È un problema di sciatteria. Luca Poma, docente universitario ma soprattutto esperto di comunicazione, interviene “a bocce ferme” sulla campagna pubblicitaria dell’Italia voluta da Daniela Garnero in Santanchè con il denaro dei sudditi. E Poma scherza proprio su uno dei temi “forti” delle giustificazioni adottate dal ministro di fronte alle montagne di proteste. I 9 milioni di euro – hanno assicurato i governativi – non sono riferiti alla realizzazione del prodotto, ma comprendono anche e soprattutto i costi di promozione all’estero, tra affissione negli aeroporti ed iniziative simili.
“Quante nazioni pretenderanno di coprire con i denari a mala pena sufficienti per una campagna pubblicitaria decente al Festival di Sanremo?”, ironizza Poma. D’altronde ricorda che, per evitare gare rischiose per la vittoria finale, si è deciso di mantenere la spesa pubblica “un pelo al di sotto della soglia che avrebbe fatto scattare l’obbligo di attivare una gara pubblica”. Meglio l’affidamento diretto, tanto i sudditi non capiranno. E poi ci si chiede perché alle elezioni prevalga l’astensione.
Perché, al di là dell’apprezzamento o meno delle immagini della Venere in versione Ferragni, è la sciatteria del contorno che impressiona. Non si registra il sito, si manda in giro una bozza con il video di una cantina e di un vino sloveno, non si presta attenzione alle traduzioni maccheroniche dei nomi delle città italiane. E si risponde alle critiche insultando chi ha espresso perplessità.
Tutto migliorabile, nulla di definitivo. O forse di definitivo c’è l’arroganza di un sistema di potere che non sopporta le critiche perché non vuole ammettere di essere inadeguato. Ma, in questo modo, gli errori non vengono corretti perché non vengono riconosciuti come errori. Poma smonta anche la puttanata storica del “purché se ne parli”, ricordando che è un modello di fine ‘800. Sì, proprio 800. Ma “zia Daniela” non lo sa. Come ignora ogni regola del reputation management.
Peccato che Poma concluda invitando il ministro ed i suoi collaboratori a farsi consigliare dai colleghi del ministero degli esteri. Ecco, proprio no. Perché l’inesistente politica estera italiana non è un modello proprio per nessuno, in nessuna parte del mondo.