Trovate un bambino tra i nove e i dodici anni e chiedetegli se conosce Minecraft; poi preparatevi a passare l’ora successiva a farvi raccontare per filo e per segno la sua esperienza di architetto, i suoi ambiziosi progetti urbanistici, i suoi problemi con le pecore e i creeper. A questo punto potrete considerare il vostro interlocutore con sufficienza, oppure prenderlo sul serio e cercare di capire che cosa vi state perdendo.
Minecraft è un mondo fatto di cubi, tantissimi cubi, un universo virtuale nel quale è possibile costruire praticamente qualsiasi cosa. Minecraft è il videogioco per pc più venduto della storia. Ha superato i cento milioni di giocatori registrati su tutte le piattaforme. Gli studios Mojang l’hanno venduto a Microsoft per 2,5 miliardi di dollari. Si trova anche in libreria, con guide e manuali che hanno venduto decine di milioni di copie in tutto il mondo. Contrariamente a molti altri fenomeni che la stampa si era affrettata a sovraesporre — pensiamo a Second life nel periodo 2006-2008 – Minecraft è restato per qualche anno “fuori dai radar”, malgrado il suo successo crescente tra preadolescenti e adolescenti.
I casi di “notorietà percepita” sono sicuramente indizi del fatto che viviamo tutti dentro la nostra bolla informazionale. In questa materia specifica, a tenerci dentro una bolla è – ahinoi – l’età. Minecraft è un gioco che richiede molta pazienza e un rapporto con il tempo spesso incompatibile con la vita di un adulto socialmente integrato: blocco dopo blocco si costruiscono case, palazzi e città; e poi in questo mondo s’inventano delle avventure.
Ma soprattutto non c’è crafting senza mining, e per ottenere la materia prima – granito, legno, sabbia, lana, eccetera – si scava, si scava, si scava. Esistono sicuramente giocatori adulti di Minecraft (J. K. Rowling di recente ha fatto coming out) ma il loro numero incide in minima parte sulla dimensione del successo. Di regola i nostri coetanei, quando giocano, preferiscono il tennis sulla Wii, Candy crush sullo smartphone o, per i più raffinati, qualche ipernarrazione realistica tipoCall of duty.
Insomma se la stampa tace su Minecraft ovviamente non si tratta di censura. Tace per ignoranza; e ignora perché di norma chi scrive sui giornali non ha undici anni. Gli adulti impongono, per ragioni comprensibili, la loro egemonia sui bambini. Ma a furia di considerare con sufficienza gli usi e costumi di questo piccolo popolo, non staremo perdendo di vista qualcosa d’importante?
Non si tratta solo di una questione di numeri, sicuramente impressionanti; quello che sta accadendo dentro Minecraft è singolare soprattutto sul piano culturale. O perlomeno questa è l’idea che ce ne possiamo fare osservando dall’esterno una realtà che, bisogna ammetterlo, per gran parte ci sfugge. Eppure nella logica delprosuming videoludico descritta dal critico Giuseppe Frazzetto, Minecraft ci appare come un universo di creazione particolarmente ricco e vivace. Forse proprio perché noi, classe d’età egemone, custode dei valori dominanti, ne siamo esclusi.
Discutendone con il gif artist Gualtiero Bertoldi, che nelle sue animazioni riutilizza immagini di videogiochi d’epoca, possiamo capire meglio questa dimensione generazionale:
Essendo sempre stato appassionato di computer e pixel art, ho acquistato quasi subito Minecraft nel 2010, dopo averne visto parlare sul sito 4chan. Si trattava di una versione beta molto primitiva ad appena due dollari, che mi avrebbe garantito l’aggiornamento imperituro a tutte le successive versioni senza ulteriori esborsi. Dopo un paio d’ore a scavare, sminare e tirar frecce contro gli scheletri, chiusi tutto senza troppi patemi, e me lo dimenticai. Poi circa sei mesi fa due miei nipoti, due fratelli uno di 13 anni e l’altro di 10, hanno passato un intero pranzo domenicale a parlare di Minecraft, così gli ho offerto quel mio vecchio account diventando di fatto il miglior zio del mondo. In sei mesi hanno costruito una serie di fattorie, minicomplessi edilizi e industrie che mi hanno lasciato basito. Tutto grazie non solo grazie all’esplorazione personale, ma pure per mezzo d’uno studio attento e preciso di centinaia di video su YouTube, oltre che al download di moduli particolari messi a disposizione da altri utenti.
Come chiarisce Giuseppe Frazzetto, bisogna suddividere i giocatori in diverse categorie che coincidono in parte con una segmentazione per età. Oltre ai giocatori occasionali, le categorie sono tre:
1) la ‘base’, ovvero i milioni di preadolescenti conquistati dal fascino diMinecraft, che ne rendono materialmente possibile l’esistenza e quindi che ne orientano l’evoluzione; 2) i ‘quadri’, ovvero quelli che fanno i tutorial, le guide, animano i forum o gestiscono i server, e che tendenzialmente sono un po’ meno giovani; 3) gli ‘avanguardisti’, che fanno cose eclatanti, tra i quali troviamo sicuramente degli adulti geniali come l’esploratore sopracitato. Alcuni di loro con Minecraft si guadagnano pure da vivere grazie alle centinaia di migliaia di visualizzazioni su YouTube, in maniera simile agli artisti contemporanei che monetizzano le loro performance (Minecraft è il videogioco di cui esiste il maggior numero di video-tutorial). Un’altra fonte di guadagno è la gestione dei server di gioco, un gigantesco giro d’affari paragonabile a un franchising.
Secondo Gualtiero Bertoldi, il successo di Minecraft è legato alla sua originalità e alle sue caratteristiche peculiari:
All’inizio pensavo che l’attrattiva consistesse nel suo essere una sorta di Lego virtuale, e che quindi facesse leva sul sempiterno fattore nostalgia. Ma dopo essermene stufato quasi subito e aver visto come piaccia a chi, invece, dei Lego non ha (ancora) nostalgia, mi sono dovuto ricredere. In parte è una sorta di prefigurazione della cosiddetta internet of things, in parte lavora su un aspetto per così dire fisico-ingegneristico: penso non solo alle Redstone, ma a tutti i meccanismi interconnessi che si potevano creare anche nelle primissime versioni.
Non è un caso, quindi, che questa rivoluzione estetica sia stata portata avanti da sviluppatori indipendenti come Mojang in Svezia o da strutture ancora più piccole e fragili come la Polytron di Phil Fish raccontata nel documentario Indie game; proprio come alla fine dell’ottocento a proporre il nuovo linguaggio pittorico erano artisti estranei alle accademie. L’artista Nicholas Ladd ha esibito in maniera efficace l’analogia tra Minecraft e impressionismo trasponendo nell’universo cubico del videogioco il celebre quadro puntinista di Seurat, Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte.
Il successo di Minecraft, proprio come quello degli impressionisti oltre un secolo fa, tiene nella congiuntura perfetta tra cultura ed economia. Restituire in maniera esaustiva la realtà, nei videogiochi proprio come nella pittura accademica ottocentesca, è innanzitutto costoso e talvolta superfluo. La “molteplicità” della quale parlava Calvino nelle Lezioni americane bisogna potersela permettere. La realizzazione di un dipinto di Bouguereau costava di più di quella di un Manet, perché la tecnica “alla prima” e le pennellate “più veloci della luce” (cioè delcambio di luce) permettevano all’impressionista un notevole risparmio di tempo.
Nello stesso modo oggi per renderizzare un mammut ricoperto di centinaia di migliaia di peli, come nei film della serie L’era glaciale, ci vogliono macchine molto più potenti del pc di casa. Anche in questo caso si tratta di una questione di tempo (di calcolo) e quindi un arbitraggio di tipo economico: quanti peli possiamo permetterci? E di quanti peli abbiamo bisogno? Dipende.
L’illustrazione scientifica ottocentesca, come ricorda Riccardo Falcinelli nella suaCritica portatile al visual design, si concentrava “sulla raffigurazione accurata degli animali in ogni singolo pelucco” (o quasi). Invece nel mondo di Minecraft non si trova un pelo nemmeno a pagarlo oro, e anche la lana è fatta a cubi. I mammut sono, come dire, piuttosto rudimentali. In compenso possiamo farli girare su qualsiasi piattaforma.
Gli economisti sostengono che l’incontro tra domanda e offerta definisce un equilibrio di mercato e con ciò il prezzo di un bene in funzione della quantità prodotta. Ma forse possiamo aggiungere che sul piano economico, alla convergenza tra le due curve, si determina anche un equilibrio formale: ovvero uno specifico registro linguistico compatibile con i costi e con i bisogni di un insieme di consumatori; un certo grado di precisione nel rappresentare la complessità del mondo; una certa “esattezza” per citare ancora Falcinelli.
Con i suoi cubetti glabri, sgraziati oppure terribilmente alla moda, Minecraft oggi incarna questo equilibrio nel campo della modellizzazione videoludica dello spazio. E se questo gioco a cui si dedicano milioni di bambini in tutto il mondo fosse effettivamente l’ultima vera avanguardia artistica? Qualcuno dirà che si tratta di un altro modo per sfuggire alla realtà rifugiandosi in un mondo virtuale. Ma vediamola altrimenti: abbiamo finalmente trovato un modo per mandare questi benedetti ragazzi a lavorare in miniera.