perché – nonostante Marco Astorri e Guy Cicognani avessero prontamente versato nelle casse dell’azienda oltre 8 milioni di euro di fondi propri, comportamento non proprio in linea con la narrazione di vertici avidi e che miravano a depredare i piccoli investitori – quando Bio-on andò in crisi a seguito del crollo in borsa non venne mai convocata un’Assemblea degli Azionisti, per verificare la disponibilità loro a sostenere l’azienda o a ricomprare le azioni in circolazione, assicurando la business continuity del progetto?

Di tutti questi quesiti non c’è traccia nel pezzo di Cadorin. Perché, mi stavo chiedendo leggendolo?

Liaisons dangereuses?

Anche qui mi è venuto inconsapevolmente in soccorso Cadorin stesso, citando Giuliana Paoletti, comunicatrice di fiducia di Grego, la quale afferma, riferendosi a Bio-on: “tutto era basato su una comunicazione menzognera. Dietro questa capitalizzazione non solo c’erano solo molte chiacchiere irrealizzabili, ma anche e soprattutto una gestione dei dati che in primo grado il tribunale ha stigmatizzato come del tutto inappropriata. La cosa stupefacente è che anziché ringraziare Grego per aver raccontato una truffa, perlomeno per come stabilito dal tribunale in primo grado, ci sono piccole frange, oltre ai fondatori dell’azienda, che ancora credono che ci sia stato un complotto”. Ebbene, altro che piccole frange…

Si, è lei che ha protetto Grego, con, a suo dire, un certosino lavoro di contatto con le redazioni; violando, nel farlo, 10 punti su 10 del Codice di auto-regolamentazione per la gestione etica della reputazione recentemente redatto e approvato da FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana; ma tant’è, lei di FERPI non è socia, può quindi assistere in libertà chi desidera, senza porsi alcun interrogativo di opportunità riguardo il profilo etico delle strategie di speculazione dei suoi clienti.

Peccato che il duo Cadorin-Paoletti ometta di evidenziare come durante la vita di Bio-on Consob realizzò ben quattro di quelli che in gergo tecnico vengono definiti “art. 115”, ovvero verifiche approfondite di contratti e clienti, oltre che dei bilanci dell’azienda: all’epoca, nessun rilievo venne mosso, e nessuna sanzione di conseguenza venne erogata. Affermare – come essi fanno – che fino all’arrivo di Grego “nessuno ha controllato” è quindi semplicemente falso. Forse le autorità di controllo hanno verificato e non hanno trovato nulla di censurabile… perchè non c’era nulla da trovare? O son tutti incompetenti, e solo Grego disponeva della verità rivelata? Per carità, tutto può essere: vedremo al termine dell’iter giudiziario.

Il processo ora continuerà in II grado, e probabilmente in Cassazione, e immagino che Astorri – a differenza di Grego, che per lungo tempo si è dato irreperibile – sarà sempre li, dove i giornalisti e i giudici l’hanno visto per tutti i 3 anni di durata del primo grado: seduto in aula, a prendere appunti, e a impegnarsi, mettendoci la faccia, per difendere non solo l’onorabilità propria e degli ex dipendenti di Bio-on, ma il senso di un progetto ancora innovativo, a tratti rivoluzionario, quello di un’azienda in grado di lottare contro l’inquinamento da microplastiche e di contribuire alla concorrenzialità del nostro sistema Paese sui mercati internazionali, e che infatti era stata dichiarata “di interesse nazionale” dalla stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, in virtù del fatto di essere riuscita  a creare oggetti in plastica derivanti da batteri, e quindi completamente biodegradabili, come hanno dimostrato test condotti da alcune tra le più autorevoli Università italiane e straniere oltre al CNR (anch’essi colpevolmente – o dolosamente? – ignorati da chi contribuì al fallimento di Bio-on).

Su Grego, pende invece una richiesta danni per svariate centinaia di milioni di euro, in sede civile, per i danni arrecati alla Società per Azioni Bio-on e ai suoi principali azionisti. Insomma, l’unica cosa certa è che il capitolo finale di questo giallo finanziario e industriale pare essere ben lungi dall’essere stato scritto.


Luca Poma è Professore di Reputation management e Scienze della comunicazione all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino. Socio professionista FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, è autore di 17 volumi ed oltre 200 tra saggi e articoli sul tema del reputation & crisis management 

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